La coalescenza del voto

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ANSA

Se versiamo un cucchiaio di olio in un bicchiere d’acqua sappiamo che i due liquidi non si mescolano, per la loro natura differente. Sull’acqua continueranno a galleggiare piccole isolette di olio.

In termini tecnici si parla di coalescenza. In termini pratici, del fatto che acqua e olio non si mischiano. Questa legge fisica spiega anche perché il referendum costituzionale non può mai essere abbinato con altre consultazioni elettorali. Nelle consultazioni elettorali, il voto è per natura partitico, al fine di esercitare la democrazia rappresentativa. Nel referendum costituzionale si esercita invece la democrazia diretta, con un voto di natura del tutto diversa.

Due voti che non possono essere mischiati, a rischio di coalescenza. Il binomio democrazia diretta – democrazia rappresentativa è alla base dell’art. 1 della nostra Costituzione e trova piena applicazione nel modello di revisione costituzionale.

Sappiamo che l’art. 138 Cost immagina un procedimento speciale, che richiede maggioranze qualificate e l’intervento solo eventuale del referendum popolare.
Nell’atto più importante della vita costituzionale, la democrazia diretta viene chiamata a integrare la democrazia rappresentativa, se i partiti non riescono a trovare l’accordo sulla riforma costituzionale da adottare. Proprio perché la Costituzione è di tutti e non solo di una maggioranza politica.

Proprio per questa ragione, non a caso, la legge sul c.d. “election day” prevede che - a fini di risparmio di spesa - si possano abbinare tutte le consultazioni elettorali, senza includere i voti di livello costituzionale.

L’art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 dispone che “A decorrere dal 2012 le consultazioni elettorali per le elezioni dei sindaci, dei Presidenti delle province e delle regioni, dei Consigli comunali, provinciali e regionali, del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, si svolgono, compatibilmente con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, in un’unica data nell’arco dell’anno”.

In buona sostanza, si possono accorpare tutti i voti di natura partitica, ma non la più alta espressione di democrazia diretta.

Per il nostro attuale referendum sul taglio dei parlamentari, da votare in autunno, poi abbiamo anche un ulteriore argomento che sconsiglia l’abbinamento. Il voto regionale è previsto soltanto in Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia, assieme ad alcune elezioni amministrative, come a Venezia, Reggio Calabria e Bolzano.

È evidente che l’abbinamento a elezioni politiche che si svolgono solo in alcuni territori potrebbe creare disparità e sfalsamenti anche riguardo alla percentuale territoriale dei votanti, forse più alta nelle regioni anche con voto partitico.
E la conseguente possibilità di “inquinare” la purezza del voto costituzionale, espressione di democrazia diretta.

Non a caso già in diritto romano si era consapevoli che è meglio evitare l’abbinamento di votazioni eterogenee, tanto che fu emanata nel 98 a.c. la lex Caecilia Didia de modo legum promulgandarum, che vietava proprio le rogationes per saturam, cioè i referendum che mescolassero argomenti troppo differenti fra loro.