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Ottavia Marini e Giangilberto Monti

“Sembra di rivivere il Dopoguerra, ci salveranno la cultura e la poesia”

In pieno lockdown il cantautore Giangilberto Monti ha registrato il nuovo singolo “Maison Milano” con la pianista bresciana Ottavia Marini. Primo tassello di un nuovo album di inediti

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Cantautore, attore, traduttore, ricercatore musicale: tutto questo è Giangilberto Monti, milanese, multiforme artista che dagli anni Settanta è stato autore in proprio e per altri (anche per Mia Martini), attore con Dario Fo e Franca Rame, protagonista della stagione d’oro del cabaret milanese, a partire dagli anni da autore allo Zelig. Fino al grande amore per la canzone francese, costante riferimento artistico, iniziato alla metà degli anni Novanta con il progetto dedicato alle canzoni di Boris Vian.

E c’è di mezzo ancora la Francia «quando a metà febbraio - racconta Monti - prima dell’ultima replica dello spettacolo “Maledetti francesi” (che è anche un libro omonimo e un disco con il meglio della canzone d’oltralpe, da Léo Ferré a Brassens passando per Gainsbourg, ndr) è venuta fuori una nuova melodia». Melodia poi diventata “Maison Milano”, nuovo singolo pubblicato dal cantautore pochi giorni fa: «Canzone nata in veste acustica, chitarra e voce - racconta Monti -. Che è piaciuta ai miei collaboratori. Il loro entusiasmo, e l’entusiasmo delle tante visualizzazioni ricevute sulla mia pagina Facebook, mi ha spinto a registrare una versione ufficiale del brano».

Un brano composto in periodo di isolamento forzato ma nato appena prima dell’emergenza sanitaria: «Mi rivolgo a Milano come alla casa in cui tornare sempre, visto che da tempo mi divido anche tra Torino, Brescia e gli impegni in Svizzera. Ed è bello che “Maison Milano”, nata in un modo così particolare, costituisca il primo tassello di un nuovo album di inediti (previsto per l’inizio del 2021, ndr) interamente dedicato alla mia città. E al recupero della canzone d’autore milanese».

Accanto a Monti, la pianista bresciana Ottavia Marini, «con cui è nata un’intesa immediata. Ottavia è una pianista di formazione classica dotata pure di una voce non comune, una voce antica e non discografica».

In questo periodo di immobilismo Giangilberto Monti non è rimasto fermo. «Negli ultimi mesi - ammette - ho scritto tanto. Sono riuscito a portare avanti alcuni progetti che da tempo aspettavano di essere terminati: oltre al nuovo disco, un altro libro sul mondo musicale francese e un romanzo, a tratti ispirato ad alcuni momenti di vita di mio nonno. Ma il fatto che sia riuscito a lavorare non significa che io non abbia avuto problemi: è saltato tutto, compresa una serata al Castello di Brescia nella quale avrei riproposto il mio spettacolo dedicato alle canzoni di Dario Fo».

Duro per tutti il periodo appena passato ma ancora da decifrare cosa c’è in arrivo: «È difficile immaginare, questo è davvero un Dopoguerra. Anche se la gente sembra non capire. Secondo me sarà tutto un po’ più chiaro in autunno, quando potrebbe esserci il problema dei tanti che non riusciranno ad arrivare alla fine del mese». Normale, in mezzo all’emergenza, pensare al ruolo dello spettacolo: «Gli artisti, come hanno sempre fatto, si inventeranno qualcosa».

Monti è fiducioso: «Succederà quello che è sempre successo: la poesia e la cultura ci salveranno. D’altronde durante la Seconda guerra mondiale, all’interno dei rifugi, il tempo passava grazie agli artisti pronti a declamare una poesia, a recitare un monologo, a cantare una canzone. Ma tornando al presente, vengono i brividi a leggere le misure restrittive previste per gli spettacoli teatrali. Sono preoccupato, specie per la sorte dei piccoli teatri».

A venire in soccorso è il passato da autore di cabaret: «La cosa più divertente che ho sentito in questi giorni è il possibile scenario che permetterebbe ai lombardi di potersi spostare solo in Molise e Umbria (il riferimento è all’ipotesi, ancora in fase di studio, di libertà di movimento solo tra regioni con lo stesso livello di rischio, ndr). Ecco - conclude Monti - perché ho smesso di scrivere per i comici: la realtà mi ha superato, comica com’è. In questo caso, tragicamente comica».