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L’Italia s’è desta?

A scoppio ritardato, con un giorno di ritardo, sembra che gli investitori abbiano scoperto l’albero della cuccagna che il Recovery Fund potrebbe regalare al nostro paese.

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A scoppio ritardato, con un giorno di ritardo, sembra che gli investitori abbiano scoperto l’albero della cuccagna che il Recovery Fund potrebbe regalare al nostro paese.

E’ molto raro che il mercato si accorga in ritardo delle notizie positive, specialmente quando è in preda all’euforia, come stiamo verificando in questo periodo di totale scollamento tra la pessima realtà economica che fotografano le statistiche e la percezione di un futuro radioso su cui i mercati azionari scommettono col rally che ha portato gli indi USA a recuperare gran parte del tanto terreno perso dai massimi storici con la scivolata di febbraio-marzo.

In tempi di euforia è più facile che vengano snobbate le cattive notizie che quelle favorevoli.

Come ho notato nel commento di ieri, con molta perplessità, sembrava che la moscia performance del nostro Ftse-Mib nel giorno dei “pasti gratis” concessi al nostro paese dal Piano per il Recovery Fund proposto dalla Commissione Europea, snobbasse il regalo. Infatti l’indice delle nostre blue chip ancora stazionava al di sotto dei massimi di aprile, mentre Eurostoxx50 e Dax avevano già rotto gli argini superiori del trading range laterale che li imbrigliava da due mesi e consegnato un segnale rialzista foriero di belle speranze per il futuro.

Insomma, sembrava assurdamente che l’aver messo il nostro paese in cima alla lista dei beneficiari nelle tabelle provvisorie sulla distribuzione dei pani e dei pesci che arriveranno dal miracolo a debito della commissione UE col Recovery Fund, sia stato apprezzato più dagli altri che dai diretti interessati. Al punto che sono stato costretto ad adombrare il dubbio che ci fosse qualcosa sotto, una sorta di veleno nella succulenta polpetta (gratis!) che viene offerta al nostro paese.

La giornata di ieri ha dissipato le mie dietrologie, anche se non rinuncio ancora a qualche perplessità sull’esito finale  della lunga e, credo, aspra trattativa con i “Frugal Four”, contrari al piano. Temo ancora che quel che verrà approvato dai Capi di Stato e di Governo nel prossimo vertice del 18-19 giugno (o, come già si vocifera, in uno successivo , perché a giugno l’unanimità necessaria sarà ancora difficile da raggiungere) sarà almeno in parte diverso da quel che c’è scritto nella proposta, e non certo in senso migliorativo nei confronti dell’Italia.

Comunque sia, si tratterà di un risultato insperato e ritenuto impossibile solo 15 giorni fa, prima del vertice Merkel-Macron, dove la signora di ferro ha concesso il suo sì al principio dei contributi a fondo perduto dati in modo non proporzionale, ma secondo la necessità economica dei vari paesi colpiti dalla recessione portata dal virus. Le risorse saranno reperite con prestiti al lungo termine emessi direttamente dalla Commissione UE, che avrà poteri di finanziamento analoghi a quelli che ora possiede la BEI ed il MES. L’onere del debito graverà sul Bilancio della UE, e sarà pertanto condiviso da tutti con il proprio contributo annuale al bilancio, perciò in modo proporzionale.

Sarà il secondo importante passo avanti verso il rafforzamento del principio di solidarietà tra Stati.

Il primo fu l’istituzione fin dal 2013, di una serie di Fondi per la Coesione che applicano l’art. 174 del Trattato sul Funzionamento dell’UE, che sancisce l’obiettivo di “ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite”. Questi Fondi, tra cui i principali sono il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, il Fondo Sociale Europeo e il Fondo di Coesione, già oggi distribuiscono un bel pacco di miliardi (complessivamente circa 45 per il nostro paese), ma li danno per più di metà a progetti elaborati dalle regioni individuate come “meno sviluppate” (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia). Inoltre il meccanismo di questi fondi strutturali prevede che siano “aggiuntivi”, cioè che lo Stato interessato aggiunga stanziamenti propri. Ovviamente vengono erogati su precisa progettazione e rendicontazione alla UE. Proprio quest’ultima necessità di “serietà” è stata un ostacolo rilevante nel nostro paese, causando il paradosso che, per il disastro organizzativo della nostra Pubblica Amministrazione regionale, molti di questi fondi non vengano spesi per mancata progettazione o rendicontazione, ed ogni anno siano restituiti alla UE.

