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Marcello Rossetto, una vita per Chiavazza e la “sua” Chiavazzese

Punto esclamativo: la rubrica di Corrado Neggia

BIELLA – Nei mesi scorsi lo sport biellese ha pianto la scomparsa di due tra i suoi figli più illuminati: Enzo Albertini e Marcello Rossetto.
Martedì, al primo Consiglio comunale utile, ho avuto l’onore di accomunarne il ricordo. Se il profilo di Albertini, emblema della Biellese, è già stato proposto su queste colonne, ci pregiamo ora di soffermarci sulla figura e sull’esempio di Marcello Rossetto, al quale mi lega peraltro un filo a doppia mandata: lo sport e la comune vita di quartiere a Chiavazza, dove creò quasi dal nulla una bottega punto di riferimento per ogni famiglia. Me lo ricordo, io bambino, ad armeggiare sui tetti, tra un’antenna e l’altra; me lo ricordo alla vigilia dell’Olimpiade di Los Angeles impegnato a casa mia ad associare la tivù a una sorta di parabola per rendere visibili i Giochi, altrimenti coperti dalle interferenze dei deboli ripetitori. Era una lotta contro il tempo, arrivò nel tardo pomeriggio e grazie al suo intervento non mi persi neppure un’ora di quelle Olimpiadi notturne, visti i fusi orari di differenza.
Erano gli anni che correvo dietro a un pallone, iniziai nel Nagc della Biellese e poi da ragazzino misi la maglia cremisi dei Red Devils di Chiavazza. Posso affermare, orgoglioso, di aver contribuito nel mio piccolo alle sorti del club, potendo mettere sulla bilancia il trittico giocatore-dirigente-allenatore. Sono anche diventato Istruttore federale del CONI e mi sento di dire un doveroso grazie a Marcello, perché se nel 1975 non ci fosse stato lui, assieme ad altri amici, il progetto Polisportiva Chiavazzese non avrebbe visto la luce del sole e non sarebbe ora un esempio sportivo di Piemonte e Valle d’Aosta. Era orgoglioso e innamorato della sua Chiavazzese e, quando due anni fa i suoi ragazzi vinsero la Coppa Piemonte, poteva candidarsi ad essere l’uomo più felice della terra.
Giunto a Chiavazza nel 1961 con l’adorata moglie Lidia Manera, abbandonò presto il sogno di una carriera calcistica tra i professionisti. Ebbe il tempo di assaporare la serie B, poi un infortunio lo mise spalle al muro. Marcello Rossetto fu attivissimo in più settori: allenatore e consigliere nazionale Figc, imprenditore, membro del Comitato di Quartiere e soprattutto consigliere della Casa di Riposo Oasi, altro fiore all’occhiello della sua Chiavazza. L’amore più grande lo riversava alla famiglia, quando parlava dei figli Luca (attuale presidente della Biellese), Mariangela ed Enrico, e dei nipoti, gli si illuminavano gli occhi. Aveva un carattere scattante, come il fisico, a volte poteva sembrare un pizzico burbero, amava il confronto e le sfide, ma era una persona buona e devota.
Lo ricordo sabato 19 gennaio al PalaPajetta, durante il triangolare benefico di calcio a 5 con la Nazionale Artisti TV, la Biellese Vecchie Glorie e una selezione di sponsor. Ci siamo salutati come vecchi amici, lui era in tribuna. Vederlo in tribuna mi fece un effetto strano… prima di allora l’avevo sempre visto a bordo campo, soprattutto su e giù con il naso incollato alla recinzione del campo ferrovia, del nostro campo, del campo di migliaia di ragazzi che hanno vestito il cremisi, nella sua Chiavazza, ad assistere alle partite in casa dei suoi Campioni. Adesso lo immagino impaziente ad assistere dall’alto dei Cieli, su e giù tra una nuvola e l’altra, alla prima partita della Chiavazzese sul campo nuovo.
A parlare di calcio con l’amico Luigino Prato
Enzo Albertini e Marcello Rossetto… li immagino ora sulla nuvola più rettangolare del cielo a parlare del loro calcio con un terzo amico, che identifica in un colpo solo il valore dello sport in simbiosi tra Biellese e Chiavazzese: Luigino Prato, dirigente bianconero nei professionisti, chiavazzese doc e indimenticato Consigliere comunale nonché vice presidente del Consiglio a Palazzo Oropa.

Corrado Neggia

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