Scandalo toghe, ecco le carte su Palamara
Il messaggio al pm Patronaggio che ha indagato Salvini: "Siamo con te". Poi la chiamata alle armi contro il leghista Claudio Borghi. Nelle chat anche le rassicurazione a una amica magistrato che ambisce a una poltrona
by Luca FazzoFaide, amicizie, manovre. E persino trattative così inconfessabili da vergognarsene anche davanti ai propri figli. Il mondo che ruotava intorno a Luca Palamara, il pm romano divenuto il simbolo dell'inchiesta sul marcio in magistratura, racconta anche questo: con Palamara che per ricevere degli interlocutori, tra cui il deputato del Pd Cosimo Ferri (oggi passato a Italia viva) sfratta di casa i familiari. «Senti ti volevo dire domani sera eh se faccio una cosa ristretta da me non è che potete uscì tutti no? Te Lavinia e Rocco potete uscire dico un po?», scrive Palamara alla moglie il 17 aprile 2019. Poi, più prosaicamente, c'è anche la preoccupazione per le spese del convivio: «Che cosa posso fare le pizze o un piatto di pasta ma la pasta poi diventa un casino.. che cosa si può fare di pronto senza pagà tanto...».
Colore, piccole incursioni dell'inchiesta nella vita privata dei protagonisti. Poi, però, ci sono le cose serie. E più escono allo scoperto le intercettazioni realizzate dalla Procura di Perugia scavando su Palamara, più emerge la gravità delle collusioni. E delle manovre che le correnti organizzate dell'Associazione nazionale magistrati mettono in corso per operazioni che con la giustizia hanno poco a che fare, e molto con la politica.
La più eclatante è quella contro Matteo Salvini, ministro dell'Interno nel governo Conte 1, finito nel mirino della Procura di Agrigento per essersi opposto allo sbarco della nave Diciotti. Il Csm scatta in difesa del procuratore agrigentino, Luigi Patronaggio, che sta indagando sul leader leghista. Dalle chat, si scopre che a ordinare a Palamara di scatenare il Csm in difesa del magistrato siciliano è stato nientemeno che il suo vicepresidente, l'ex deputato comunista, diessino e piddino Giovanni Legnini, che scrive a Palamara: «Luca, dobbiamo dire qualcosa per la nota vicenda».
Siamo nell'agosto 2018, il mandato del Csm è scaduto, i suoi membri sono in carica solo per l'ordinaria amministrazione. Ma Palamara si lancia nell'operazione. E poi si vanta con Patronaggio: «Carissimo Luigi ti chiamerà anche Legnini siamo tutti con te un abbraccio», scrive alle 16,46 del 24 agosto. «Grazie. Mi ha già chiamato e mi ha fatto molto piacere». Un mese dopo, Palamara ribadisce la sua vicinanza a Patronaggio per le critiche piovutegli affosso: «Carissimo Luigi ti sono vicino sii forte e resisti come sempre siamo tutti con te un abbraccio». «Grazie mi fa molto piacere. È un atto intimidatorio piuttosto "firmato" ... da certi ambienti estremisti».
I rapporti di Palamara con Legnini, uomo di collegamento tra il Csm e il Quirinale (prima con Giorgio Napolitano, poi con Sergio Mattarella) sono stretti e continui. Quando Palamara deve sistemare una amica magistrato, Adele Verde, che ambisce a fare il segretario al Csm («Caro Luca, massimo mi ha detto che ritiene che la pratica che mi riguarda vada trattata nella prossima consiliatura...La cosa mi terrorizza perché mi sembra una strada in salita. Tu credi che non si possa proprio fare niente.. ma niente niente???? Sarebbe proprio un bel regalo»), Palamara la conforta dicendo che ne parlerà col vicepresidente: «lunedì mattina io ne riparlò con Legnini perché a mio avviso bisogna tentare ogni carta per farti entrare», le scrive.
Di queste raccomandazioni le chat emerse dal telefono strabordano. Neanche una volta, neanche per sbaglio, nel discutere su un incarico da assegnare, si parla del valore di un candidato. Solo della sua appartenenza di corrente: come quando Paolo Auriemma, della stessa corrente di Palamara (Unicost, centro) si sfoga con lui per una candidatura: «Io critico solo il fatto che ci siamo caricati una corderiana (da Paolo Cordero, ex leader veneto di Unicost, ndr), la più criticata per la sua disinvoltura. E non capisco perché se la deve caricare Roma. Una che a Brescia non vogliono e li ci farà perdere voti». E Auriemma prosegue, tracciando un involontario ritratto dell'intero andazzo del Csm: «La verità e che nelle vostre campagne elettorali non avete subito il doppiogiochismo viscido di Cordero e dei suoi. Che faceva votare il pm di Magistratura Indipendente a quelli che fimo al giorno prima erano di Unicost. Quindi non potete comprendere quanto io sia incattivito. E sono convinto che si tratta di gente che ci tradirà di nuovo».
