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Hilda Hiary (Amman, Giordania, 1969), «Tomorrow» (2019, acrilico su tela, particolare), courtesy dell’artista

«Sognando Rania», Lucia Pozzi racconta una freelance ad Amman

Nel romanzo la storia di Sara, giovane giornalista con un sogno: intervistare la regina di Giordania. Partirà senza certezze, troverà l’amore e un Paese dai tanti volti

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I cronisti sono come i calabroni. Non credono alle leggi della fisica. Volano contro ogni logica. Planano su storie incredibili. Incontrano gente impensabile. Presidenti e briganti. Terroristi e finanzieri. Poeti e cantanti. E qualche volta il confine tra le due categorie si distingue a fatica. Per un giornalista non esiste l’intervista impossibile. Provarci sempre è un istinto prima che un dovere. Sara, la protagonista di Sognando Rania (Golem Edizioni), il nuovo libro — il primo romanzo — di Lucia Pozzi, si è messa in testa di arrivare a mettere il suo taccuino davanti alla regina di Giordania. Senza aiuti. Senza bigliettini da visita per aprire le porte del palazzo. Solo con l’incoscienza e la faccia tosta. E la passione.

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Lucia Pozzi, «Sognando Rania», Golem edizioni, pp. 186, euro 16

La Giordania la affascina. Un’attrazione fatale. Rania è l’epicentro di un mondo desiderato. Un diadema che illumina senza abbagliare. Una bellezza che viene da dentro. Regina senza bisogno di ostentare corone o sangue blu. Il viaggio di Sara è un biglietto di speranza. Un aggancio ad Amman. L’amico di un’amica. Mai visto. E sentito solo per mail. Un’intervista già venduta a un importante settimanale senza averne parlato con la diretta interessata. I rischi non si calcolano. Sennò sono solo azzardi. Sara ci crede sempre. E qualche volta mai.

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Lucia Pozzi

Quando sbarca in Giordania ha capito che ne è valsa la pena. Comunque vada. Amman è come la pensava. L’Oriente dei libri. E le pagine non sbagliano mai. Lei lo sa. Ci lavora tra giornali e volumi. Fa la cronista freelance (il salario è una variabile indipendente) e la libraia. O meglio, dà una mano al proprietario, un anziano signore napoletano, a trovare acquirenti per i suoi tomi antichi. Essere circondati dalla bellezza aiuta.

L’imprinting con il Medio Oriente si chiama Jaber, il factotum dell’amico, Paolo, che la ospiterà. Autista, confessore, filosofo. Jaber è leale e affidabile. È sua l’auto che spunta dal caos quando Sara perde ogni speranza di taxi. È lui l’anticamera che la porta a Paolo. L’italiano indecifrabile e affascinante. Il tesoro nascosto. Che si è lasciato un matrimonio sbagliato e un Paese incerto alle spalle. Per Sara quello con Paolo è un sentimento ad andamento lento. Un guardarsi curiosi, capire di capirsi. Per provare a spiegare «il complesso meccanismo che governa l’armonia del loro amore». Paolo è un uomo senza tempo e luogo. Forse non sa ancora cosa fare della sua vita. Forse altri avevano deciso per lui.

La casa di Paolo è un teatro con tutti attori non protagonisti. Forse perché ognuno ha storie da copertina. Storie di ferite nel corpo e nell’anima. Di sottomissione e di riscatto. Di donne. Venute da lontano e anche da dietro l’angolo. Tutte con la stessa serena determinazione di quelle che, invece, la vita è stata senza spigoli. Come Nina: il flebile, ma solido, filo che porta fino a Rania. La regina che è presente sulle pareti e nei cuori. La luce, che in Oriente vuol dire tutto, per credere che il futuro è una giornata da vivere senza paura. Regina dentro senza bisogno di una corona che la imponga al mondo. Regina perché non ha sudditi, ma un popolo, la sua gente. Bella come chi ha avuto un dono e allora non c’è da menar vanto.

Nina lavora nello staff della comunicazione della sovrana hashemita. Tutte le richieste di intervista passano da lei. Uno sbarramento intelligente. Non si fa suggestionare da nomi e testata. Guarda in faccia l’interlocutore. Lavora d’istinto. Fa così anche con Sara. Senza darle illusioni. È solo cortese. Una gentilezza che non è di facciata. Ma la giornalista italiana è convinta che sia l’ultimo step del suo sogno. Oltre non si può andare. Sara di più non può chiedere. La Giordania le ha già regalato tanto. Rania sarebbe il tutto. Ma la vita è un film con un canovaccio impossibile da imparare prima. Qualcuno lo chiama destino. In Medio Oriente si affidano al volere misterioso, ma giusto, di qualcuno che sta più in alto. E sussurrano fiduciosi: Inshallah.

Il libro e l’autrice

«Sognando Rania» è pubblicato da Golem edizioni (pp. 186, euro 16). L’autrice, Lucia Pozzi, dal 2000 è redattore capo del «Messaggero». In precedenza ha lavorato per diverse testate tra cui il «Corriere» e «ItaliaOggi». Nel 2006 ha pubblicato per Mondadori «Un altro mondo è possibile? Parole per capire e per cambiare», scritto con Giuliano Amato. Tiene lezioni al Master in Economia e gestione della comunicazione e dei media della Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata.