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la Repubblica

Serie A, la ripresa non contenta tutti: quelli che sperano che il campionato inciampi

Dal Torino al Brescia, gli scettici della ripartenza. Ma anche il piano B (ipotesi play-off e play-out) per qualcuno è un incubo

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Hanno perso una battaglia, non la guerra. Gli scettici sulla ripartenza della Serie A stanno alla finestra, aspettando il primo inciampo che possa di nuovo fermare la macchina del calcio. Soprattutto quei club che al campionato hanno poco o nulla da chiedere. O che - ancor peggio, dal loro punto di vista - con lo stop di marzo pensavano di avere messo in cassaforte una stagione incolore ma innocua. E che invece, con la ripresa, rischiano di scivolare in Serie B. “Convinto che si possa partire e finire? Questo non lo sa nessuno, neppure il presidente degli Stati Uniti”, dice Urbano Cairo, presidente del Torino e capocordata degli scettici alla ripresa.

Vietato esporsi contro la ripresa

Nel clima di festa per la ripartenza del campionato, che potrebbe portare qualche soldo e un po’ di ossigeno al sistema calcio in crisi, esporsi contro la ripartenza è impopolare. Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione italiana calciatori, dopo mesi di comprensibili proteste (dagli stipendi mai pagati al troppo caldo delle partite estive) ora corregge il tiro: “Segnalare problemi significa volerli risolvere, non essere contro il campionato”. Sulla stessa linea è Cairo: “Non penso soltanto a quello che è il mio interesse, ma a un discorso più generale di salute dei calciatori e delle persone”, dice, dopo avere incontrato la sua squadra per caricarla: se bisogna giocare, si cerchi di vincere e salvarsi.

La peggiore delle ipotesi: play-off e play-out

Se la Serie A dovesse nuovamente incepparsi, il piano B della Figc per decidere scudetto, posti in coppa e retrocessioni sono play-off e play-out. Ci sperano Spal e Brescia, che potrebbero centrare una salvezza altrimenti improbabile. Sono invece spaventati da questa ipotesi soprattutto Genoa, Sampdoria, Udinese (di patron Pozzo, altro contrarissimo alla ripresa) e appunto il Torino. “Se si interrompe il campionato, è perchè c’è un problema - dice Cairo - quindi non si possono giocare nemmeno i play-off”. Una posizione largamente maggioritaria fra i presidenti della Lega di Serie A, che piuttosto sono pronti ad accettare il piano C esposto da Gabriele Gravina, boss della Figc, al ministro Vincenzo Spadafora: posizioni congelate al momento dell’eventuale nuovo stop, con o senza l’assegnazione dello scudetto.

Un’architettura fragile

Per determinare un nuovo stop del campionato, con le attuali regole, basterebbe un solo positivo al coronavirus fra calciatori e staff di uno dei 20 club. In caso di un contagiato, lui andrebbe in isolamento, e l’intera squadra sarebbe confinata per 14 giorni in ritiro, potendo svolgere allenamenti individuali ma non giocare partite. E con 124 partite da incastrare fra il 20 giugno e il 2 agosto, tempo per recuperare le gare perse non ce ne sarebbe. Il calendario è già fitto al punto da avere fatto infuriare le quattro semifinaliste di Coppa Italia (Juventus, Napoli, Inter e Milan) costrette a giocare due o tre gare nella prima settimana di ripresa. L’unica possibilità per sperare di arrivare in fondo al campionato è quindi convincere il governo a cambiare le regole e consentire la quarantena per i soli contagiati e non per l’intero gruppo squadra. La Lega di Serie A ci sta provando. Ma l’ipotesi di un ammorbidimento delle regole è legata a un filo sottile: se i contagi nel Paese dovessero aumentare, è improbabile che il governo faccia marcia indietro.