Nel tempo lasciato libero dalla spartizione delle poltrone, al Csm continuano ad occuparsi di politica. Dopo quella a favore di Patronaggio, le chat raccontano la chiamata alle armi delle correnti contro Claudio Borghi, presidente leghista della commissione Bilancio della Camera, che ha osato brontolare per una sanzione amministrativa confermatagli dalla Cassazione. Così tra le correnti parte la raccolta di firme per aprire una pratica a tutela del collega e contro «dichiarazioni molto gravi che, per il loro contenuto e per il ruolo istituzionale dell'intervistato, delegittimano il massimo organo giurisdizionale del paese».
La «pratica a tutela», come è noto, è uno strumento che il Csm ha a disposizione per prendere le parti di magistrati ingiustamente accusati. Ma le chat di Palamara raccontano come questo strumento venga usato solo per tutelare i colleghi attaccati dalla destra. Nel maggio 2018, il tribunale di sorveglianza di Milano concede a Silvio Berlusconi la riabilitazione, che gli ridà in sostanza lo stato di incensurato. È un diritto che viene riconosciuto a chi abbia scontato la sua pena e non abbia più commesso reati. Ma su Repubblica esce un articolo molto pesante contro la riabilitazione del Cav firmata dal presidente del tribunale milanese, Giovanna Di Rosa. Il giudice milanese Rosario Spina scrive a Palamara: «Ho letto l'articolo della Milella sulla riabilitazione a Berlusconi, offensivo per Giovanna Di Rosa e Unicost. Chiediamo l'apertura di una pratica a tutela?». E Palamara, ineffabile: «L'apertura di una pratica a tutela finirebbe solo per drammatizzare una situazione che va addormentata: quieta non movere mota quietare». Un precetto, si direbbe, che il Csm applica solo a casi alterni. «Peraltro - aggiunge Palamara - finiremmo per scontrarci con la libertà di stampa con ovvie critiche che sarà difficile fronteggiare dal punto di vista mediatico»: un altra regola pregevole, che le toghe riservano però solo alla stampa amica.
Dopo il caso della nave Diciotti, a maggio 2019 scoppia un'altra vicenda identica, protagonista la Sea Watch 3 e la sua capitana Carola Rackete: e anche qui Palamara scende in campo accanto al suo amico Patronaggio che il 29 maggio 2019 gli manda «la presente che ha finalità allo stato solo interne» in cui si precostituisce la linea di difesa: «la Sea Wacth 3 non poteva entrare nel porto di Lampedusa perché la sua sagoma impedisce il traffico aereo e il suo prolungato posizionamento alla fonda influenzava negativamente la salute dei suoi passeggeri», gli scrive, preannunciandogli (anche se il dato sarebbe coperto dal segreto istruttorio) che «i rappresentanti della Ong già oggi verranno iscritti nel registro degli indagati per favoreggiamento della immigrazione clandestina».
Difesa della casta e lottizzazione delle cariche: il tempo di Palamara e del mondo che lo circonda sembra equamente distinto tra le due incombenze. Sul secondo versante, è significativa anche la chat che il 15 gennaio 2019 il leader di Unicost intrattiene con tale Valerio. Entrambi appaiono preoccupati dalla sentenza del Tar del Lazio che, ribaltando gli accordi tra le correnti, ha bocciato la nomina al vertice della corte d'appello di Lecce di Roberto Tanisi accogliendo il ricorso di Lanfranco Ventrone. «Mi dicono che Unicost ha mollato Tanisi per Vetrone. Qua succede un casino», scrive Valerio, «Fammi sapere che cosa accade veramente su Lecce. Faceva parte di un accordo complessivo. Spina è lucano come Vetrone. Ci tiene?» «Non è problema di Spina ma di una situazione complessiva»: risponde Palamara, e elenca altre posizioni su cui la spartizione rischia di saltare per colpa della sentenza. A preoccupare «Valerio» c'è anche dell'altro: «Vetrone ha fatto cose imbarazzanti' sia a Catanzaro che a Potenza (...) Nel primo caso un provvedimento incredibile sull'esonero di un gip, a Potenza ispezione ministeriale che ha trovato un casinò nel tribunale da lui diretto. Qui a Lecce qualcuno è deciso a rendere pubbliche le due cose e il Csm non ci fa una bella figura ..».
