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Fincantieri

Caporalato al porto: operai costretti a pagare il pizzo, fatture false per 15 milioni di euro

LA MAXI INDAGINE della Guardia di Finanza nella catena dei subappalti del cantiere navale di Ancona. Coinvolte 16 società, 19 le persone denunciate, tra cui 6 presunti 'caporali'. Tra le accuse, sfruttamento del lavoro, truffa aggravata e frode fiscale -VIDEO

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Operai sottopagati, costretti a tagliarsi lo stipendio per pagare il ‘pizzo’ al boss e a vivere in alloggi fatiscenti. In più, fatture false per 15 milioni di euro e buste paga fittizie.

Sono queste le risultanze investigative emerse dalla mega operazione condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza. L’indagine, denominata ‘Global Pay’, ha portato le fiamme gialle a scandagliare il settore dei subappalti legato alla Fincantieri di Ancona. Diciannove le persone denunciate, 16 le società coinvolte, 3 gli imprenditori a cui complessivamente sono stati sequestrati per equivalente 350mila euro. Tra i reati contestati a vario titolo, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, truffa aggravata ai danni dell’Inps, frode fiscale mediante utilizzo di false fatture e indebita compensazione dei tributi e omessa vigilanza sanitaria dei dipendenti. Le società monitorate dai militari – gestite sia da cittadini italiani che bengalesi – hanno sede legale nelle Marche, Campania, Puglia, Basilicata, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Alle loro dipendenze, complessivamente, ci sono 416 operai che lavorano in vari cantieri italiani.  Di questi, 146 impiegati sono stati impiegati alla Fincantieri di Ancona, società risultata completamente estranea ai fatti contestati. Anzi, risulta essere tra le parti offese. La complessa attività investigativa, svolta dalle fiamme gialle in collaborazione con il locale Ispettorato del Lavoro, si è protratta per più di un anno e ha visto l’esecuzione, tra l’altro, di numerose perquisizioni, acquisizioni documentali, accertamenti bancari, patrimoniali e attività tecniche. Stando a quanto rilevato, l’obiettivo delle società subappaltatrici coinvolte (che non sono collegate tra loro e che agivano separatamente)  era quello di realizzare plurimi illeciti contributivi e fiscali, a danno sia dei loro dipendenti che dello Stato. Il tutto, secondo la procura, per abbattere artificiosamente il reale costo del lavoro, in modo da poter offrire prezzi ribassati e fuori mercato alla società che gestisce il cantiere per ottenere l’aggiudicazione degli appalti, creando così anche un danno alle imprese che agivano nel rispetto delle regole di mercato.

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I soldi sequestrati al bengalese

Le indagini dei finanzieri hanno consentito di rilevare in alcuni casi l’imposizione, da parte del caporale ai lavoratori di restituire in contanti parte della retribuzione come fosse un vero e proprio ‘pizzo’. In particolare, nell’ambito di una perquisizione domiciliare a Marghera (Ve) avvenuta nei confronti di un imprenditore bengalese, sono stati rinvenuti e sequestrati oltre 40mila euro in contanti, alcuni contenuti in buste con la scritta: “da parte del lavoratore per il boss”.  Nello stesso ambito, sono state analizzate decine di operazioni sospette ai fini valutari, costituite da spedizioni di denaro all’estero, prevalentemente in Bangladesh, mediante servizi di money transfer effettuate da parte di soggetti alle dipendenze dello stesso imprenditore. Inoltre, in alcune circostanze si sarebbe approfittato dello stato di bisogno dei lavoratori, in particolare di quelli bengalesi, alcuni dei quali alloggiati in condizioni di forte degrado abitativo, costretti a lavorare in una situazione economica svantaggiosa pur di ottenere il contratto di lavoro indispensabile per il rinnovo del permesso di soggiorno. Stando agli accertamenti, inoltre, agli operai sarebbe stata corrisposta una ‘paga globale’, ovvero uno stipendio  imposto arbitrariamente dal datore di lavoro al di fuori dei limiti previsti dai contratti collettivi nazionali. Una paga, per l’accusa, priva di tutte le indennità accessorie della retribuzione, quali il pagamento delle assenze per malattia, delle ferie, della tredicesima e del trf. Le fiamme gialle hanno anche ricostruito l’impiego di decine di dipendenti in orario notturno continuativamente per alcuni mesi, senza la corresponsione di alcuna delle indennità integrative previste dalla legge. In particolare, una società con sede in provincia di Taranto – questa la contestazione – ha impiegato per oltre quattro anni numerosi operai in attività notturne di molatura degli scafi navali senza corrispondere alcuna indennità, conseguendo un indebito risparmio per oltre 160mila euro.

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Gli alloggi degli operai

Capitolo fiscale: gli investigatori hanno ricostruito l’emissione di false fatture emesse per circa 15 milioni di euro da parte di cinque ‘società cartiere’ appositamente costituite al fine di compensare illecitamente i dovuti contributi previdenziali con l’imposta sul valore aggiunto a credito, in realtà’ non spettante, per complessivi 3.300.000 euro e allo scopo di abbattere il reddito da tassare.  Tale stratagemma sarebbe stato adottato da un gruppo di imprenditori di origine campana, che per l’accusa, hanno costituito una rete di società fittizie, intestate a vari ‘prestanome’, tra cui figuravano anche alcuni operai dipendenti extracomunitari, costretti ad accettare la carica di amministratore pena il licenziamento. Un altro modus operandi era costituito dall’adozione di artifici contabili volti ad abbassare illecitamente l’importo delle buste paga e quindi il correlato carico fiscale e previdenziale. Tra le condotte contestate, il sistematico sotto-inquadramento dei lavoratori, con la conseguente corresponsione della paga sindacale minima; la produzione di false lettere di contestazione per assenze ingiustificate in realtà mai avvenute, redatte per giustificare ulteriori indebite decurtazioni dalle buste paga dei lavoratori; la corresponsione di emolumenti sotto forma di rimborsi per trasferte, in realtà non effettuate, in quanto non imponibili ai fini contributivi, con conseguente frode aggravata ai danni dell’Inps per 390mila euro. Sono state anche contestate violazioni alla normativa in materia di sanità sui luoghi di lavoro, poiché alcune delle società controllate hanno omesso di sottoporre alla prescritta visita medica decine di lavoratori impiegati per lavori notturni e/o particolarmente insalubri. Sulla base degli elementi acquisiti nel corso delle indagini, è stato effettuato un sequestro per equivalente del valore di 350mila euro ai danni di tre imprenditori (di 34, 37 e 61 anni), gestori di fatto di una società con sede legale a Taranto ma operante alla Fincantieri. Sotto chiave conti corrente e proprietà immobiliari. Ai tre si aggiungono altre 16 persone indagate a piede libero.

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