Auto e bici a Roma, tutti insieme drammaticamente

by
https://img.huffingtonpost.com/asset/5ed118e3300000e823156e6a.jpeg?ops=scalefit_630_noupscale
piola666 via Getty Images
POV commuter riding a road racing bicycle in the city

Gli inglesi lo chiamano jaw-dropping: una notizia che ti lascia a bocca spalancata. Tutte le città medie e grandi del mondo varano piani ambiziosi di ridisegno del tessuto urbano e dei criteri di mobilità, per venire incontro alla più importante ed evidente delle esigenze del dopo-pandemia: dare più spazio alle persone. Non c’è bisogno di avere amministrazioni illuminate, particolarmente progressiste e ambientaliste, basta il buon senso per spingere Parigi, Londra, Atene, Madrid, Berlino a intervenire con misure energiche. Tutte nel senso di allargare le aree pedonali, ridisegnare le sezioni a traffico misto, trasformare percorsi automobilistici in piste ciclabili destinate a ogni tipo di mobilità leggera.

C’è chi dispone di reti di trasporto pubblico già efficienti e risulta avvantaggiato nel rafforzare le interconnessioni, ma anche chi prima stava messo meglio deve fare i conti con una realtà imprevista, e cioè che i carichi su metropolitane e mezzi di superficie vanno alleggeriti per scongiurare gli affollamenti. Tutte le ricette tradizionali vanno riviste, perfino quelle virtuose che sfornavano incentivi all’uso del trasporto pubblico di massa.

Ma una cosa è studiare alternative moderne allo stipare gli autobus di passeggeri, decisamente tutt’altra cosa è tornare direttamente alla casella del via della mobilità urbana. Lì dove tutto è cominciato. E qui cade la mascella. Nel leggere la notizia che le Zone a traffico limitato (Ztl) di una città in perenne emergenza traffico come Roma resteranno aperte ancora fino alla fine di agosto, facendo trapelare dal Campidoglio la possibilità di ulteriore sospensione delle chiusure fino a fine 2020. E c’è di più. Per venire incontro alle richieste dei commercianti del centro storico, l’amministrazione propone ai titolari dei parcheggi privati di istituire tariffe agevolate convenzionate per attrarre i clienti e le loro automobili il più vicino possibile ai negozi. Il tutto con l’assenso anche del Pd, partito d’opposizione ma in questo caso non troppo.

E così, in pieno 2020, sfruttando l’emergenza economica causata dalla pandemia, Roma capovolge letteralmente decenni di elaborazione e prassi in materia di traffico. Si torna a prima di Petroselli, Argan e Nicolini. A prima di Rutelli e Tocci. Si torna a “chiamare” le macchine nel centro storico della città, dopo decenni di disperati tentativi di dissuasione.

In tanti possiamo testimoniare, anche per esperienza diretta, la durezza e la difficoltà del conflitto che negli anni Novanta si aprì a Roma tra l’amministrazione capitolina e una delle categorie che maggiormente regge le sorti economiche della città, chiedendo per questo di essere sostenuta e assecondata. Con i commercianti romani è sempre stato un tira e molla: partire con misure drastiche di pedonalizzazione, poi correggerle, adeguarle, ma sempre in una logica di estensione.

E sempre rimanendo ferma l’amministrazione nel convincimento che il bene dei commerci e il bene dei cittadini e dell’ambiente coincidevano, non confliggevano. In ogni angolo del mondo la pedonalizzazione fa bene al commercio, ne esalta la qualità, non lo danneggia. Questa cosa, non scontata in partenza, grazie all’esperienza concreta è stata nel tempo assimilata culturalmente dalle stesse categorie interessate, che infatti in molti casi anche a Roma hanno promosso e sostenuto interventi locali di riqualificazione.

Negli ultimi anni si è proceduto a corrente alternata, facendo qualcosa (l’estensione della pedonalizzazione di via del Corso) e lasciando perdere praticamente tutto il resto non credo per cattiva volontà quanto per due circostanze concomitanti: nella prima fase le cambiali politiche firmate in campagna elettorale con troppe categorie cittadine, e arrivate a scadenza; e poi soprattutto il costante stato di assoluta emergenza – anzi di vero e proprio collasso – del sistema del trasporto pubblico, che ha tolto tempo, energia, risorse e attenzione a tutto il resto.

Ora però queste ultimissime mosse della giunta Raggi indicano una direzione, per gli ultimi mesi di mandato. Ed è clamorosamente la direzione sbagliata, non per astratte ragioni ideologiche ma per una considerazione totalmente ed esclusivamente pratica.

Già nei mesi del lockdown, e ora in maniera impressionante grazie agli incentivi varati dal governo, i cittadini romani sembrano finalmente orientati a cambiare parte delle proprie abitudini. Acquistano biciclette, e-bikes e monopattini, li ritirano fuori dalle cantine e dai garage, si incolonnano con i figli, si avventurano (spesso senza particolare esperienza e malizia) per le strade di una città che non è pensata e organizzata per favorire e proteggere la mobilità leggera. La stessa amministrazione presenta nuove iniziative di bike sharing: i monopattini addirittura, a dir poco un azzardo tra buche e sampietrini, tra un autobus e un Suv.

Ora, com’è possibile non vedere l’assurdità di promuovere, allo stesso tempo e sulle stesse strade, ancorché ridipinte qua e là con strisce gialle, sia il ritorno delle auto private che l’uso delle biciclette? Non è solo una contraddizione logica e politica, è un autentico attentato alla sicurezza delle persone, in una città già dannatamente pericolosa (otto ciclisti morti e 275 feriti nel 2019), capitale di un paese che in Europa ha il più alto tasso di incidenti per chilometro percorso in bici (pur avendo in circolazione molte meno due ruote di tanti altri).

Riaprire le vie del vecchio centro di Roma alle macchine. Nello stesso arco di tempo nel quale la gente comincia a percorrerli in bici e monopattino. E nel quale a bar e ristoranti viene offerta la possibilità di allargarsi con tavolini e ombrelloni oltre i limiti nei quali a fatica li si tratteneva. Ma lo spazio pubblico è un bene prezioso – preziosissimo in una città come Roma – e non è illimitato, anzi! Ognuna di queste misure avrà una buona ragione dietro, ma governare vuol dire scegliere e in questo caso lo spazio per accontentare tutti manca letteralmente, non metaforicamente.

Già appare poco etico cercare in campagna elettorale di dare qualcosa a ogni categoria, e spargere a destra e a manca impegni anche contradditori fra loro. Ma francamente non è concepibile ripetere lo stesso errore adesso, dopo lo shock che i cittadini hanno dovuto subire questa primavera, su materie delicate come la sicurezza stradale e il diritto a fruire degli spazi pubblici cittadini. Il tempo e il modo per rimediare c’è. Farlo converrebbe moltissimo anche alla ricandidata sindaca Raggi, oltre che a Roma.