Poi c'è la grande agitazione intorno a nomine cruciali alla Procura di Milano, i sei «aggiunti» che devono affiancare il capo Francesco Greco. Il 21 settembre 2017 Nicola Clivio, consigliere uscente, manda a Palamara la sua «cinquina», l'elenco dei futuri nominati (che poi verrà rispettato in pieno). Palamara chiede «dove posso variare?» perché deve piazzare uno dei suoi, e i due pensano di sfrattare dalle nomination il pubblico ministero Tiziana Siciliano: «É la meno schierata e quindi la più vulnerabile». È lo schieramento, come sempre, a rendere forti i candidati.
Ne luglio 2018. il magistrati italiani vanno a votare per il nuovo Csm, Palamara cessa dalla carica ma continua ad esser potente quanto e più di prima. E continua ad avere un rapporto preferenziale con Giovanni Legnini, l'ex vicepresidente del consiglio superiore. Ma nel frattempo l'inchiesta di Perugia è partita, il telefono di Palamara è stato messo sotto controllo: così i rapporti tra i due non vengono più ricostruiti a ritroso grazie alle chat ma ascoltati in diretta. Il 21 marzo 2019 Legnini e Palamara si sentono, prima parlano sbrigativamente del funerale di un magistrato («Lo avevamo nominato noi, è morto a sessantatrè anni») poi passano alle cose serie: al funerale, dice Legnini, «ho visto il notaio là.. Ciampini.. che mi ha detto ci dobbiamo vedere, dobbiamo fa una cena e gli ho detto vabbè». Ciampini, annota la Finanza, è il notaio che compare in numerose società di Fabrizio Centofanti, l'imprenditore amico di Renzi e Zingaretti indagato insieme a Palamara. Dopo un po' di giorni la cena viene organizzata e le presenze si allargano: a Cosimo Ferri, e anche a Andrea Baldanza, magistrato della Corte dei Conti e già capo di gabinetto alla Regione Lazio. «Con riguardo al magistrato della Corte dei Conti Baldanza Andrea - scrivono le fiamme gialle - appare opportuno evidenziare come lo stesso fosse già emerso nell'ambito delle indagini in rapporti e frequentazioni con Centofanti Fabrizio, Amara Piero, Bigotti Ezio, il giudice Russo Nicola e lo stesso Palamara».
La stessa compagnia, chi più e chi meno, si ritrova pochi giorni dopo a cena a casa di una amica avvocato, tale G., collega di studio di un altro vicepresidente del Csm.
Ma a quel punto si innesca una crisi domestica quasi drammatica per Palamara: non da parte della moglie ufficiale ma della compagna, Adele Attisani.
Attisani: «Comunque devi sparire tu perché in questi momenti non ci sei nemmeno e Legnini non è ormai nessuno perché non è che ci lavori insieme».
Palamara: «Senti Adele però ascoltami un attimo».
Attisani: «Quindi non è che devi discutere di lavoro capito».
Palamara: Adele Adele ascolta un attimo».
Attisani: «Non dovete parlare di lavoro, dovete fare le cagate che organizzate voi».
Palamara: «Adele mi ascolti Adele mi ascolti un attimo...».
Attisani: «Perché organizzate delle cagate capito ti dovresti vergognare tutti voi di questi di quell'ambiente capito tutto una porcheria una porcheria».
Palamara: «Hai ragione hai ragione sono daccordo con te».
Attisani: «E la prima è quella che organizza. G. che organizza per voi perché è una che cerca di farvi accoppiare ma fate schifo siete una categoria schifosa e tu mi lasci sola.. sapevi che io arrivavo stasera».
Palamara: «No Adele non lo sapevo e tu delle persone non disponi così dopo che ti ho telefonato quattro volte tu mi hai detto che tornavi tardi».
Attisani: «Ah non lo sapevi ma come non lo sapevi ma stai scherzando».
Palamara: «Ti invito a smetterla a dire queste cazzate non te lo consento più chiaro».
Attisani: «Per me devi sparire per me devi sparire ok adesso ascoltami bene e fate queste troiate hai capito? e meno male che ti rendi conto di quello che fate meno male che ti rendi conto che fate delle marchette, G. fa le marchette e vi porta le donne. Ciao e non mi chiamare più».