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Arriva un nuovo Joel Dicker

Esce l’11 giugno (in Italia per   La nave di Teseo),  “Il mistero della stanza 622”

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Si candida ad essere uno dei libri dell’estate:  esce l’11 giugno (in Italia per   La nave di Teseo), il nuovo thriller del fenomeno Joël Dicker, scrittore svizzero di appena 34 anni che può già vantare una lista consistente di bestseller, da “La verità sul caso Harry Quebert” a “La scomparsa di Stephanie Mailer”.  Si intitola   “Il mistero della stanza 622” ed è  un lungo  (quasi 700 pagine) feuilleton pieno di colpi di scena, come ci ha abituati l’autore, maestro di rivolgimenti di trama e  doppi e tripli finali. La Camera  622 che dà titolo al libro è la camera mancante del  Palace de Verbier, lussuoso hotel sulle Alpi svizzere: qui una sera di dicembre, durante    l'annuale festa di una importante banca d'affari di Ginevra, che si appresta a nominare il nuovo presidente, è stato ucciso uno dei papabili, Macaire Ebezner. Il colpevole non è mai stato trovato e la direzione dell’hotel ha preferito cambiare nome alla stanza finchè non arriva uno Scrittore, in cerca di calma e concentrazione per scrivere un libro in omaggio al suo editore da poco scomparso,  Bernard de Fallois (qui il cortocircuito con la realtà è evidente, perchè l’editore è quello di Dicker, scomparso due anni fa). Lo scrittore   viene coinvolto nel «cold case» dall’effervescente Scarlett, che occupa la camera a fianco. I due scoprono presto che il rivale di Ebenezer per la presidenza della banca era  Lev Levovitch, bel tenebroso, self made man eccezionalmente intelligente. Ma tra i sospetti c’è anche il misterioso Sinior Tarnogol… come al solito, fino all’ultimo non si capisce assolutamente come andrà a finire  

Il meccanismo della trama solitamente in Dicker è impeccabile, benchè lui sostenga di andare a braccio:  «Sono stato un pessimo studente  –  confessa  ai giornali francesi  – mi annoiaivo, sprecavo tempo, ero incapace di stare due minuti su un problema di matematica. Odiavo fare gli schemi quando scrivevo: anche adesso scrivo senza una struttura chiara in mente. Vado dove mi porta la storia».  I libri, quelli, li ha sempre amati, merito anche di una mamma bibliotecaria. Il suo preferito? «Il conte di Montecristo» di  Alexandre Dumas, «una storia che  non finisce mai, in una formula come quella del feuilleton che adoro» .  

Questi inizi incerti  non corrispondono alla sua attuale disciplina. «Mi sveglio presto, verso le 4, per lavorare. Mentre scrivo non penso a nient’altro. Tutto quello che mi distrae mi mette di pessimo umore». Il successo con “La verità sul caso Harry Quebert” è arrivato quando era molto giovane. «Ma il successo è fragile. Non si sa mai quanto durerà.  Se dopo il primo libro gli altri non terranno botta».  Nonostante ciò, Dicker continua per la sua strada. «Scriverò fino alla fine dei miei giorni. Magari cambierò stile, gusti, ma non sarà per adeguarmi al pubblico ma ai cambiamenti dentro me stesso, alla mia evoluzione personale». Con un pensiero a chi l’ha aiutato a diventare scrittore che «ha cambiato il corso del mio destino» e a cui il libro è dedicato: «Bernard de Fallois, un amico e un maestro, uno degli uomini più straordinari che io abbia conosciuto».