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📷 (Crediti foto Pixabay)

Così il coronavirus sta cambiando (per sempre?) la vita degli influencer

L'impatto dell'emergenza sull'influencer marketing. Tra fatturato in calo fino al 70% nei mesi di marzo ed aprile e nuovi linguaggi di storytelling meno patinati e più autentici. Fermo il travel, cauta ripartenza a maggio per beauty e fashion, ma crolla il lusso. E la comunicazione estiva comincia "in ritardo". Ce ne parla Emanuel Bonfiglio, COO di Ida

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Partiamo da due concetti. Il brusco ritorno all'essenziale (con conseguente riduzione dei vizi in tempi di austerità economica) e il crollo del mercato pubblicitario. Sommando gli addendi, chi rischia di rimetterci durante l'emergenza coronavirus sembrano essere proprio i Re Mida di ieri, ovvero gli influencer. Perché Fashion e Beauty sono gli ambiti di maggior investimento dell’influencer marketing e perché, stando a recenti indagini, il 69% delle aziende avrebbe deciso di ridurre la spesa pubblicitaria nel 2020, esponendo così il settore alla sua prima crisi (e, secondo i più drastici, ad una vera e propria scomparsa). Eppure, proprio nel momento in cui gli investitori latitano, il traffico in Rete - complici le misure di distanziamento - è aumentato e il valore sociale delle webstar si è impennato. Quale futuro, dunque, per Chiara Ferragni e discepoli? "La verità sta nel mezzo", ci spiega Emanuel Bonfiglio, COO di Ida, agenzia vertical sull'Influencer Marketing e parte del Gruppo HvM e che cura gli interessi di sette talenti, tra cui Ludovica Bizzaglia a Samuel Peron. "Questa situazione porterà il mercato ad una autoregolamentazione. Non a caso chi è riuscito a cambiare la propria comunicazione in questi mesi e ad adattarla alle circostanze ha avuto un incremento di visibilità e interazioni importanti".

E la metamorfosi è sotto gli occhi di tutti. Avevate mai visto, ad esempio, Ferragni sponsorizzare salumi? La risposta è no. Eppure l'imprenditrice digitale non ha mai passato così tanto tempo ai fornelli come nei mesi scorsi, mentre la sorella Valentina - blasonata testimonial di brand fashion e beauty - si dilettava a spazzare il pavimento di casa con uno dei panni per la pulizia più famosi del mercato. Risultato: 80milioni di interazioni. Si chiama conversione della produzione. Un cambiamento di linguaggi destinato a durare. Perché a marzo, mentre un virus microscopico ribaltava i macro sistemi economici, gli influencer si vedevano catapultati dal front row della Milano Fashion Week al perimetro del loro salotto, trovandosi di fronte ad una sfida darwiniana: adattarsi. "Quelli rimasti attivi - dice Bonfiglio - hanno contestualizzato le attività all'attualità, creando uno storytelling preciso: meno patinato e più reale. Il risultato è stato un aumento delle reach, dal 5% al 10%, con picchi al 20% per i macro influencer". Un cambiamento intenzionato a rianimare il nuovo quadro economico. Mentre le views aumentavano, infatti, le campagne pubblicitarie si fermavano. "Nei mesi di marzo e aprile le aziende del settore hanno registrato una perdita di fatturato che si è attestata in media tra il 60% e il 70% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno". E, per tradurre in numeri la portata del fenomeno, ci basterà sapere che nel 2019 l'industria dell'influencer marketing ha valso circa 6,5 miliardi di dollari.

"Il cambiamento di linguaggi è stato epocale", fa eco Lucia Copparoni, Account Manager & Digital Strategist di Ida, "A mutare è stato soprattutto il ruolo dell'influencer nel panorama media, perché si è spostato su un taglio molto più educational". E tali proporzioni lasciano intendere ripercussioni future. Se è vero infatti che le emergenze accelerano i processi storici, la pandemia non ha fatto altro che rimarcare uno dei trend previsti dall'influencer marketing per l'anno in corso: abbandonare l'affollamento tossico di adv sui profili per scoprire una nuova autenticità. L'empatia è alla base del meccanismo. "Da oggi e nei prossimi mesi potremmo trovarci di fronte ad una comunicazione più vicina alla solidarietà", specifica ancora Bonfiglio.

