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Portieri, il vuoto negli stadi e la «ruggine» favoriscono le papere

La lezione della Bundensliga, che, dopo la ripartenza, ha visto una serie di clamorosi errori degli estremi difensori

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La solitudine del portiere nel deserto cresce a dismisura nel fatidico momento della papera, anche perché tra i compagni cala un silenzio imbarazzato e tombale. È successo a Burki del Borussia Dortmund, che nella partita più importante dopo la ripresa della Bundesliga, contro il Bayern Monaco, si è fatto sorprendere da un pallonetto di Kimmich, da ventidue metri. È accaduto a Jarstein dell’Hertha, che si è fatto scivolare la palla e se l’è buttata in porta sul tiro di Schick del Lipsia: «Non so come sia potuto capitare». Casteels del Wolfsburg è andato invece sul classico, ovvero a farfalle. Mentre i suoi colleghi Schwolow del Friburgo e Kastenmeier del Dusseldorf si sono fatti passare il pallone sotto alle gambe, che resta lo «smacco» peggiore.

Manuel Neuer sbaglia poco, si gode il primato del suo Bayern e il contratto nuovo, ma non il resto: «Mi sento ancora più solo senza pubblico — ha spiegato il portierone della Germania — e la partita sembra durare di più». Thibaut Courtois, numero uno del Belgio e del Real Madrid ci tiene a precisare di «non aver perso la sensibilità delle mani sul pallone» ma aggiunge che «allenarsi individualmente è stato strano, l’allenatore dei portieri c’era, ma non potevamo interagire con lui».

Situazioni e sensazioni nuove, che lasciano qualche scoria di troppo in vista della ripresa anche in Italia. «I portieri possono essere esposti a un periodo di difficoltà di adattamento — spiega Luca Marchegiani, grande ex di Lazio, Torino e Nazionale e ora voce di Sky Sport — . Mi colpiscono le parole di Neuer: anche per me le prime partite della stagione erano più lunghe da assorbire mentalmente. Ma qui è diverso, perché veniamo da uno stop di due mesi e mezzo senza precedenti, non ci sono amichevoli di preparazione e ultima cosa, ma non meno importante, le partite a questo punto della stagione pesano ancora di più».

Una miscela che rischia di rimanere indigesta a più di qualcuno: «La solitudine si sente anche in allenamento, ed è una sensazione bruttissima, ma i portieri sono abituati — sostiene Villiam Vecchi, storico preparatore del Milan e del Real Madrid di Carlo Ancelotti —. Piuttosto credo che lo stadio vuoto rischi di togliere ulteriori riferimenti e alterare certi equilibri: nella nuova interpretazione del ruolo bisogna impostare il gioco e questo aumenta notevolmente le difficoltà, per cui i portieri sbaglieranno sempre di più. Per quanto riguarda il raffronto con la Germania, va detto che tecnicamente i portieri hanno un approccio diverso da quello italiano, ad esempio trattengono meno il pallone».

In alcune contro-prestazioni in Bundesliga si percepisce comunque una scarsa reattività, forse dovuta al lungo stop, forse all’ambiente così particolare: «E dire che in Germania il lockdown è stato più leggero, per cui lo stesso Neuer si è allenato a casa con il preparatore e con una porta regolamentare — sottolinea Marchegiani —. Qui da noi non era possibile e ripetere i gesti che poi si devono fare in partita è stato molto più complicato per un portiere, rispetto agli altri ruoli. Le difficoltà ci saranno anche per chi non è abituato a preparare una partita ogni tre giorni e saranno legate al recupero delle energie nervose. Le porte chiuse? È più difficile trovare la concentrazione e alla lunga diventa mortificante per tutti. Ma almeno il portiere ha un vantaggio: può farsi sentire dai compagni». E magari sentirsi meno solo.