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Passo avanti nella cura del mieloma multiplo con una nuova CAR-T

In Italia 5700 nuovi casi l’anno: 70 anni l’età media dei pazienti, oltre il 90% va incontro a ricadute. Uno studio ha esiti promettenti per questi malati fortemente pretrattati

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Nonostante i molti progressi fatti, il mieloma multiplo resta un «osso duro» da combattere: si cura, ma quasi mai si guarisce. Tipica degli anziani, è una malattia che comporta remissioni temporanee e recidive e quasi 9 pazienti su 10 vanno incontro a una ricaduta. Proprio per i malati che già hanno affrontato molti cicli di trattamenti diversi, arriva dal congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) una buona notizia: uno studio di fase due, infatti, apre prospettive interessanti grazie all’utilizzo della terapia cellulare con una nuova CAR-T, che ha raggiunto la remissione completa di malattia in un 30% di pazienti che avevano esaurito ogni possibilità di cura.

In Italia 5700 nuovi casi di mieloma ogni anno

Di CAR-T therapy si è parlato molto negli ultimi due anni e ancora molto si parlerà visto che, grazie a questa particolare forma di immunoterapia, si possono curare e forse persino guarire adulti e bambini con certi tipi di tumore del sangue che non lasciavano loro scampo. «Presentata come grande speranza nel 2016, sulla base di poche sperimentazioni condotte soltanto negli Usa soprattutto su pazienti giovani gravissimi ai quali restavano pochi mesi di vita, oggi la CAR-T therapy è disponibile anche in Italia — dice Mario Boccadoro, direttore della divisione Universitaria di Ematologia alla Città della Salute e della Scienza di Torino —: per adulti con diversi tipi di linfoma e bambini con leucemia linfoblastica acuta. E diverse sperimentazioni promettenti sono in corso anche per il mieloma multiplo, che con circa 5700 nuovi casi ogni anno in Italia è la seconda neoplasia del sangue più frequente e, trattandosi di una patologia tipica degli anziani, i casi sono in crescita, per via del progressivo invecchiamento della popolazione». Il mieloma multiplo è una malattia colpisce le plasmacellule contenute nel midollo osseo, la cui funzione è produrre gli anticorpi necessari a combattere le infezioni. L’età media dei pazienti è 70 anni e circa un quarto delle persone arriva alla diagnosi «per caso» tramite esami del sangue fatti per altri motivi. Molti arrivano però tardi alla diagnosi già con fratture alla colonna vertebrale.

La sperimentazione presentata ad ASCO

È in questo contesto che s’inserisce lo studio di fase due KarMMa, che ha coinvolto 128 pazienti già esposti ad almeno tre linee di trattamento e poi trattati con la nuova CAR-T, ide-cel (idecabtagene vicleucel). «È il primo studio di fase 2 con cellule CAR-T disegnato e condotto per la terapia del mieloma multiplo refrattario — spiega Michele Cavo, direttore dell’Istituto di Ematologia Seràgnoli all’Università degli Studi - Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna —. Nello studio KarMMa, i pazienti arruolati avevano già ricevuto in media ben sei precedenti cicli di cura: l’84% era refrattario (ovvero non rispondeva) a tutte le tre classi di nuovi farmaci comunemente in uso, che includono gli agenti immunomodulanti, gli inibitori del proteasoma e l’anticorpo monoclonale anti-CD38. E il 94% era refrattario a una precedente terapia con l’anticorpo monoclonale anti-CD38. I partecipanti sono stati seguiti in media per 13,3 mesi dopo la somministrazione di ide-cel: il tasso di risposta globale è risultato del 73% per tutti i pazienti trattati con 3 diverse dosi di cellule CAR-T (incluso il 33% dei pazienti che hanno ottenuto una risposta completa) ed è stato più elevato (82%) nei partecipanti che hanno ricevuto la dose ottimale di cellule pari a 450 milioni. La sopravvivenza media libera da progressione di malattia — continua Cavo — è stata di 8,8 mesi nell’intera popolazione di pazienti e di 20,2 mesi nei pazienti che hanno raggiunto una risposta completa. Si tratta di risultati da 2 a 5 volte superiori rispetto a quelli attualmente stimati per questa popolazione di malati, che non rispondono più a nessuna terapia disponibile e con una breve durata di sopravvivenza. Un’innovativa strategia di terapia cellulare per il mieloma multiplo in fase avanzata e che ha già esaurito tutte le opzioni farmacologiche di uso comune». 

