Uffizi, eike schmidt vuole restituire la pala rucellai di duccio a santa maria novella
UFFIZI E BENEFIZI – IL DIRETTORE DEL MUSEO FIORENTINO EIKE SCHMIDT VUOLE RESTITUIRE ALLA BASILICA DI SANTA MARIA NOVELLA LA PALA RUCELLAI DI DUCCIO DI BUONINSEGNA, INVITANDO GLI ALTRI MUSEI A FARE LO STESSO – LA DIRETTRICE DELLA GALLERIA BORGHESE ANNA COLIVA: “SICURAMENTE È STATO FRAINTESO. QUESTI SONO ARGOMENTI INCONSISTENTI DESTINATI A REINABISSARSI. IL MODELLO ITALIANO È GIÀ QUELLO DI UN MUSEO DIFFUSO”
Laura Larcan per “il Messaggero”
«Che i musei statali restituiscano i dipinti alle chiese». Nessuna boutade, ma un'autentica proposta. Quella lanciata dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt che ieri ha svelato il piano di restituire alla fiorentina basilica di Santa Maria Novella nientemeno che la Pala Rucellai di Duccio di Buoninsegna, la colossale tavola capolavoro che oggi spicca a inizio visita insieme a Giotto e Cimabue. Un annuncio che ha collezionato un coro verdiano di disappunto dai colleghi dei musei big d'Italia.
Di più, ha scatenato un infuocato dibattito. Schmidt, che è anche il presidente del Fec, il Fondo edifici di culto sotto l'egida del Viminale, articola il suo proposito. «I musei statali compiano un atto di coraggio e restituiscano dipinti alle chiese per i quali furono originariamente creati». La Pala Rucellai, nello specifico, fu portata via da Santa Maria Novella nel 1948, «ma non è mai entrata a far parte delle proprietà del museo», precisa Schmidt. La pala fu dipinta per la compagnia dei Laudesi nella prima cappella del transetto della basilica. In alto, sul posto, sono ancora visibili gli ultimi frammenti degli affreschi dipinti dalla mano stessa di Duccio. Ma la proposta non miete consensi. Anzi.
LE REAZIONI
«Sicuramente è stato frainteso o si è espresso in modo troppo raccorciato' - commenta Anna Coliva direttrice della Galleria Borghese - Chi ha una esperienza della gestione dei musei italiani o dei territori attraverso le soprintendenze, sa che questi sono argomenti inconsistenti che spesso emergono ma, come quelli dei depositi dei musei pieni di capolavori sottratti al godimento, sono destinati a reinabissarsi dopo una competente riflessione.
Il modello italiano è già quello di un museo diffuso. L'equilibrio che ha raggiunto l'Italia con i suoi musei di servizio alla pluralità dei proprietari dei beni culturali non ha ragione di essere alterato. Fu la chiesa stessa a musealizzare i propri beni con i musei diocesani o gli stessi Musei Vaticani. Cosa facciamo? riportiamo la Madonna di Foligno a Foligno? Questa ipotesi prevederebbe apparati di sicurezza che impedirebbero il culto». Se c'è chi riconosce il merito a Schmidt, come Vittorio Sgarbi («Ha mille volte ragione e andrò da Dario Franceschini per sostenerlo»), c'è chi ne prende le distanze.
Come Marco Pierini direttore della Galleria Nazionale dell'Umbria di Perugia: «Naturalmente sarebbe bellissimo poter godere delle opere nei loro contesti d'origine, tuttavia intravedo alcuni problemi di difficile soluzione, soprattutto per quanto riguarda le chiese - riflette Pierini che proprio ieri ha riaperto il grande museo perugino dopo il lockdown - Il primo è relativo alla sicurezza, dal momento che sono tra gli edifici più bersagliati dai ladri e che non sarebbe uno scherzo prevedere la sorveglianza anche durante l'apertura. Il secondo riguarda la climatizzazione.
Dopo un lungo tempo trascorso in un clima stabile trasportare le opere soprattutto i dipinti su tavola in un ambiente non climatizzato le esporrebbe ad escursioni di temperatura e di umidità davvero pericolose. Infine, com'è noto, l'accesso alle chiese è sempre più ristretto, in termini di giorni e orari, e con rare eccezioni si rischierebbe di non relegare le opere in ambienti dove nessuno le può vedere». Schmidt incassa con diplomazia e chiarisce. Pensa alle tante opere ideate per chiese, poi portate nei musei e magari rimaste nei depositi. Un esempio? Un grande affresco di Benozzo Gozzoli con le Storie di Sant'Eustachio, staccato dalla chiesa di San Jacopo dei Fossi alla fine dell'800, e che non è più visibile dal 1979.