Tutti al mare? La doppia intervista Solinas-Toti
L'ultimo baluardo di lockdown. Le posizioni opposte del presidente della Liguria e di quello della Sardegna sulla possibile riapertura dei confini regionali il 3 giugno e sulle modalità per garantire la sicurezza sanitaria
by Lorenzo BorgaQuesta è “Divergenze Parallele”, la rubrica curata da Lorenzo Borga. Ogni settimana ospitiamo due opinioni opposte, ma informate, su un tema chiave per capire la quotidianità. Perché – fuori dal mondo dei talk show e dei social – sugli argomenti di scontro si possono confrontare ragioni diverse, legittime e immuni da bufale.
I limiti alla libertà di muoversi tra i confini regionali sono ormai l’ultimo baluardo del lockdown che ha bloccato l’Italia per due mesi. E la decisione di riaprire il 3 giugno ha alimentato un forte dibattito tra governatori. Anche della stessa area politica, come Giovanni Toti (presidente Regione Liguria) e Christian Solinas (presidente Regione Sardegna). Hanno risposto alle domande del Foglio, per la rubrica “Divergenze Parallele”, sulla possibile riapertura del 3 giugno e sulle modalità per garantire la sicurezza sanitaria. Con idee opposte.
Trova corretto il modello deciso dal governo di aprire le singole regioni il 3 giugno solo a determinate condizioni del rischio di contagio?
Solinas - Mi pare che in questi giorni stiano emergendo più le incertezze legate a questo modello che non la necessaria chiarezza. In linea di massima condivido una scelta di prudenza, ma ritengo che il tema centrale sia la circolazione virale e dunque la mobilità delle persone positive più che la chiusura di regioni intere. Infatti, il modello che ho proposto in Sardegna con la certificazione di negatività al virus alla partenza consente di valutare le condizioni soggettive senza penalizzare intere aree del Paese.
Toti - Il Governo fa le sue valutazioni e deciderà in base alla situazione sanitaria: il lockdown di marzo era necessario, ora è necessario ripartire e in qualche modo bisogna farlo. Mi auguro che pensi bene alle misure che prenderà per l'estate e sia soprattutto pronto a cambiarle in corsa, adattandosi a uno scenario che muta velocemente. Il trend in discesa del contagio è ormai ben delineato e, anche se nessuno sa cosa succederà di preciso, è ragionevole, anche a detta di molti esperti, confidare in un progressivo miglioramento per tutta la bella stagione. La chiusura delle singole regioni è molto problematica e deve essere decisa solo se davvero inevitabile.
È opportuno e fattibile richiedere delle patenti di immunità alle persone che vogliono entrare nelle regioni?
Solinas - Non abbiamo mai chiesto un’improbabile patente di immunità, ma un semplice test di negatività al virus, rapido ed economico. È per questo che chiediamo da settimane al Governo di chiarire quali test siano accreditati e di rendere l’accesso dei cittadini a tali strumenti diagnostici il più ampio ed immediato possibile, magari consentendone l’esecuzione nei laboratori, nelle farmacie o dal medico di famiglia. L’alternativa è nessun controllo, ma nel mondo questa strategia sta dimostrando che in breve tempo i paesi che la hanno adottata stanno nuovamente andando in lockdown. Meglio una cautela in più ora che dover tornare alle chiusure generalizzate. Il passaporto sanitario non è un’invenzione estemporanea della Sardegna ma una linea di tendenza internazionale con la quale prima o poi ci si dovrà misurare senza strumentalizzazioni inutili.
Toti - Non è opportuno e neanche fattibile. Non si capisce che tipo di sicurezza possa dare, quando non siamo ancora sicuri neanche della totale immunità di chi ha già contratto il virus. E poi, quale momento dovrebbe certificare? Per il risultato di tamponi o di test sierologici bisogna attendere giorni: e se mi infetto dopo mentre attendo il risultato? No, questa non è una soluzione e creerebbe una discriminazione sulla mobilità (diritto costituzionalmente garantito) su basi molto aleatorie e quindi discutibili. La soluzione è interiorizzare i comportamenti che aumentano la sicurezza e fare tanti controlli.
