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Londra pronta a dare la cittadinanza a 300.000 residenti di Hong Kong

E' la risposta alla decisione di Pechino di dare il via libera al progetto di legge sulla sicurezza nazionale. Protesta formale della Cina

Il Regno Unito è pronto a dare la cittadinanza a oltre 300.000 residenti di Hong Kong in risposta alla decisione di Pechino di dare il via libera al progetto di legge sulla sicurezza nell'ex colonia britannica.

Il ministro degli Esteri britannico, Dominic Raab, si è infatti impegnato a rafforzare i diritti e a facilitare la richiesta di cittadinanza di quanti sono in possesso di un passaporto britannico d'oltremare (BNO), rilasciato ai nati prima del 1997, anno in cui Hong Kong tornò sotto sovranità cinese con la formula "un solo Paese, due sistemi".

Sono circa 315.000 i possessori di passaporto BNO, che oggi hanno diritto all'assistenza consolare, ma non sono cittadini britannici e possono visitare il Regno Unito per massimo sei mesi. Raab ha annunciato che questo periodo sarà portato a 12 mesi e "segnerà il cammino per una futura cittadinanza". Funzionari del governo di Londra hanno sottolineato, secondo il Financial Times, che si tratta della "cosa giusta da fare". 

"Se la Cina continua su questa strada e attua questa legge sulla sicurezza nazionale, lo faremo - ha ammonito ieri Raab -  consentiremo ai titolari di passaporto BNO di venire nel Regno Unito e di fare domanda per lavorare e studiare per periodi di 12 mesi e questo andrà a costituire un percorso per la futura cittadinanza".

Ieri, Regno Unito, Stati Uniti, Australia e Canada hanno diffuso un comunicato congiunto di condanna dell'iniziativa di Pechino che, se approvata, "costituirebbe una chiara violazione del principio 'un solo Paese, due sistemi' che garantisce l'autonomia" del territorio.

La lettera aperta di Carrie Lam ai cittadini: "Sostenete la legge sulla sicurezza nazionale"
Con una lettera aperta ai  "concittadini" di Hong Kong, la governatrice Carrie Lam chiede alla  popolazione di comprendere e "sostenere" la legge sulla "sicurezza  nazionale" che ha riacceso la protesta nell'ex colonia britannica,  dove - afferma - "prosperità e stabilità sono a rischio". Nelle prime  righe, Carrie Lam insiste sulla necessità di unione per "perseguire i  nostri sogni mettendo da parte le nostre divergenze", sul principio  'un Paese, due sistemi' e su come "nell'ultimo anno la comunità di  Hong Kong sia stata traumatizzata". C'è stata, dice nel testo diffuso  sul sito web del governo, "un'escalation di violenza da parte dei  rivoltosi, con armi da fuoco illegali ed esplosivi che rappresentano  una minaccia" e "le forze esterne hanno intensificato le loro  interferenze nelle questioni interne di Hong Kong".

La governatrice denuncia le "forze di opposizione e le organizzazioni  che lanciano appelli all' "indipendenza di Hong Kong" e all' "autodeterminazione", considerati una "palese sfida" nei confronti  delle "autorità centrali e della regione amministrativa speciale di  Hong Kong". Tutto - secondo Carrie Lam - in un contesto in cui  "l'attuale sistema normativo e i meccanismi di attuazione" a difesa  della "sicurezza nazionale sono inadeguati". In questo momento,  afferma, per le autorità di Hong Kong è "difficile" definire una  normativa, per cui la legge messa a punto a Pechino è "sia una  necessità che un'urgenza".

Cina contro Usa, Gb, Canada e Australia
La Cina ha presentato "proteste formali" contro Usa, Gran Bretagna, Canada e Australia per la nota congiunta di condanna. "Queste nazioni non hanno titolo o basi legali per citarela Dichiarazione sino-britannica", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian. La nota ha lamentato la violazione "diretta degli obblighi internazionali" cinesi secondo la dichiarazione firmata prima della restituzione di Hong Kong e "registrata dall'Onu".