Sopravvivenza quintuplicata, ma solo il 10% guarisce

«Riconoscere tempestivamente il tumore è importante per avere maggiori opportunità di cura — ricorda Boccadoro —, ma la diagnosi precoce è difficile perché molti pazienti non presentano sintomi fino allo stadio avanzato della malattia o manifestano disturbi generici. L’esame del sangue può fornire una prima indicazione e in chi è in buone condizioni la prima scelta è il trapianto di cellule staminali autologhe, ma oggi ci sono anche molte possibilità terapeutiche per la cura di mantenimento e per le inevitabili ricadute. Così, negli ultimi 20 anni la sopravvivenza è quintuplicata, passando in media da 2 a 10 anni, grazie a chemioterapici di nuova generazione e farmaci biologici che sono più efficaci e meglio tollerati dai pazienti: la durata della remissione è aumentata e anche l’efficacia del trapianto. Siamo in grado di curare il mieloma molto bene, ma solo il 10% dei pazienti guarisce». Resta il fatto che fino ai due terzi dei malati presenta dolore osseo, in particolare alla schiena, al momento della diagnosi e circa il 75% mostra fratture ai raggi X: sintomi debilitanti con un impatto significativo sulla qualità di vita. «Quasi tutte le persone colpite da mieloma multiplo non vengono sottoposte a una sola terapia — sottolinea prosegue Boccadoro —. Proprio perché ricadono, devono seguire più linee di trattamento. Le CAR-T stanno aprendo nuove strade in questi pazienti pesantemente pretrattati che, se in buone condizioni generali, sono candidabili alla cura con questa nuova arma. In futuro, ci auguriamo di poter utilizzare le CAR-T anche in malati in fase iniziale considerati ad alto rischio».

CAR-T, una terapia complessa e sofisticata

«La produzione delle cellule CAR-T nello studio KarMMa è complessa e sofisticata e comprende varie fasi — chiarisce Cavo —. La prima di queste riguarda la raccolta dal sangue del paziente dei linfociti T, che vengono poi separati dal resto delle cellule sanguigne e del plasma attraverso una tecnica chiamata aferesi. Nella seconda fase, i linfociti T vengono trasdotti (ingegnerizzati) in laboratorio con un virus inattivato (vettore virale) che “trasporta” un gene modificato, e resi in grado di esprimere sulla loro superficie il recettore chimerico CAR (chimeric antigen receptor), vale a dire una proteina ibrida sintetica composta da una porzione in grado di riconoscere l’antigene, espresso sulle cellule (plasmacellule) dei pazienti con mieloma multiplo, e da una porzione in grado di attivare i linfociti T stessi dopo il riconoscimento del loro bersaglio, con conseguente morte delle cellule tumorali. I linfociti CAR così prodotti vengono poi espansi in laboratorio per raggiungere il numero di elevati milioni di cellule che, dopo circa quattro settimane, sono pronte per essere reinfuse nel paziente. La terza fase comprende la reinfusione delle cellule CAR-T (in questo caso del prodotto cellulare ide-cel) nel paziente dopo un’adeguata terapia farmacologica, che ha il compito di facilitare l’espansione e l’attivazione delle cellule CAR nel paziente». «Per somministrare in sicurezza le CAR-T servono equipe multidisciplinari, i CAR-T cell team, gruppi formati da circa 40 persone — conclude Boccadoro —. Non solo. Va stabilita una completa collaborazione fra industria e strutture sanitarie, perché c’è una condivisione della responsabilità nella preparazione di questi farmaci, con protocolli di intesa che stabiliscono per esempio le modalità di raccolta, conservazione e spedizione delle cellule modificate. Ad oggi quasi tutte le Regioni hanno definito i CAR-T cell team e ognuno prevede anche la presenza di esperti della singola patologia».