"Attenti all'election day anticipato. I cittadini sono stanchi e i candidati uscenti troppo favoriti"

L'esperto di comunicazione Giovanni Diamanti, in libreria in questi giorni con ‘I segreti dell’urna’ parla all'HuffPost dei rischi della campagna elettorale di Ferragosto

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“Normale che il partito dei governatori uscenti spinga per il voto prima possibile”. Per Giovanni Diamanti, socio cofondatore di Quorum e Youtrend, in libreria in questi giorni con ‘I segreti dell’urna’ (Utet). Durante una crisi come quella del Covid, “i cittadini sono portati a riunirsi attorno alla bandiera, alle istituzioni”. Ma occhio alle campagne elettorali estive.

Diamanti, a proposito di “storie, strategie e passi falsi delle campagne elettorali”, si va verso l’election day di amministrative e referendum a settembre.

Sì, pare di sì, ma intendiamoci, una cosa sarebbe votare il 6, come proposto da alcuni, altra il 20 o il 27 settembre, che mi sembrano già date più sensate.
Votare il 6 settembre significa che la campagna elettorale finirebbe il 4, che il grosso verrebbe fatto a Ferragosto. Sarebbe una campagna non seguita dai cittadini che francamente non possiamo obbligare a occuparsi di politica anche d’estate.
E un voto con poca campagna elettorale è un voto poco informato in cui prevalgono per forza di cose i candidati più noti e più forti, e in cui non si dà ai candidati minori la possibilità di farsi conoscere.

E infatti sono i governatori uscenti a spingere per un voto estivo.

Non è un caso. E’ l’effetto del ‘riunirsi attorno alla bandiera’. Verosimilmente governatori e sindaci uscenti saranno favoriti da questa crisi.

Sarebbe la seconda estate iper politica dopo la crisi del Papeete dell’anno scorso. Arriviamo alle vacanze – chi le potrà fare - frastornati dal Covid. Non si corre un un rischio stanchezza?

Io non parlerei di rischio ma di certezza, la gente evidentemente non ne può più di voti a ripetizione. Quest’anno abbiamo già votato per le Regionali in Emilia Romagna, ci sono state le suppletive. L’anno scorso diverse regionali. A me pare già di vedere l’affluenza più bassa di anni fa.

Il Covid è di fatto una campagna elettorale permanente?

Tutto ormai lo è. Anche il Covid che è stato sfruttato dai partiti.
Ma è una campagna permanente deformata, perché hai un’opinione pubblica che è naturalmente portata a stringersi attorno alle istituzioni e quindi con le opposizioni più in difficoltà, in Italia e altrove. In questo caso il consenso per le istituzioni promuove sia il premier che i governatori. Ed è uno dei motivi per cui chi ha fatto opposizione più efficace sono stati i presidenti di regione, più che Salvini e Meloni.

Il Covid ha fatto esplodere quello che voi esperti chiamate il framing?

Certo, ma il framing lo vediamo ogni giorno.
Framing vuol dire scegliere e imporre il campo di battaglia, se vogliamo usare paralleli strategici. Buona parte delle sfide elettorali è su questo, su quale campo imporre ai media e all’opinione pubblica. ‘Solo un pazzo poteva sfidare gli inglesi in mare’, si diceva, per la forza della Royal Navy. In questi giorni di recovery fund, per esempio, il framing è favorevole all’Europa, non a caso Salvini ha scelto di attaccare sbarchi e migranti, cercando di riportare il dibattito pubblico su un tema a lui più conveniente. Non ci ha provato neanche a parlare di Europa.

Toti, Zaia, Bonaccini e De Luca sono i vincenti di questo periodo.

Ma anche Michele Emiliano. E’ il partito dei governatori. Alleanza trasversale, immagino temporanea, inedita ma efficace.

Chi sono gli sconfitti in termini di consenso?

Chi all’inizio sembrava andare alla grande e invece ne è uscito malissimo. Penso a Fontana che aveva sondaggi elevatissimi nelle prime settimane, un’autorevolezza enorme, e adesso è considerato quasi simbolo di malgoverno.
Il suo assessore alla sanità Gallera che godeva di visibilità enorme, e in piena emergenza è arrivato persino ad accarezzare la possibilità di candidarsi sindaco a Milano, oggi non dico sia deriso, ma è criticato apertamente da politica e media.
E’ una conseguenza della cosiddetta fast politics, iper esposizione mediatica che ci porta a quella che chiamo ‘sindrome di Icaro’, ci si avvicina troppo e velocemente al sole e ci si brucia in fretta.

Beh, è una sindrome diffusa negli ultimi anni, ormai il leader vincente va e viene, come il tormentone dell’estate.

Sì, ce ne sono stati diversi. Pensi al Renzi del 40 per cento o a Salvini che solo un anno e mezzo fa aveva indice di fiducia doppi degli attuali. Un altro caso è stato Di Maio.

Invece Conte sembra vincere senza neanche dover combattere.

Però ha un consenso molto istituzionale, poco polarizzante, difficilmente traducibile in voti, è fiducia diffusa, ma tiepida. Se non polarizzi fatichi a mobilitare. È consenso trasversale di persone che dicono ‘non è ideologico, è concreto, buon premier’, ma non è uno che scalda.

Neanche Prodi scaldava.

Sì ma erano altri tempi. Prodi arriva sempre dopo Berlusconi. Arriva a normalizzare dopo periodi di iper polarizzazione. Nel 2006 il suo slogan era ‘La serietà al governo’ dopo stagione di polarizzazione, gaffe, di insulti, lui arriva a rasserenare e tranquillizzare. Anche nel 1996 lo slogan dell’Ulivo era ‘Un’Italia serena e forte”.
Poi era leader di una coalizione non di un partito e, appunto, erano tempi un po’ diversi. Oggi assistiamo a una frammentazione importante e a una radicalizzazione dei toni. Se vuoi emergere devi un po’ radicalizzarti anche tu, a meno che non godi di un vantaggio competitivo importante, come per esempio da presidente del consiglio.

Tornando alla politica ai tempi del Covid, i virologi sono i nuovi spin doctor?

Abbiamo visto addirittura i sondaggi sui virologi. Indubbiamente è la nuova star dei media italiani. Lo ritengo normale. Dopo crisi economiche abbiamo visto scendere in campo economisti, dopo crisi militari i generali, dopo le giudiziarie i magistrati… chissà che non sia arrivato il momento dei virologi.

Più da protagonisti che da spin doctor. Anche se spero che continuino invece a fare bene il loro lavoro.

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Agf
Voto ai tempi del Covid