Tra gli ''invisibili'' del coronavirus ci sono gli autotrasportatori e i lavoratori della logistica
TRA GLI ''INVISIBILI'' DEL CORONAVIRUS CI SONO GLI AUTOTRASPORTATORI E I LAVORATORI DELLA FILIERA DELLA LOGISTICA: PUR AVENDO SGOBBATO COME MATTI DURANTE LA PANDEMIA, PER MOLTI SI SONO INTERROTTI I PAGAMENTI - UN SISTEMA CHE VALE CIRCA IL 9% DEL PIL (150 MILIARDI L’ANNO) E MOBILITA 1,5 MILIONI DI POSTI LAVORO DIRETTI CON UN MILIONE DI OPERATORI INDIRETTI. LO SCENARIO, POST EMERGENZA, È TERRIBILE: “IN AUTUNNO RISCHIAMO DI BRUCIARE 300MILA OCCUPATI”
Giuliano Balestreri, Gianni Antoniella per www.huffingtonpost.it
Tra gli “invisibili” del coronavirus ci sono gli autotrasportatori e tutti i lavoratori della filiera della logistica: un sistema che vale circa il 9% del Pil (poco più di 150 miliardi di euro l’anno) e mobilita 1,5 milioni di posti lavoro diretti con un milione di operatori indiretti attraverso l’indotto di 95mila aziende attive. Lo scenario, post emergenza pandemia, è terribile: “In autunno rischiamo di bruciare 300mila occupati” dice preoccupato Ivano Russo, direttore generale di Confetra, la Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica.
D’altra parte per il settore il momento è drammatico nonostante l’attività non si sia mai fermata per garantire durante la pandemia gli approvvigionamenti al Paese. A essersi fermati, invece, sono stati i pagamenti da parte dei committenti, chi affida le proprie merci ai camion per spostarle da una parte all’altra del Paese. Infatti hanno smesso di saldare le fatture quasi tutti i grandi gruppi: dall’abbigliamento alla manifattura. “Fare l’elenco di chi non paga più è quasi impossibile: faccio prima a dire che continuano a pagare regolarmente solo il comparto farmaceutico e l’alimentare” rivela un imprenditore del settore che chiede di rimanere anonimo.
La situazione è delicata perché fermare la logistica rischia di creare un corto circuito drammatico per l’intero sistema Paese: si fermerebbe un comparto che tiene in piedi l’economia italiana, le aziende tricolori andrebbero fuori mercato e alla fine ne andrebbe anche della sicurezza nazionale. Di colpo non solo si svuoterebbero i supermercati, ma si dovrebbero spegnere anche gli altiforni per mancanza di materie prime e l’intera struttura economica rischierebbe il tracollo.
“Il nostro settore – dice Russo – è strettamente interconnesso al funzionamento del Paese. Sotto il cappello dell’autotrasporto e della logistica rientra chi scarica i container in porto; chi preleva le merci per stoccarle nei grandi poli; chi li porta nei magazzini di prossimità e chi consegna coprendo l’ultimo miglio”. C’è quindi il trasporto a servizio dell’industria e quello per i consumatori: un’attività che non si è mai interrotta anche per senso di responsabilità, ma che fatica a sopravvivere. “I pagamenti delle nostre fatture dovrebbero essere a 60 giorni, ma adesso abbiamo ritardi che possono arrivare anche a sei mesi” dice il direttore generale di Confetra. Qualcuno, addirittura, confida di committenti che non sarebbero in grado di pagare prima dell’anno prossimo.
Anche Fca ha sollevato il problema della filiera spiegando la domanda del prestito da 6,3 miliardi di euro garantito dallo Stato: “In base a un innovativo meccanismo, applicato inizialmente alla filiera automotive tutte le erogazioni derivanti dalla linea di credito sarebbero gestite attraverso conti correnti dedicati, accesi con IntesaSanpaolo al solo scopo di supportare la gestione operativa dei pagamenti alla filiera italiana dei fornitori, sostenendone i livelli di liquidità e garantendo al contempo la ripartenza delle produzioni e gli investimenti negli impianti italiani”.
“In realtà, per il momento, i ritardi nei pagamenti non sono così distanti dalle abitudini dei committenti” dice un imprenditore del nord Italia che poi spiega di essere soprattutto preoccupato per il comportamento della Pa “che non è puntuale con i pagamenti, ma anche la Gdo fatica a rispettare i termini”. Anche per venire incontro al settore, nel decreto rilancio sono stati inseriti 12 miliardi di euro che serviranno alla Pa per saldare i propri arretrati. Una decisione che non convince Confetra: “Una parte dei fondi sarebbe dovuta andare ai privati, perché la Pa – spiega il direttore generale – ha un rapporto privilegiato con una manciata di aziende. Tutte le altre resteranno a bocca asciutta”.
Sul fronte della liquidità però qualcosa si muove: per esempio c’è lo stop alla rata Irap di giugno sul settore che pesa per diverse decine di milioni di euro; c’è l’abbattimento della bolletta elettrica e gli sconti sulle locazioni dei magazzini, “ma così – chiosa Russo – non si può andare avanti. Sette mesi senza liquidità sono insostenibili per chiunque. Il comparto è andato avanti durante il lockdown senza incentivi e oggi oltre la metà dei nostri clienti non ci paga. Capiamo la situazione, ma questo il fondo da 12 miliardi per i pagamenti avrebbe dovuto essere assegnato anche ai privati”.
Molti trasportatori amano ricordare che nel nostro Paese c’è una norma, in vigore dal 2008, che imporrebbe i pagamenti ai committenti entro 60 giorni dal trasporto, ma che è disattesa regolarmente anche perché non c’è forza coattiva nella norma stessa. In altre parole il ritardatario (nel pagamento) non rischia nulla o quasi! I trasportatori italiani, praticamente in coro, esortano il MIT (ministero dei trasporti) a intervenire e fin ora, sempre secondo gli operatori del settore, nonostante le promesse il ministero, e quindi lo Stato, non si sono fatti sentire. Interpellato da Business Insider Italia, il ministero non ha risposto. Nel frattempo, senza liquidità, il settore rischia di implodere. Tirandosi dietro quel che resta dell’economia italiana.