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Ecco perché il Friuli Venezia Giulia non vuole sperimentare Immuni

Il Friuli Venezia Giulia non vuole sperimentare Immuni. Non per motivi di privacy, come hanno pensato in molti, ma perché la ritiene poco efficace: lascia le decisioni nelle mani dei cittadini e alla volontà di questi ultimi.

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Il Governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha ritirato la disponibilità alla sperimentazione dell'app Immuni. Immuni, l’app del Governo per la notifica dei contatti è quasi pronta, e la sperimentazione doveva partire in alcune regioni, scelte in base a criteri specifici. Ma il Friuli si è ritirato, e ieri secondo alcune dichiarazioni all’ANSA il Governatore ha spiegato il perché. 

"A quanto si apprende - ha spiegato Fedriga - Immuni prevederà non la ricostruzione della catena di contatti dei soggetti risultati positivi, come peraltro richiesto dalla Regione al fine di integrare in modo omogeneo il lavoro oggi svolto manualmente, bensì l'invio di un sms ai cittadini entrati a contatto con un contagiato. Questo significa che si passerà da una gestione affidata ai Servizi sanitari a un'azione diretta (e priva del supporto di professionisti) dei cittadini, a cui competerà l'onere di chiamare il medico di base: una soluzione poco avveduta che rischia di ingenerare panico o, nel caso in cui il cittadino decidesse di non rivolgersi al medico curante, di vanificare l'efficacia dell’app

Il Governatore ha confuso SMS con notifica: Immuni non manda SMS, ma avvisa semplicemente con una notifica elaborata sul dispositivo, e quindi non inviata dal server, un possibile contatto. Tuttavia questo non cambia il senso del discorso: il Friuli Venezia Giulia non vuole sperimentare Immuni perché la ritiene poco adeguata alle esigenze sanitarie della regione. 

Demetrio Filippo Damiani, direttore di Agenzia Regione Cronache (Arc), l'agenzia di stampa quotidiana della Regione Friuli Venezia Giulia, da noi contattato ci ha spiegato i motivi della scelta. 

Il tema è l’intermediazione, spiega Damiani, la nostra app non prevedeva l'invio di notifiche ai cittadini ma il tracciamento dei dati su base volontaria, attraverso bluetooth, che sarebbero stati gestiti dalle aziende sanitarie

Il Friuli Venezia Giulia aveva infatti fatto sviluppare una applicazione chiamata “Stop coronavirus Fvg” che era anche pronta, ma che poi è stata bloccata perché si è scelto di usare un approccio nazionale al posto di tante app locali. 

Damiani ci spiega che cosa sarebbe successo con l’applicazione che era stata sviluppata dalla regione “Quando un utente scaricava l'app (o meglio, qualora avessi scaricato l'app, perché quella fvg non è mai entrata in funzione), fornisce nome, cognome, codice fiscale e azienda sanitaria di riferimento. Quando entra a contatto con un positivo, il dipartimento di prevenzione chiama l’utente e successivamente ricostruisce la catena di contatti

Il Friuli Venezia Giulia non vuole Immuni perché il fatto che fornisca ai soli cittadini la notifica di un possibile contatto e che siano poi i cittadini a dover chiamare, su base volontaria il medico, sarebbe poco utile ai fini della battaglia alla diffusione del virus. L’applicazione pensata dalla Regione, come specificato da Damiani, prevedeva infatti la cessione (volontaria) di dati personali come il nome, il cognome e il codice fiscale e grazie ai dati e alla elaborazione dei dati su server era la Regione che sapeva chi era stato a contatto con un positivo e poteva intervenire in modalità diretta. Il Friuli avrebbe voluto un approccio più centralizzato, e non anonimo.

Usare Immuni, secondo Fedriga, ”vuol dire passare da una gestione affidata ai Servizi sanitari ad un'azione diretta e priva del supporto di professionisti dei cittadini, che devono essere loro a contattare il medico di base. Una soluzione poco avveduta che rischia, nel caso in cui il cittadino decidesse di non rivolgersi al medico curante, di vanificare l'efficacia dell’app”.

Dietro la scelta della Regione non ci sono motivazioni legate alla privacy e alla tutela dei dati, anzi. Il rifiuto del Friuli Venezia Giulia è legato proprio al fatto che l’approccio decentralizzato di Immuni non permette alla Regione e alla Sanità Regionale di avere un controllo totale su quello che sta succedendo, lasciando nelle mani dei cittadini la scelta se segnalare o meno il contatto.