Space Force è un'assurda satira politica che strappa poche risate

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Steve Carell e Greg Daniels tornano insieme al lavoro su una serie comica sette anni dopo The Office: a parte qualche raro momento spassoso e l'insistenza sullo sberleffo politico, la sitcom sembra più un'occasione sprecata

L’occasione era troppo ghiotta, in effetti: prendere una delle sparate più assurde del presidente Trump su Twitter, quella di fondare un braccio armato dedicato alla difesa e alla conquista dello spazio per portare gli americani “boots on the moon by 2024” (l’ha poi fondata davvero), e farne una specie di versione cosmonautica di The Office. È quello che fa Space Force, la nuova comedy dal 29 maggio su Netflix, che proprio da The Office mutua i due creatori, Greg Daniels (impegnato ultimamente anche con Utopia su Amazon) e Steve Carell. Sette anni dopo Michael Scott, Carell torna a interpretare un capo a dir poco sconclusionato, il generale quadristellato Mark Naird, messo a capo (non si capisce bene se per promozione o punizione) di questa nuova divisione dedicata a razzi spaziali, basi lunari e varie altre assurdità.

La piattaforma di streaming non ha badato a spese per questa produzione: i set sono estremamente realistici, il dispiegamento comparse è notevole, tutto è studiato nei dettagli per rendere al meglio l’ambiente delle basi militari ma anche del funzionamento burocratico di Washington. Anche il cast non si risparmia: appaiono in ordine (ma anche se in modo studiatamente fugace, per non impegnare troppo gli attori), la Lisa Kudrow di Friends, la Jane Lynch di Glee e persino il recentemente scomparso Fred Willard, nell’ancora più toccante ruolo del padre di Mark affetto da demenza senile. Più frequente è la presenza di John Malkovich che, dopo The New Pope, torna con un altro bizzarro personaggio, uno scienziato po’ alla Dottor Stranamore, che fa da contraltare pragmatico ma anche idealistico alle sparate spaccone del generale Naird.

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Fra scimmie nello spazio e fantomatiche battaglie a pallettoni, fra improbabili divise spaziali e sventurate missioni, la serie fa di tutto per essere brillante, ma finisce il più delle volte per sfiorare il nonsense. In effetti Space Force sembra più impegnata ad essere una satira politica a tutti i costi: ci sono i deliranti tweet del POTUS (President of The United States, mai nominato per nome) o le trovate di moda della FLOTUS (First Lady of the United States, che da quando è alla Casa Bianca fa “una vita miserabile“); ci sono donne membro del Congresso chiamate Anabela Ysidro-Campos e Nancy Pitosi e chiaramente modellate sulle vere Alexandria Ocasio-Cortez e Nancy Pelosi; c’è poi Tony Scarapiducci, responsabile della comunicazione ossessionato dai social che ricalca il povero Anthony Scaramucci, rimasto alla guida della comunicazione della Casa Bianca per soli 10 giorni nel luglio 2017. Ci sono poi le femministe vestite da Handmaid’s Tale e i terrapiattisti, e così via.

La satira di Space Force è estremamente puntuale, a volte persino fin troppo letterale, plateale, col rischio di non venire colta però da chi non segue attentamente la politica americana. E in effetti non si capisce cosa voglia essere, questa serie, a parte questo. Inanellando una serie di occasioni sprecate, si tratta in sostanza di una sitcom che fa ridere raramente, e soprattutto attorno a situazioni o personaggi laterali (gustosissima è Angela Ali, la pilota interpretata da Tawny Newsome  e abituata a dire sempre le cose come stanno, mentre sempre buffo è Don Lake nei panni dell’assistente incompetente di Naird). Ci sono anche dei momenti commoventi, soprattutto nel rapporto fra il protagonista e la figlia adolescente. Forse Space Force potrebbe migliorare sul lungo periodo, magari con una seconda stagione, per ora però sembra più che altro un lancio abortito.