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Carceri, giudice Spoleto solleva legittimità costituzionale: decreto Bonafede alla Consulta

Il decreto Bonafede è un atto con il quale il ministro della Giustizia ha previsto il ritorno in carcere dei boss scarcerati a causa dell’emergenza sanitaria

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Il cosiddetto decreto "antiscarcerazioni", approvato dal Governo il 9 maggio scorso su proposta del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, sarà sottoposto al vaglio della Consulta.

A sollevare una questione di legittimità costituzionale, come apprende l'Adnkronos, è un giudice di sorveglianza del Tribunale di Spoleto. Il magistrato, Fabio Gianfilippi, con un'ordinanza del 26 maggio, ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale dichiarando"rilevante e non manifestamente infondata" la questione di legittimità dell'articolo 2 del decreto (29/2020), "nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19, il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso".

Il decreto Bonafede è un atto con il quale il ministro della Giustizia ha previsto il ritorno in carcere dei boss detenuti scarcerati nei mesi scorsi a causa dell’emergenza sanitaria. La vicenda ha suscitato accese polemiche e ha provocato anche le dimissioni di Francesco Basentini, direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap). Il magistrato di sorveglianza dichiara "rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2 del d.l. 10 maggio 2020, n.29, nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19". Gli atti, così, sono stati trasmessi alla Corte costituzionale. Il giudice ha anche ordinato la trasmissione degli atti al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ai presidenti di Senato e Camera.

Nelle 19 pagine dell'ordinanza, il giudice di sorveglianza di Spoleto tratta il caso di un detenuto condannato a 5 anni di carcere e che era finito ai domiciliari in considerazione dell’emergenza coronavirus. L'uomo era stato sottoposto a un trapianto di organi. A seguito di questo intervento, si legge nel provvedimento, vi era la "necessità di continuare il trattamento con immunosoppressore e immunoglobuline anti-Hbv". Il detenuto è stato ritenuto soggetto a rischio per il coronavirus e, dopo la richiesta del legale, mandato a scontare la sua pena ai domiciliari.

Ma dopo la norma Bonafede, la sua vicenda è tornata al magistrato di sorveglianza per la revoca dei domiciliari e il ritorno in carcere. Ma il magistrato, leggendo gli atti, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale e così ha inviato gli atti alla Consulta.