https://images2.corriereobjects.it/methode_image/2020/05/30/Esteri/Foto%20Esteri%20-%20Trattate/AFP_1SI1ZM-0020-ksJI-U3190548693549KND-656x492@Corriere-Web-Sezioni.jpg?v=20200530162701
Persone in un parco a Stoccolma venerdì 29 maggio (Afp)

Coronavirus in Svezia, Danimarca e Norvegia chiudono i confini (e l’economia di Stoccolma affonda)

La decisione motivata con il tasso più alto di morti da Covid-19. La Svezia ha quasi quattro volte il numero di vittime del resto del Nord Europa. A Stoccolma l’opposizione chiede una commissione d’inchiesta. Intanto l’economia rallenta anche senza lockdown

by

Danimarca e Norvegia riapriranno le loro frontiere a partire dal 15 giugno, così da consentire la libera circolazione con i Paesi vicini, Islanda inclusa. Ma questo allentamento delle restrizioni di viaggio non riguarderà gli svedesi, per ora esclusi dalla ripartenza dell’attività turistica in tutta la Scandinavia. «Non possiamo aprire tutto all’improvviso, perché metteremmo a rischio tutto quello che abbiamo realizzato», ha spiegato venerdì da Oslo la premier norvegese Erna Solberg, annunciando la decisione, in contemporanea con la conferenza stampa tenuta a Copenhagen dalla sua omologa danese, Mette Frederiksen. Un’esclusione motivata con il tasso molto più alto di contagi e decessi registrato in Svezia, che con più di 4.300 morti ha avuto finora quasi quattro volte il numero di vittime da Covid-19 di tutti gli altri Paesi del Nord Europa messi insieme (qui tutti i dati).

La fama di untori

E così dopo essersi ostinati per quasi tre mesi a tenere tutto aperto, anche (unici in tutta Europa) le loro frontiere, gli svedesi si ritrovano additati come untori a livello mondiale. Perché alla decisione dei Paesi confinanti si è aggiunta quello di Cipro, che ha autorizzato dal 9 giugno la ripresa di tutti i collegamenti aerei diretti con le capitali scandinave, con l’eccezione però di Stoccolma. Un doppio schiaffo diplomatico che ha aperto i telegiornali, sollecitando una presa di posizione della ministra degli Esteri svedese, Ann Linde: «I contagi stanno rallentando – ha detto, incontrando la stampa estera –, i pazienti in terapia intensiva stanno diminuendo in modo significativo e la curva dei decessi è stata appiattita».

L’effetto delle autolimitazioni

La ministra ha anche ricordato che sebbene non ci siano state in Svezia delle vere e proprie chiusure, molte attività hanno subito dei drastici rallentamenti. L’invito a limitare i contatti sociali ha portato ad esempio il 58% degli svedesi a non frequentare più ristoranti, bar o cinema, e il 69% a ridurre gli incontri, come ha rivelato un recente sondaggio. L’appello a non effettuare viaggi e spostamenti ha causato invece un blocco dei voli domestici per mancanza di passeggeri, mentre i treni continuano a circolare al 90% vuoti.

No ai viaggi all’estero

Questa raccomandazione sarà valida fino al prossimo 15 luglio, e avrebbe portato comunque al rinvio delle vacanze all’estero fino a quella data, anche se Danimarca e Norvegia avessero aperto le loro frontiere. È possibile però che il ponte di Øresund che collega Copenhagen alla Svezia venga aperto anche prima. «Stiamo esaminando la possibilità di soluzioni regionali», ha detto Ann Linde, ricordando come peraltro il tasso di diffusione e letalità nella capitale danese sia anche superiore a quello della limitrofa regione svedese di Skane.

Commissione d’inchiesta

La decisione di Danimarca e Norvegia di tenere i loro confini chiusi ai cittadini svedesi ha dato nuova forza al dibattito interno in Svezia su come il governo rosso-verde del premier Stefan Löfven ha gestito l’emergenza sanitaria. I due maggiori partiti di opposizione svedesi hanno chiesto l’istituzione entro l’estate di una commissione d’indagine indipendente, per accertare se la strategia seguita sia stata la più idonea. Il governo non è pregiudizialmente contrario, ma chiede di aspettare la fine della pandemia. Due soprattutto gli aspetti controversi su cui si chiede di ar luce: l’elevato tasso di vittime, che colloca la Svezia al sesto posto mondiale per numero di morti da Covid-19 in rapporto alla popolazione. E la gestione delle case di riposo per anziani, dove si sono registrati i tre quarti dei decessi.

Niente immunità di gregge

Anders Tegnell, l’epidemiologo a capo dell’Agenzia di sanità pubblica svedese che ha deciso di sperimentare una strategia di «mitigazione dolce» del contagio, continua a difendere le ragioni della sua scelta: «È una questione di salute pubblica consentire alle persone di mantenere il più possibile una vita normale», ha detto in una recente intervista al Financial Times. «Niente di quello a che fare con il lockdown ha un’evidenza scientifica». È un grosso errore fermare tutto, sperando in un vaccino, ha aggiunto: «Ci vorrà molto più tempo di quanto pensiamo. E alla fine, non sappiamo quanto sarà efficace. È un altro motivo per attuare una politica sostenibile». Per l’epidemiologo solo tra uno o due anni potremo giudicare quale strategia si è dimostrata più efficace contro la pandemia. Intanto però è svanita l’illusione di poter raggiungere un’«immunità di gregge» in tempi rapidi: nell’ultimo rilevamento effettuato dall’Agenzia nell’area di Stoccolma, il principale focolaio dell’infezione, lo scorso 20 maggio, solo il 7% della popolazione risultava positivo al virus.

Economia in frenata

Nel frattempo però il rallentamento delle attività ha causato anche in Svezia una contrazione della crescita del Prodotto interno lordo (stimata in un -7% sull’intero 2020) e un aumento dei disoccupati (che potrebbero salire al 10% entro fine anno). Sono dati certo migliori degli altri Paesi che hanno optato per la chiusura totale, anche quelli del Nord Europa, ma non basteranno a salvare un’economia come quella svedese che dipende per il 50% dalle esportazioni. Tant’è che grandi multinazionali svedesi come Volvo, Electrolux e Scania hanno già licenziato migliaia di dipendenti.