Finanziamenti, quando? Elezioni? Settembre. Poveri di euro, ricchi di sogni

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ROMA – Finanziamenti, quando? Elezioni? Settembre? Italiani sconcertati fra promesse e realtà. Siamo ricchi o poveri? Mettetevi nei panni di una persona qualsiasi che la mattina legge un giornale, ascolta la radio, vede la tv, si informa sui social. Non si raccapezza più, perché mentre da una parte si dice che con i 172 miliardi che sono stati promessi dall’Europa, l’Italia diventerà un paese benestante. Tamponando i suoi debiti e riuscendo ad aiutare le imprese, i professionisti, gli artigiani,i commercianti, le famiglie.

Dall’altra legge che questo dilagante ottimismo è fuorviante, perché i soldi, se arriveranno, avranno una data precisa. Quella del giugno 2021, cioè quando gran parte degli italiani avrà chiuso bottega. Perché i fondi o i risparmi saranno svaniti.

Voi capite che dinanzi ad un interrogativo del genere la gente rimane sconcertata e non sa più a che santo appigliarsi per capire qual è la situazione reale.

Ascolta Palazzo Chigi e le parole sono esaltanti. Vittoria: finalmente l’Europa sta dimostrando di essere quella che avrebbe dovuto sempre essere. Si contano i miliardi e quasi non si crede ai propri occhi. “Bene”, pensa chi segue questo concetto. Poi, però, si sposta di qualche metro e il ritornello ha un refrain completamente diverso.

“Non ci illudiamo”, affermano le voci contrarie. “Primo, perché questa decisione non è stata ancora presa e bisogna aspettare la fine di giugno per avere una risposta definitiva. Secondo perché si dovrà attendere troppo tempo e si rischierà di chiudere la stalla quando i buoi sono già usciti”.

Allora, si spera in una parola chiarificatrice dal Quirinale, cioè dal Capo dello Stato in persona. Ma il Colle tace e non potrebbe fare altrimenti. Una qualsiasi interpretazione potrebbe provocare la crisi di governo. In un momento del genere un vuoto di potere potrebbe voler significare un tracollo del nostro sistema economico. In conclusione, la “nostra persona” vacilla e le pare di navigare tra Scilla e Cariddi. Senza nessuna certezza, senza nessun segno che possa dare speranza nel futuro.

Così i due litiganti del Palazzo continuano a polemizzare e il terzo, cioè noi, non godiamo di questa situazione. Si continua a predicare armonia e collaborazione, ma solo a parole. Nei fatti, la musica ha un altro suono. I segnali che non ci rendono tranquilli sono molteplici, c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Elezioni regionali a settembre si o no? Boh, forse, chissà? Inizio della scuola sempre a settembre, ma a quali condizioni? La crisi della Giustizia raggiunge toni che definire imbarazzanti vorrebbe dire usare un eufemismo. Si scatena il “tutti contro tutti”: allora come fidarsi di una magistratura che dovrebbe essere libera e indipendente?

Nella coalizione di governo, la pace è solo una chimera. Non si gioca a braccio di ferro soltanto fra Pd e 5 Stelle, ma anche tra i Grillini e i democratici le opinioni sono spesso discordanti.

Sostiene ad esempio il sindaco di Torino, Chiara Appendino, esponente di spicco del Movimento caro a Grillo: “Nelle città non abbiamo nessun obbligo di allearci con il Pd”.

Ed a proposto di comuni, la rissa si fa sempre più violenta in Campidoglio, dove Virginia Raggi ha ormai fatto capire che si presenterà di nuovo nel 2021 per rimanere in Campidoglio.

La destra tuona e i suoi uomini (o donne) più rappresentativi elencano tutti i danni di questa amministrazione. Anche la Lega mette sul piatto il suo nome per la corsa alla consultazione di Roma Capitale: ecco ripresentarsi alla ribalta Franco Frattini, per due volte ministro quando a Palazzo Chigi sedeva Berlusconi.

Basta così: si potrebbe continuare all’infinito. Ma abbiamo pietà dell’uomo comune e gli consigliamo di avere pazienza e soprattutto fiducia. Verranno tempi migliori.