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(Credits: Laura Carrillo/SAS-INAH) 

la Repubblica

Messico, scoperto un veliero di 200 anni nel paradiso dei relitti

Lo ha trovato un pescatore 80enne nel Banco Chinchorro, un ecosistema che per secoli si è trasformato in trappola per marinai. Una settantina i relitti già individuati sui fondali dell'area protetta

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C'è un nuovo arrivato nel paradiso dei relitti. Un veliero di 200 anni fa, affondato nelle acque cristalline del Messico a circa 35 chilometri da Makajahual, nel Quintana Roo, in Messico. Lì, nella Riserva della Biosfera del Banco Chinchorro, si trova un paradiso naturale che per secoli si è trasformato in trappola per marinai: contro le rocce e le scogliere della costa caraibica hanno impattato decine di imbarcazioni, tanto che all'interno della riserva si trovano ben 70 relitti di navi vittime di incidenti e naufragi.

L'ultima barca a vela appena scoperta, spiega l'Istituto Nazionale di Archeologia e Storia del Messico, si pensa risalga al XVIII-XIX secolo. E' stata chiamata "Manuel Polanco" in onore del pescatore che ha scovato e localizzato l'imbarcazione e che ha segnalato la sua presenza all'Istituto. Secondo gli archeologi è possibile che l'equipaggio della nave sia stata vittima di un incidente proprio dovuto ad uno scontro con la barriera corallina. Oggi l'imbarcazione, ricoperta di coralli e diventata casa per molti animali dell'ecosistema, si aggiunge agli altri numerosi velieri che compongo una sorta di museo sottomarino, visitato da migliaia di subacquei. L'intera area composta da scogliera e barriera corallina è nota anche come il reef da "incubo", detto anche del "sonno", dato che per secolti fu causa di inabbisamenti.

Oggi, a causa della pandemia da Covid-19 e delle misure di isolamento attuate anche in Messico, i lavori relativi allo studio del nuovo relitto sono fermi in attesa di ripartire. Per ora, spiega Laura Carrillo Márquez, ricercatrice che si occupa del Progetto Banco Chinchorro, è ancora difficile parlare delle dimensioni della barca a vela, del suo carico o di altri dettagli, poiché l'area in cui si trova è complessa. "E' proprio sulla barriera corallina dove la corrente oceanica è molto forte" spiega l'archeologa. Dalle prime ricognizioni sembra che lo scafo in legno sia disintegrato, mentre sono stati invece avvistati cannoni di circa 2,5 metri, tubi, zavorre, ancore e altri reperti. Da alcuni dettagli, gli esperti sostengono possa trattarsi di una imbarcazione di origine britannica, ma è ancora presto per affermarlo.

Il pescatore di relitti

Il ritrovamento del veliero fra le acque del Chinchorro, come per altre imbarcazioni, è ancora una volta merito di un pescatore. Manuel Polanco, ottantenne, è uno degli uomini di mare che conoscono a menadito la costa: lì si guadagna da vivere immergendosi per catturare aragoste e pesci rivenduti nei mercati di Mahahual o Xcalak. Con il tempo il pescatore messicano in quelle acque ha così scoperto due navi poi diventate celebri, "40 Cañones" e "The Angel", individuate durante alcune immersioni di circa 50 anni fa. Non pago, a ottanta anni Polanco ha voluto contribuire a indicare la presenza di un altro relitto, il terzo, la barca che ha appunto preso il suo nome. A portare gli archeologi nel punto esatto dove è affondato il veliero è stato suo figlio Benito che seguendo le indicazioni del padre ha ritrovato gli antichi resti.

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Con la scoperta fatta, il sito dichiarato patrimonio culturale subacqueo diventa così sempre più ricco di relitti da osservare, tra cui due galeoni spagnoli, e quella chiamata la barriera "da incubo"  oggi appare invece un sogno per gli appassionati di archeologia e  immersioni.