Investire in tecnologia, meglio gli Etf o i fondi?

Commento a cura di Anthony Ginsberg (nella foto), co-ideatore di HAN-GINS Innovative Technologies UCITS ETF

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Quando si parla di investimenti nel settore tecnologico si possono distinguere 3 casi: esistono gli ETF tecnologici ampi che replicano indici come il Nasdaq; abbiamo poi gli ETF tematici, spesso dedicati ad un certo trend come il cloud o la robotica; infine i fondi comuni tematici a gestione attiva.

Indici come il Nasdaq sono di certo ormai estremamente poco costosi ma anche dominati dai FAANG (Facebook, Apple, Amazon, Netflix, Google) più qualche altro titolo a grandissima capitalizzazione, il che rende l’indice molto dipendente dalle performance di questi titoli. Manca, sostanzialmente, una vera diversificazione, che è il prerequisito di ogni investimento.

Gli ETF basati su un tema specifico legato al settore della tecnologia permettono invece all’investitore di prendere esposizione a molte società di dimensioni più piccole ma a rapida crescita. Infatti, adottando un approccio regolato, possono limitare il peso in portafoglio dei titoli a grandissima capitalizzazione ad una data percentuale, come il 5%, assicurando che le performance dell’ETF non dipendano da quei pochi titoli e contando così su una rosa più ampia di aziende tecnologiche anche a piccola e media capitalizzazione. Inoltre spesso, per essere considerata includibile in questi ETF a tema, un’azienda deve generare una parte consistente del suo fatturato da un determinato sotto-settore.

Prendendo in considerazione la gestione attiva, poi, possiamo osservare che i fondi tecnologici spesso hanno come benchmark indici come il Nasdaq, l’S&P Tech o l’MSCI Tech. Quindi, quando i FAANG hanno buone performance, è difficile per i gestori attivi battere il mercato. Abbiamo osservato questo fenomeno di recente, con il grande recupero del settore tecnologico nel corso del mese di marzo. Quindi, dov’è il valore di pagare un gestore per non riuscire a scostarsi dall’indice?

Un’altra caratteristica distintiva dei fondi gestiti attivamente è che solitamente detengono un numero di titoli piuttosto ristretto, perdendo così di vista player più piccoli e dal valore inatteso. Infatti, i fondi più grandi di questo tipo spesso non consentono di avere esposizione ad aziende più piccole del settore per problemi di liquidità.

Al contrario, gli ETF tematici possono contenere un gran numero di titoli, tra i 50 e i 100, ovvero due o tre volte la quantità contenuta nel portafoglio tipo di un fondo gestito attivamente. L’alta diversificazione degli ETF riduce il rischio intrinseco per gli investitori che desiderano prendere esposizione a questi settori a rapida crescita. Da ultimo, con un costo di gestione spesso inferiore all’1%, questi ETF sono una modalità per investire in sotto-settori tecnologici specifici in maniera poco costosa.

In conclusione, avendo un ampio portafoglio di titoli, gli ETF tematici offrono a chi è più prudente una modalità relativamente a basso rischio per investire in società peculiari. In questo momento storico in cui cambiano le abitudini e i comportamenti, dallo smart working all’uso del cloud o alla medicina a distanza, tutto fa pensare che molte di queste piccole aziende del settore tecnologico cresceranno di dimensioni e diventeranno più conosciute. Un modo per cogliere queste nuove tecnologie è quindi attraverso un ETF che diversifica molto i titoli al suo interno e che ha il vantaggio di non costare un patrimonio.

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