Grave truffa ai danni dello Stato: cassa integrazione e smart working

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Il lockdown ha, a tutti gli effetti, aperto al mondo un’era completamente nuova a cui prima …nessuno immaginava o pensava. Anche nel modo di lavorare. Se prima la fabbrica o l’ufficio o la propria ditta erano i propri punti di riferimento, oggi tutto è labile. Vediamo questa storia di una grave truffa ai danni dello Stato: cassa integrazione e smart working.

Lo smart working

In pratica dalla seconda metà di febbraio in poi il Paese è andato in lockdown. Anche nella sua componente produttiva. E sì, stiamo parlando di tutte quelle attività che comunque possono svolgersi dal proprio domicilio. Mancherà la comodità, la completezza e la referenzialità tipico dell’ufficio, ma ciò che conta, il lavoro, lo si può pur sempre attuare. Questo avviene in particolar modo per le c.d. attività professionali, ovvero più frutto dell’ingegno che dell’opera fisica umana. Nulla di male se non fosse che, come si apprende da numerosi siti e social di rilevanza nazionale, vi sono dei dipendenti che continuano a lavorare da casa. Quando in teoria gli stessi starebbero percependo la cassa integrazione, ovvero un ristoro della loro retribuzione coi soldi di tutti i contribuenti. La domanda è: sono compatibili lavoro e percezione della cassa integrazione?

Il conflitto di legge

La sensazione diffusa è che vi siano state alcune aziende che ne abbiano approfittato della bontà del Cura Italia per alleggerire le retribuzioni. O meglio, lasciarle immutate, ma fare in modo cha a pagarle siano in parte loro, datori di lavoro, e in parte lo Stato. Nella richiesta di Cig, infatti, bastava indicare la causale “Covid-19 nazionale” e nulla più. Ricordiamo che la Cig può essere richiesta per sospensioni o riduzioni dell’attività che vanno dal 23 febbraio scorso al 31 agosto. Un totale di 9 settimane, che sono state poi ulteriormente prorogate.

Secondo l’Inps ad aprile sono state fatte 8 milioni di domande di Cig, su un totale di 18 milioni di italiani con regolare rapporto di lavoro subordinato. In tale clima evidentemente alcuni “furbetti” ne hanno approfittato. Forse anche puntando sul fatto che i controlli in Fase-1 (e in quella 2?) non sarebbero stati stringenti. Anzi.

Ma Cig e smart working sono compatibili per legge? La risposta è un secco no, e lo dicono giuristi ed esperti di consulenza del lavoro, ed il perché è presto detto. La cassa integrazione prevede il rispetto di regole per averne diritto all’erogazione. Invece lo smart working – come disciplinato dalla legge n. 81 del 2017  c.d. “lavoro agile” – prevede che tempi e ritmi siano liberamente scelti dal dipendente. Il quale risponderà solo del lavoro ultimo finale.

Il rapporto tra titolare d’azienda e dipendente

A questo punto ci si chiede allora come mai tutto questo avvenga, sia possibile. Anche qui la risposta non manca. Leggendo infatti delle tante storie che affiorano sui social si legge chiaramente come molto spesso sia il datore di lavoro a sottolineare come in Cig non sia consentito lavorare. Consci del fatto che si tratti di una grave truffa ai danni dello Stato: cassa integrazione e smart working. Salvo poi ricordargli che se è in corso d’opera un progetto …sia lui (dipendente) a regolarsi di conseguenza.

E questo perché se è il dipendente a “scegliere liberamente” di prestare la sua opera intellettuale, il capo è esonerato da ogni forma di responsabilità. “L’ha scelto lui”, si dirà poi, e quindi per lui decade ogni problema e/o forma di responsabilità. Una sorta di “moral suasion” dai contorni – a usare un eufemismo – antipatici. Messa in questi termini, quindi, ecco che lo smart working si trasforma in una trappola per chi lo effettua. E in una grave truffa ai danni dello Stato: cassa integrazione e smart working .