Ora arriva il Recovery Fund, con finanziamenti a fondo perduto per modernizzare l’economia dei paesi ora in grave recessione, attraverso investimenti che dovranno privilegiare l’innovazione digitale ed la sostenibilità ambientale, mediante piani nazionali, presentati da ciascuno Stato e concordati con la Commissione UE.

Se questo progetto andrà in porto garantirà sicuramente una bella pioggia di denaro gratis a beneficio delle imprese italiane, e solo le lentezze burocratiche, le incapacità progettuali e gli sprechi potranno impedire che la nostra economia se ne avvantaggi. Pertanto consiglierei umilmente al premier Conte, tra un’esultanza e l’altra, di cominciare a organizzare gli uffici che dovranno preparare i progetti ed istruire le pratiche per cuocere i pasti gratis che l’Europa ci dona ed evitare l’umiliazione di restituire i denari per incapacità di usarli, dopo aver strillato per anni sulla cattiveria dell’Europa che non ci dà mai nulla.

Come ho già accennato, ieri anche il mercato si è accorto del probabile regalo europeo all’Italia, ed ha premiato il nostro Ftse-Mib, che ha fatto un balzo da +2,46%, riuscendo nel bingo di superare i massimi di fine aprile, anche se di poco e con necessità di conferma, e di risultare il miglior indice di giornata a livello europeo. Dalla polvere agli altari.

Il resto d’Europa ha proseguito il rialzo dopo il segnale dei giorni precedenti, mentre gli indici USA hanno cercato di consolidare le loro posizioni. SP500 ha esteso ancora il rialzo fino a 3.068, ma dopo le 20 si è rimangiato tutti i progressi ed ha chiuso sui minimi a 3.029 (-0,21%).

Negativo anche il Nasdaq100 (-0,27%). 

La colpa dell’arretramento repentino va cercata nella nuova guerra scatenata da Trump. Il personaggio, in piena campagna elettorale, ha necessità di spostare l’attenzione dei media dalla battaglia che sta combattendo (lui?) contro il virus, che dal punto di vista sanitario è ampiamente persa, dato che i contagi dopo l’11 maggio sembrano voler risalire ed i morti sono già 103.000. Nelle scorse settimane ha aperto un altro fronte contro la Cina, prima accusandola di colpevolezza nella diffusione mondiale della pandemia e poi appoggiando le proteste dei giovani di Hong Kong che si oppongono giustamente alle nuove misure repressive del regime di Xi.

Ieri ha aperto ufficialmente un terzo fronte, con un ordine esecutivo in cui chiede al congresso di varare una norma che tolga l’immunità legale alle piattaforme social contro eventuali cause intentate contro i contenuti da loro pubblicati. Si è arrabbiato perché, di fronte al suo tweet in cui accusava le piattaforme di social media (Twitter, Facebook, Google e YouTube) di interferire nella campagna elettorale a suo danno e di averlo danneggiato nel 2016, Twitter ha osato aggiungere al suo messaggio l’invito ai lettori di verificarne la veridicità ed il rinvio ad un link in cui si citano diversi giornali e mezzi di informazione che sostengono esattamente il contrario.

Per Trump questo è un atto di lesa maestà. Non si possono mettere in discussione le affermazioni del Presidente. Mi chiedo: neanche quando spara balle una più grossa dell’altra?

Sta di fatto che questa nuova guerra ha innervosito un po’ gli operatori ed è partita qualche presa di beneficio.

La settimana si chiuderà comunque oggi con un saldo settimanale positivo, poiché i giorni scorsi hanno accumulato abbastanza fieno in cascina.

Però l’eventuale chiusura dell’indice SP500 sotto quota 3.000 smentirebbe in extremis il segnale rialzista inviato mercoledì, quando è stata scavalcata la media mobile a 200 sedute e quota 3.000.

Stiamo a vedere.