la Repubblica
Himalaya, si riaccendono le tensioni tra India e Cina nel Ladakh
Delhi denuncia: 5 mila uomini dell'Esercito popolare di liberazione sono entrati nel territorio conteso tra i due Paesi. Scontri tra soldati. E Trump si offre come mediatore
by RAIMONDO BULTRINIBANGKOK - India e Cina, l'Elefante e il Dragone, negano l'inizio di una nuova guerra come quella del 1962 tra i più popolosi Stati del pianeta. Ma dopo le prime notizie e perfino un video delle scaramucce avvenute il 5 maggio con un centinaio di soldati feriti a pugni, sassi e bastonate nell'Aksai Chin e - quattro giorni dopo - sul passo Naku La nel Sikkim, l'Agenzia spaziale europea ha mostrato ampi movimenti di truppe, nuove trincee, bunker e mezzi di artiglieria pesante ripresi già nella terza settimana di aprile in questa delicata regione di confine sull'Himalaya.
Fonti indiane confermano che oltre 5mila soldati dell'Esercito popolare di liberazione (PLA) si sono introdotti in cinque punti della regione montuosa del Ladakh, uno vicino allo strategico lago Pangong Tso tradizionalmente al centro di tensioni e scontri armati nel passato e quattro lungo il fiume Galwan, dove l'India sta costruendo una nuova strada. Un elicottero - aggiungono - è stato cacciato da due chopper cinesi subito circondati da jet militari di Delhi.
Niente di nuovo dicono gli esperti, ricordando i vari episodi già denunciati da entrambi i Paesi lungo la delicata frontiera di 3.500 km in gran parte contesi e non delimitati se non da una linea immaginaria chiamata LAC, Linea di controllo effettivo. Eppure la tensione non è mai stata così alta, e il noto esperto di questioni militari Ajai Shukla ha scritto che per la prima volta dalle intrusioni di Kargil del 1999 "il territorio indiano è nelle mani di soldati stranieri".
Quando le notizie dal fronte più elevato al mondo erano ancora scarne e imprecise, il presidente cinese Xi Jinping aveva ordinato ai militari di intensificare la preparazione alla battaglia e il primo ministro indiano Narendra Modi ha convocato il consigliere per la sicurezza nazionale con i capi dello stato maggiore.
Infine, a confermare i pericoli di una ulteriore escalation tra queste due potenze nucleari, è giunta nelle ultime ore l'offerta di Donald Trump. "Siamo pronti, disposti e in grado di mediare o arbitrare" ha twittato il presidente degli Stati , ben Uniti, sapendo che il suo intervento servirà a ben poco in un conflitto che - tra le varie ipotesi - sembra prendere le mosse proprio dal recente riavvicinamento in chiave anti-cinese tra lui e il premier indianoModi. Secondo gli analisti, il presidente Xi Jinping è deciso a mostrare i muscoli per ragioni strategiche e politiche che vanno dal supporto indo-americano ai "dissidenti" di Taiwan e Hong Kong a fattori internazionali e interni come gli attacchi subiti nel suo stesso partito per la gestione della pandemia di Covid e la crescente disoccupazione nel paese.
A gettare acqua sul fuoco un portavoce di Pechino ha dichiarato che "la situazione al confine sino-indiano è complessivamente stabile e controllabile", anche se su entrambi i lati della frontiera truppe e mezzi non accennano a ritirarsi, dal lago Pangong alla Valle di Galwan, da Demchok e Daulat Beg Oldie in Ladakh orientale, fino a diverse aree finora pacifiche dell'Uttarakhand e del Nord Sikkim.
Già a novembre Xi, dopo due incontri di buoni propositi tra lui e Modi nel 2018 e 2019, andò su tutte le furie quando una mappa revisionata dell'ex stato del Jammu e Kashmir mostrava l'Aksai Chin come parte dell'India. Ma uno dei massimi esperti dei rapporti tra i due Paesi, l'ex ufficiale dei servizi segreti di Delhi e consulente del Comitato di sicurezza nazionale, Jayadeva Ranade, elenca altri fattori importanti. "La crescita dei sentimenti anticinesi in tutto il mondo e in India dove cresce il movimento per boicottare i prodotti made in China - ha spiegato a Repubblica - hanno messo il presidente Xi sotto forte pressione anche all'interno del suo partito". Inoltre il "livello di disoccupazione, tra i 7 e gli 8 milioni, non è mai stato così alto mentre diminuiscono i salari e le opportunità di lavoro anche per i laureati, con un'inedita sfiducia verso le sue promesse del "Sogno cinese" e di un sorpasso sull'economia Usa che lo spingono a spostare altrove l'attenzione puntando sul nazionalismo. Senza contare i tumulti di Hong Kong, la rielezione della presidente indipendentista di Taiwan Tsai Ing-wen e la mancata sovranità sulle isole del sud".
Il conflitto ai confini indo-cinesi nella Valle del Galwan - secondo Ranade - è infine legato agli interessi convergenti di Cina e Pakistan verso il vicino Corridoio economico Gilgit-Baltistan che permette il controllo sul Karakorum. Sulle prospettive della crisi militare, l'esperto dice di essere ottimista nel breve termine, perché "i cinesi non stanno soffiando sul fuoco della crisi attraverso i media". Ma "nessuno può prevedere dove porterà l'evidente e inedito incremento di truppe nell'intera area contesa del Ladakh".