Nemmeno Hong Kong smuove l'Europa: niente sanzioni alla Cina

Dopo il consiglio Affari Esteri, Borrell: "Pechino player mondiale, conseguenze geopolitiche". La regia della Merkel: la Ue è indipendente tra Usa e Oriente. E Volkswagen investe 2 miliardi nell'auto in Cina

by
https://img.huffingtonpost.com/asset/5ed1232d2500009a23eb25ab.jpeg?ops=scalefit_630_noupscale

Mentre Pechino minaccia anche Taiwan, dopo la scelta della presidente taiwanese Tsai Ing-wen di far visita alla libreria di un rifugiato di Hong Kong, l’Unione Europea resta ferma nella sua posizione: da un lato, si potrebbe dire, ‘terza’ nella nuova guerra fredda tra Usa e Cina; dall’altro, assolutamente ossequiosa dei rapporti economici ormai stretti con Pechino. Le rivolte e la repressione a Hong Kong sono l’argomento principale del consiglio informale dei ministri degli Esteri europei oggi. Ma al termine della riunione, i rappresentanti dei 27 paesi europei non si associano alla minaccia di sanzioni contro Pechino da parte di Donald Trump, sostenuto da Gran Bretagna, Canada e Australia.

“Le sanzioni non sono la soluzione”, sottolinea l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell in conferenza stampa. Ma oggi nel suo discorso c’è qualcosa di più che la semplice scelta europea, peraltro non nuova, di mantenere una posizione terza tra Washington e Pechino. Borrell fa un ragionamento quasi ultimativo e molto pragmatico, basato sui rapporti commerciali che ormai legano gli Stati europei alla Cina.

“Io sono ancora strabiliato da come è cambiata la posizione della Cina nell’economia mondiale – dice - Venti anni fa, la Cina rappresentava il 4 per cento della produzione economica mondiale, oggi è al 16 per cento”. E poi pronuncia la frase chiave: quella della Cina è “una performance che avrà conseguenze geopolitiche”.

Nonostante Borrell riconosca che “l’autonomia di Hong Kong esce indebolita” dalla repressione cinese, la posizione dell’Ue nei confronto di Pechino non cambia e non cambierà nell’immediato. Di certo, non cambierà fino alla fine dell’anno. A luglio inizia la presidenza di turno tedesca dell’Unione. L’idea di Angela Merkel (come abbiamo raccontato qui) è di mantenere l’Unione in una posizione addirittura ‘quarta’ tra le tre potenze mondiali: Usa, Russia e Cina. Primo perché, in vista delle presidenziali Usa a novembre, la cancelliera prevede “rapporti turbolenti” con Trump. E poi perché, come lascia capire chiaramente Borrell, i rapporti economici tra i paesi europei e la Cina disegnano ormai una strada sulla quale non si torna indietro.

E’ di oggi la notizia che Volkswagen investirà 2 miliardi di euro in due società cinesi del comparto dell’auto elettrica. Il gruppo tedesco rileverà il 50% di Jag, controllata dalla statale Jac Motors, e aumenterà il peso della jv Jac Volkswagen dal 50% al 75% per circa 1 miliardo. In aggiunta, si legge in una nota, la compagnia rileverà il 26% di Gotion High-Tech, produttore di batterie, per 1,1 miliardi. La Cina vale il 40% delle vendite globali di Volkswagen ed è il principale mercato delle quattro ruote del pianeta, con la leadership anche nell’elettrico.

Basti questo per toccare con mano lo stato delle relazioni tra Europa e Cina: intrecciate e non limitate alla sola Germania, come si sa. Diversi paesi europei hanno firmato il Memorandum di intesa con la Cina per la ‘nuova via della seta’, dall’Ungheria di Orban all’Italia del governo gialloverde. E ora, dice ancora Borrell, la scelta dell’Assemblea nazionale di Pechino di approvare una legge che vieta “la secessione, le attività sovversive, le interferenze straniere e il terrorismo” a Hong Kong, trasformandola ‘de facto’ in una provincia cinese non più autonoma, “non cambierà” l’assetto degli investimenti europei in Cina. “Continueremo a discutere e a esercitare pressione sulle autorità cinesi per renderle consapevoli del fatto che il tema Hong Kong influenzerà le nostre relazioni – aggiunge – ma non c’è molto di più in agenda”.

L’Unione europea si è mantenuta a distanza dalle accuse di Trump sull’origine del Covid-19 in Cina, tentando di favorire la strada di una commissione internazionale per capire cosa sia successo nel laboratorio di Wuhan. E ora, di fronte a quanto sta avvenenendo a Hong Kong, non muove palla, mentre la Gran Bretagna, vicina agli Usa e ormai fuori dall’Ue, offre la cittadinanza a oltre 300mila cittadini di Hong Kong, scendendo così nell’arena della battaglia contro Pechino.

“Non c’è una sola categoria con cui possiamo descrivere i nostri rapporti con Pechino”, dice Borrell. “Siamo alleati, rivali, concorrenti. Per esempio: è difficile pensare che possiamo risolvere la sfida contro i cambiamenti climatici senza la Cina. Le nostre relazioni sono complesse e non possono essere ridotte ad una dimensione singola. Siamo di fronte ad una grande potenza mondiale”.

E’ il risultato dell’input della Germania, alla vigilia del semestre di presidenza tedesco dell’Ue. Un modo per difendersi dal nazionalista Trump, ma soprattutto per difendere gli interessi economici in Cina, partner imprescindibile dell’Unione.