Banksy, la mostra a Ferrara racconta l’artista senza volto
A Palazzo dei Diamanti l’esposizione dedicata al misterioso street artist inglese. Centotrenta opere attinte da collezioni private, dagli inizi agli stencil di oggi
by STEFANO BUCCIImperscrutabile e irraggiungibile come Greta Garbo: di lui si sa solo che potrebbe essere nato a Bristol, nel Sudovest dell’Inghilterra, forse nel 1974. Un maestro senza volto: anche se qualcuno lo identifica di volta in volta con Robert Cunningham, già studente della Bristol Cathedral Choir School, o con Robert Del Naja, musicista e performer dei Massive Attack. Una griffe dell’arte contemporanea capace di raggiungere quotazioni iperboliche: 11,1 milioni di euro era stato pagato nel 2019 da Sotheby’s a Londra il suo grande dipinto a olio Devolved Parliament (un Parlamento con gli scimpanzé al posto dei deputati del Regno Unito); 1,25 milioni di euro aveva invece incassato lo scorso 27 marzo l’asta (sempre da Sotheby’s) delle sue stampe.
Tra gesti estremi (la distruzione in diretta dopo l’ennesima quotazione record della sua Girl with Balloon, secondo un sondaggio «l’opera d’arte contemporanea più amata in Gran Bretagna») e tracce disseminate con perizia (lo stencil creato alla vigilia dell’apertura della Biennale di Venezia nel 2019), il mito di Banksy non sembra conoscere crisi. Così, mentre si è appena chiusa al Palazzo Ducale di Genova la mostra Il secondo principio di un artista chiamato Banksy (con una proroga andata esaurita in pochi minuti), il Palazzo dei Diamanti di Ferrara ospita ora Un artista chiamato Banksy.
L’esposizione, da tempo in programma ma slittata a causa dell’emergenza Covid, aperta al pubblico fino al 27 settembre («fortemente consigliata» la prenotazione sul sito), è curata da Stefano Antonelli, Gianluca Marziani e Acoris Andipa, ideata e prodotta da MetaMorfosi Associazione Culturale, in collaborazione con la Ferrara Arte del presidente Vittorio Sgarbi, che assicura: «Sarà la più bella mostra della riapertura». Quella che (tra l’altro) sigla il ritorno alla «normalità» del Palazzo dei Diamanti (in attesa dei previsti interventi di restauro) e del sistema museale di Ferrara.
Un ritorno che, oltretutto, segna anche un cambio di passo nel progetto culturale: dalle mostre evento dedicate a Chardin (2010-2011), a Zurbarán (2013-2014), a Boldini (2015-2016), all’Orlando Furioso e all’Ariosto (2016-2017), a Courbet e la natura (2018-2019) a De Nittis (2019-2020) fino (appunto) alla contemporaneità secondo Banksy (con tanto di citazione nel manifesto del fantastico bugnato della facciata rinascimentale di Biagio Rossetti).
Dunque, un omaggio appassionato non tanto a un generico street artist ma al più grande artista globale del nuovo millennio. E al geniale modello di tutta una nuova generazione (ispirata ma anche consapevolmente impegnata nel sociale) di giovani urban artist. Proprio a Banksy fa, ad esempio, esplicito riferimento Lockdown / Social, il nuovo intervento appena inaugurato a Forio d’Ischia da Mimmo Di Caterino.
Soltanto il ben più mediatico e glamorous Damien Hirst può oggi reggere il confronto con Banksy, mentre la popolarità e le quotazioni di Banksy sembrano piuttosto ispirarsi al «maestro» Andy Warhol: anche lui fulminante esempio di celebrità di un autore vivente sia pure, per quello che riguarda Andy, molto più presente e visibile tra vernissage, cocktail, mondanità. Per Pietro Folena, presidente di MetaMorfosi, la mostra di Palazzo dei Diamanti è comunque molto di più: «Produrre, aprire e visitare questa esposizione dedicata all’approfondimento e alla conoscenza dell’artista più controcorrente su scala globale, proprio nei primi giorni della fase 2, rappresenta un atto di amore, di coraggio e di speranza nei confronti del valore dell’arte e della cultura, dopo mesi di dolore e di difficoltà».
Ancora una volta a parlare, al posto dell’artista inglese (che nessuno ha mai visto e di cui nessuno conosce il viso), saranno le sue opere. Anche se, spiegano i curatori, «Banksy non è in alcun modo coinvolto in questa mostra e il materiale per questa esposizione proviene interamente da collezioni private». Precisazione ulteriore: «Il suo ufficio è stato comunque informato». Il motivo di questo gran rifiuto dell’art system da parte di Banksy, che al momento non risulta rappresentato da nessuna galleria? «Infrangere le regole, smascherando i meccanismi del mercato».
Con le sue opere «di inaudita potenza etica, evocativa», Banksy rappresenta la miglior evoluzione della Pop Art originaria (e Warhol compare ancora una volta tra i suoi possibili modelli). L’unico che ha saputo mettere in connessione le migliori radici del pop, la cultura hip hop più d’avanguardia, il graffitismo anni Ottanta e i nuovi approcci del tempo digitale. In un immaginario semplice ma non elementare (Gangsta Rat, 2004; Grannies, 2006) che racchiude messaggi «popolari» e senza tempo sui temi del capitalismo, della guerra, del controllo sociale e della libertà, insomma « sui paradossi del nostro tempo». E che arriva direttamente al cuore delle persone, mettendo in discussione concetti «di classe» come l’unicità, l’originalità, l’autorialità.
Centotrenta tra opere e oggetti (dalle t-shirt alle copertine dei vinili, dalle banconoteBanksy of England ai poster) in un percorso espositivo che di fatto dà conto della sua intera produzione. Vent’anni di attività, dai dipinti della primissima fase della carriera (Lab Rat del 2000 realizzato in spray e compensato è una delle riscoperte della mostra) alla recentissima scultura Mickey Snake con Topolino inghiottito da un pitone. E poi gli stencil e le serigrafie «che Banksy considera vitali per diffondere i suoi messaggi» e che spesso riproducono i suoi interventi all’aperto.
Per qualcuno sono veri e proprio affreschi popolari. Come Love is in the Air che riproduce lo stencil apparso nel 2003 a Gerusalemme sul muro costruito per separare israeliani e palestinesi. O come quella Virgin Mary (o Toxic Mary) sempre del 2003 che rielabora «cultura rinascimentale e concetto di religione». Altro che street art: oltre la street art.
La mostra
Un artista chiamato Banksy rimarrà aperta al pubblico fino al 27 settembre al Palazzo dei Diamanti di Ferrara. La mostra è curata da Stefano Antonelli, Gianluca Marziani, Acoris Andipa. L’esposizione è ideata e prodotta da MetaMorfosi e Ferrara Arte (presidente Vittorio Sgarbi). Sono 130 le opere esposte tra serigrafie, stampe, poster, t-shirt, coper-tine di vinili. L’ingresso è contingentato, la prenotazione è «fortemente consigliata» (informazioni e prenotazioni, palazzodiamanti.it). Biglietto: euro 11. Apertura: tutti i giorni (2 giugno e 15 agosto compresi) dalle 11 alle 21, catalogo Sagep. Marco Gulinelli, assessore alla Cultura di Ferrara, dice di Banksy: «Un vulcano di idee le cui opere trasmettono parti essenziali della nostra realtà»