Tra lockdown e Fase 2: male travel e lusso, boom food, cauta ripartenza per beauty e fashion

Ma quali sono stati i settori che hanno risentito maggiormente della crisi? Non certo il food. In un Paese che si è scoperto popolato di talentuosi fornai (chi di noi non ha impastato il proprio pane fatto in casa in tempi di quarantena?), i foodblogger hanno rappresentato l'ingrediente giusto per insaporire le giornate degli italiani costretti a stare in casa. Basti pensare che la cuoca Benedetta Rossi, 2.9 mln di followers, nel mese di aprile ha collezionato 8 milioni di interazioni. "Il settore si è salvato, anche perché spesso i food blogger hanno il set in casa", precisa Bonfiglio. "Un altro ramo che ha avuto grande crescita è stato quello legato al fitness, per via delle chiusure delle palestre". In lockdwon totale, inutile dirlo, il travel. Grosso impatto negativo anche per fashion, beauty e lifestyle: "Nonostante molti influencer abbiano stretto collaborazioni e raccontato la loro beauty routine, a pesare è stata la chiusura degli store. Gli investimenti sono stati congelati perché, soprattutto nel primo mese di lockdown, c'è stata una paura totale di investire e si è rimasti in attesa di capire che cosa stesse succedendo".

La Fase 2, cominciata con formula piena il 18 maggio, sembra regalare qualche certezza in più. Ma in un mondo come quello della pubblicità, che gioca d'anticipo con il suo battage, l'estate è già parzialmente pregiudicata. "C'è una cauta ripartenza. A maggio una grossa fetta di brand ha scongelato i vecchi progetti e sta anche iniziando a farne di nuovi. Ma è comunque una situazione anomala: la stagione estiva di solito si comunica ad aprile, mentre stavolta la comunicazione avverrà a giugno per giugno, a luglio per luglio ecc. Molti investitori, invece, hanno spostato gli investimenti direttamente a settembre". A respirare un po' "sono i settori fashion e beauty". Mentre per il travel "ogni previsione sarebbe prematura: qualcosa si sta muovendo ma solo lo sblocco dei voli del 3 giugno ci permetterà di avere un quadro della situazione su eventuali campagne con hotellerie, trasporti, ristoranti". Qualunque sarà la situazione, risulta difficile immaginare che anche quest'anno gli influencer sguazzeranno ad ampie bracciate in lussuose piscine di costosi resort oltreoceano. Per motivi logistici e di ragionevolezza.

Viene infatti da ipotizzare che, di fronte ad un periodo di forzata sobrietà economica, i brand di lusso faranno più fatica a riprendersi. A meno che, anche stavolta, il marketing aspirazionale non riuscirà ad andare oltre la concretezza. "Al momento nessun brand di lusso sembra intenzionato a fare investimenti prima di settembre", conferma Bonfiglio, "I danni sono stati ingenti, non solo per la chiusura dei negozi, ma anche perché l''Italia patria dello shopping' si trova alle prese col turismo bloccato dalla Cina e dal mondo arabo. L'e-commerce fa il suo, ma non può risolvere tutto. Penso a grandi player che hanno negozi nel centro di Milano e che hanno l'80 per cento di fatturato legato ai turisti".

Fenomeno Tik Tok e lo zoccolo duro dei teen

Ma oltre al 'fine', che è la comunicazione, c'è da prendere in considerazione anche il 'mezzo' dell'influencer marketing, che sono i social. Impossibile in tal senso non citare TikTok, che proprio durante il lockdown ha raggiunto i 2 miliardi di download nel mondo, complice proprio la noia da quarantena. Già lo scorso anno le previsioni parlavano di un incremento di utenti per l'app cinese e, anche in questo caso, la pandemia ha esercitato il suo potere d'accelerazione. Resta da vedere se l'ampliamento di target resisterà anche nei prossimi mesi. "Al momento le campagne di maggior successo funzionano su Instagram, spesso su YouTube, qualche volta con i blog, poco con Facebook. Siamo stati tra le prime agenzie ad utilizzare TikTok nel 2018, quando si chiamava ancora Musical.ly, ma ad oggi continua ad avere un pubblico teen e legato all'infanzia. Per ora resta patria dei brand intenzionati a coltivare i 'clienti di domani'".

E sono stati proprio loro, i clienti di domani, a confermarsi anche stavolta una solida certezza della pubblicità. Un vero e proprio zoccolo duro. "Per tradizione i profili teen sono più avvezzi ad essere colpiti da un messaggio pubblicitario. Se un adolescente vede un paio di scarpe da ginnastica ai piedi di un influencer, correrà dalla madre a chiederle di comprarle, più di quanto la madre stessa non abbia voglia di comprare le sue". Anche in pandemia. Perché in fondo «La pubblicità non è una scienza. È persuasione. E la persuasione è un'arte», insegnava Bill Bernbach.