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(ansa)

la Repubblica

Fake news, Bolsonaro nel mirino. Nella notte blitz in varie città brasiliane ordinato dal Tribunale supremo federale

Perquisizioni nelle case e negli uffici di 29 fedelissimi del presidente: sono blogger e politici del cosiddetto "Ufficio dell'odio", la struttura di propaganda gestita dal figlio Carlos. L'accusa: aver diffuso notizie false. Iniziativa slegata da un'inchiesta simile del Procuratore generale Aras che si è detto "stupito"

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Bolsonaro come Trump. E' nota la stima, al limite dell'adulazione, che il presidente brasiliano prova nei confronti del capo della Casa Bianca. Così, forse come segno del destino che accomuna i due esponenti del sovranismo e della destra planetaria, anche il premier brasiliano si scaglia in queste ore contro chi si oppone alla lunga sequela di fake news che hanno scandito la sua campagna elettorale chee prosegue dal 2018. Con una differenza: Donald Trump ingaggia un braccio di ferro con Twitter e gli altri social che lo hanno censurato per alcuni falsi che ha postato; il capo di Planalto se la prende con il Tribunale supremo federale che ha disposto una serie di perquisizioni negli uffici e nelle case di 29 suoi fedelissimi, tra cui esponenti politici, noti blogger e attivi sostenitori per aver messo in rete, condiviso e rilanciato notizie false. 
Nel mirino c'è l'"Ufficio dell'odio" come è chiamata la sua macchina della comunicazione messa in piedi e gestita dal figlio Carlos. Il blitz che si è svolto contemporaneamente in numerose città del Brasile è stato disposto dal consigliere del Supremo Alexandre de Moraes. Una scelta autonoma, slegata dall'altra inchiesta, sempre sulla macchina delle fake news, avviata dal Procuratore generale Augusto Aras che ha stigmatizzato l'iniziativa dicendosi "stupito dalle notizie riportate dai principali media sulle dozzine di perquisizioni, sequestri e altre misure a carico di 29 persone".

Una presa di distanza che è stata vista come un sostegno al presidente Bolsonaro in un cambio continuo di fronti e di equilibri nella battaglia in corso tra Esecutivo e Giudiziario. Il procuratore Aras ha precisato che il suo disappunto nasceva dal fatto che non era stato informato e "dal rischio che questo nuovo filone di indagini si sovrapponga a quello già formalizzato in un'altra inchiesta autorizzata dal Tribunale Supremo e aperta dalla Procura generale".

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Il caos di iniziative e di competenze ha offerto lo spunto a Bolsonaro per attaccare l'organo più importante delle istituzioni brasiliane sostenendo che le indagini sulle diffusione di notizie false sono "incostituzionali" perché "non hanno alcuna base giuridica". Lasciando il suo ufficio al Palazzo de Alvorada, il leader brasiliano ha definito il giorno del blitz come "il più nero" degli ultimi tempi. "Abbiamo raggiunto il limite. Ma io ho le armi della democrazia e le userò". 
La controffensiva di Bolsonaro punta a creare una cortina di fumo attorno a una macchina informativa che ha sicuramente alterato la campagna elettorale con falsi e fotomontaggi ma che gli ha garantito un successo che lui stesso considerava impossibile. Affossare questa inchiesta consente di delegittimare l'attività del Supremo e mettere al riparo lui stesso, oltre ai tre figli, dalla altre inchieste su altri spinosi capitoli che potrebbero aprire la strada alle 30 richieste di impeachment depositate al Congresso.