la Repubblica
Milano, Uber Italy commissariata per caporalato sui rider: "Possibile reclutamento a valanga durante il Covid"
La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l'amministrazione giudiziaria, ossia il commissariamento della filiale italiana: "Sfruttati migranti e pagati 3 euro a consegna"
La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l'amministrazione giudiziaria, ossia il commissariamento, di Uber Italy srl, la filiale italiana del gruppo americano, per caporalato, in particolare per lo sfruttamento dei rider addetti alle consegne di cibo per il servizio Uber Eats. "La mia paga era sempre di 3 euro a consegna indipendentemente dal giorno e dall'ora". Lo ha messo a verbale un rider che ha lavorato per il servizio Uber Eats, come emerge dal decreto con cui è stata commissariata la filiale italiana. Per i giudici di Milano, Uber, attraverso società di intermediazione di manodopera, avrebbe sfruttato migranti "provenienti" da contesti di guerra, "richiedenti asilo" e persone che dimoravano in "centri di accoglienza temporanei" e in "stato di bisogno". Per l'accusa, l'emergenza Covid e l'esplosione dei servizi di consegna a domicilio "potrebbe aver provocato anche reclutamenti a valanga e non controllati" di fattorini, in un "regime di sopraffazione" di soggetti "reclutati in una situazione di emarginazione sociale", aggravata "dall'emergenza sanitaria a seguito della quale l'utilizzo dei rider è progressivamente aumentato a causa dei restringimenti alla libertà di circolazione".
Gli elementi raccolti porterebbero all'accusa di sfruttamento dei rider che consegnano il cibo a domicilio con Uber Eats, l'app dell'apposito servizio collegata al gruppo di noleggio auto. L'indagine è in corso e la misura è ancora in esecuzione da parte del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano, con il coordinamento del pm Paolo Storari.Su Uber Italy è in corso un'indagine condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e coordinata dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci e dal pm Paolo Storari.
Gli indici di sfruttamento valutati dal giudice - il presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Milano, Fabio Roia - che ha sottoscritto il provvedimento di amministrazione giudiziaria a carico della società italiana della multinazionale Uber sono essenzialmente due: lo sfruttamento lavorativo e l'approfittamento dello stato di bisogno. La società che lavorava per conto di Uber Italy, infatti, procacciava lavoratori quasi tutti provenienti da "zone conflittuali del pianeta (Mali, Nigeria, Costa d'Avorio, Gambia, Guinea, Pakistan, Bangladesh e altri) e la cui vulnerabilità è segnata da anni di guerre e povertà alimentare", si legge nel testo. Il giudice ha considerato anche il "forte isolamento sociale in cui vivono questi lavoratori", che offre "l'opportunità di reperire lavoro a bassissimo costo, poiché si tratta di persone disposte a tutto per sopravvivere, sfruttate e discriminate da datori di lavoro senza scrupoli".