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79 anni filati al lavoro e mai un giorno di ferie: diventa Cavaliere della Repubblica a 91 anni

Qualche giorno fa, a sorpresa, è giunta una lettera del tutto inattesa per Carmen Capovilla

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MOTTA DI LIVENZA - A Motta è un’istituzione. A 91 anni e mezzo non ha perso un giorno di lavoro durante la pandemia. Carmen Capovilla, 79 anni filati al lavoro e mai un giorno di ferie, ancor’oggi lavora tutti i giorni insieme ai figli nella macelleria Andrighetto, fondata nel 1926.

Qualche giorno fa, a sorpresa, è giunta una lettera del tutto inattesa. Firmata dal prefetto di Treviso Maria Rosa Laganà a nome del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: per lei il titolo di Cavaliere dell’ordine “Al Merito della Repubblica”.

La storia di Carmen è davvero particolare. A 12 anni lavorava già nel “casoìn” di famiglia. Tra l’altro oggi la "Alimentari La Bottega" è ancora attiva in centro, in via IV Novembre 27.

Da giovane si innamorò di un bel ragazzo, Andrea Andrighetto, che lavorava nella macelleria di famiglia a poche decine di metri dal suo negozio, sotto il Torresin. E dagli alimentari passò alla vendita di carne. Con un occhio di riguardo ai conti. Già perché è Carmen, allora come oggi, a provvedere ai conti. «Scrivo le fatture a mano, ben si intenda. Ma poi gli “artigiani” mi aiutano a trasformarle in elettroniche».

Chi la conosce sa che non sgarra nemmeno di un centesimo. «Avevo una dozzina d’anni quando mio papà Giovanni, tra otto fratelli, scelse me per lavorare in bottega. Ancor’oggi mi chiedo perché. Mi piace stare in mezzo alla gente e amo il mio lavoro. Certo, molto è dipeso anche dalla buona salute. Ma anche da un buon bicchiere di Cabernet a pasto» commenta divertita in negozio. «Quando ci fu la guerra venni sfollata a Cessalto, mi portarono via direttamente dal casoìn».

Carmen è pure mamma di cinque ragazzi. «In un’occasione ho avuto le doglie. Stavo andando a lavorare, era giorno di mercato. Ho resistito fino a fine mattinata. Poi sono andata in ospedale e tutto andò bene» racconta tra lo stupore dei clienti.

Nel novembre 1966 Motta finì sott'acqua a causa dell’alluvione. «Era l’imbrunire. Eravamo a casa con mio marito e i bambini. Continuavano a chiamarci per chiederci carne. Lasciai mio marito a casa con i figli e andai in negozio. Ora dopo ora l’acqua saliva. E alla fine i pompieri salvarono me e un’altra signora: ci portarono in canonica con la scala».

E oggi? «Durante l’emergenza Covid non ho perso un giorno di lavoro. I parenti mi telefonavano dicendomi che dovevo rimanere a casa». Fece spallucce.