Cosa possiamo attenderci dalla stagione turistica estiva, anche tenendo conto delle limitazioni sugli spostamenti?
Solinas – La pandemia ha generato nel mondo un radicale cambiamento delle abitudini e della percezione del pericolo, introducendo nella popolazione un sentimento di paura e incertezza che influirà sulla propensione al viaggio ed alle vacanze. Si aggiunga che la crisi economica conseguente sta mettendo a dura prova importanti segmenti della società, che dovranno rinunciare alle vacanze per ragioni di budget. Tutto questo determinerà a livello globale una contrazione della domanda nel mercato turistico, che certamente si riverbererà sul nostro Paese e sulla Sardegna, il cui Pil è per l’8% direttamente generato dal turismo e per un ulteriore 6% dal suo indotto. Molti Stati sono ancora chiusi e, aldilà delle limitazioni agli spostamenti interni, ci saranno senza dubbio meno arrivi internazionali.
Toti - A quanto sento, le prenotazioni non stanno andando male: dopo la corsa alle cancellazioni dell'inizio di primavera ora il movimento è opposto, c'è voglia di vacanze e si intravede la possibilità concreta di farle. Un'Italia con i confini regionali chiusi non è compatibile con la stagione turistica estiva e la stagione turistica estiva non è un optional per la nostra economia, ma un pilastro senza il quale lavoratori e famiglie andrebbero in difficoltà. Ci attendiamo una stagione sicuramente anomala per numeri e provenienza dei turisti, ma non fallimentare né fiacca. E ci aspettiamo tanto buon senso, sia dai cittadini che si muovono, sia dagli amministratori che ne devono gestire i flussi: gli operatori economici hanno bisogno degli strumenti per garantire e tutelare la sicurezza dei turisti ma devono essere messi in condizione di lavorare, anche per permettere agli italiani di poter godere del giusto riposo dopo questi mesi così difficili; i turisti e i visitatori devono essere prudenti e non creare situazioni di rischio inutili. Possiamo divertirci senza dimenticarci mai della responsabilità che abbiamo verso noi stessi e verso gli altri.
L'Italia dopo la pandemia, anche per le polemiche di questi giorni, rischia di ripartire più divisa di prima?
Solinas - Credo che si debba coltivare il terreno del confronto e del rispetto reciproco in un’ottica di leale collaborazione. Temo che in alcuni frangenti ci siano dei rigurgiti di centralismo statale che non aiutano il buon governo di una realtà articolata e complessa come l’Italia. Le diversità, le peculiarità e le autonomie sono un valore inestimabile per il Paese e non rappresentano un motivo di divisione ma la sfida della ricerca di un equilibrio virtuoso tra istituzioni democratiche con pari dignità costituzionale nell’architettura della Repubblica.
Toti - Il rischio c'è, a giudicare da certe polemiche che ho visto sui social e che trovo davvero tristi. Dobbiamo ricordarci che il nemico è il virus, non sono le persone e neanche le regioni diverse da quella in cui abitiamo. Come possiamo pensare alla Liguria senza Piemonte o Lombardia? Siamo in un sistema territoriale complesso che vive delle interazioni e degli scambi tra regioni in ogni ambito, in ogni settore. Alimentare sentimenti di diffidenza e opposizione va contro la nostra storia nazionale. Dal punto di vista istituzionale posso dire che attraverso il lavoro in conferenza regioni di questi mesi così difficili è aumentata molto la collaborazione e la solidarietà, ben oltre gli schieramenti politici: abbiamo la consapevolezza di combattere tutti la stessa battaglia. Sono convinto che la solidarietà tra italiani tornerà presto, man mano che la situazione migliorerà.