Le Storie di Guerra Vol. 6 - La recensione del nuovo volume della serie | Cultura Pop
Le Storie di Guerra Vol. 6, edito in Italia da SaldaPress in una nuova edizione cartonata, è il fumetto conclusivo sui racconti della Seconda Guerra Mondiale scritti da Garth Ennis, che in questo sesto volume è affiancato dal disegnatore Tomas Aira. Le ambientazioni sono qui quelle del Giappone, per il primo racconto, e dell’Inghilterra per il secondo, durante gli scontri che hanno segnato il 1945, anno in cui il secondo conflitto mondiale andava via via verso la sua disastrosa conclusione. Un nuovo “capitolo” per mostrarci, tra realtà e fiction, le vicende quotidiane di chi la guerra l’ha vissuta da protagonista.
Tokyo Club
Il primo racconto de Le Storie di Guerra Vol. 6 è ambientato sulla piccola isola di Iwo Jima, al largo del Giappone, in cui Ennis costruisce la sua narrazione basandosi sui fatti realmente accaduti della storica Battaglia di Iwo Jima. Qui, a raccontare le vicende attraverso le sue memorie personali, è l’ufficiale medico Robert Pugh, vicecomandante del corpo sanitario dell’VIII Comando Caccia: Pugh è un dottore che tuttavia si rivela essere anche molto attento alla psicologia degli uomini che compongono le compagnie di piloti, dal momento che tra le pagine del suo diario vediamo come annoti anche le loro espressioni, le loro reazioni di fronte alla morte dei compagni, il loro cambiamento negli atteggiamenti man mano che l’esperienza della guerra viene interiorizzata sempre di più.
Il racconto di Pugh, in questo caso, prende il via dall’arrivo di tre nuove reclute tra i piloti di caccia, che sono rimaste particolarmente impresse nella memoria del medico: Abbott, Palmer e Willis. Ciascuno con un’espressione caratteristica che li contraddistingue sul volto, i tre piloti vengono introdotti alle regole del Tokyo Club dal dottore e dal Capitano Tully, che spiegano loro in cosa consisteranno le loro missioni: scortare i bombardieri lungo i chilometri di distanza che separano Iwo Jima da Tokyo, in aperto Oceano Pacifico, scontrandosi con i giapponesi che attaccheranno dai loro caccia, per poi fare ritorno sulla piccola isola (con il carburante rimasto e i danni ricevuti dai nemici). Il premio per chi ha successo la prima volta? Ripetere nuovamente l’impresa.
Non solo il compito assegnato ai piloti sembra essere particolarmente difficoltoso, ma persino risiedere su Iwo Jima comporta dei grossi rischi: sull’isola resistono infatti ancora alcuni giapponesi che, nonostante si trovino in stato di miseria e denutrizione, vagano armati e persistono nella lotta contro gli Alleati, come scopriranno a proprie spese i tre amici giunti da poco sul campo.
Bombardamenti e mutamenti
L’azione si sposta poi sui cieli sopra l’Oceano, dove i piloti a bordo dei loro P-51 dovranno vedersela con i nemici che sferzano i loro apparecchi di mitragliate o che si scagliano contro di essi in attacchi suicidi: il tutto, mentre i bombardieri Alleati attaccano le industrie giapponesi per mettere in ginocchio il paese o sganciano i loro ordigni direttamente su intere città. Emblematica la frase pronunciata da un pilota:
L’accuratezza è una barzelletta. Ecco perché bombardiamo le città. Mancarle è più difficile.
Il narratore di questo racconto, tuttavia, non ci mostra solo la brutale azione e i combattimenti tra i velivoli. I piloti Alleati non devono vedersela, infatti, solo con il nemico giapponese nello specifico, ma anche contro la spietata realtà della guerra in generale: quella in cui un caro amico può rimanere ucciso da un momento all’altro e sparire così, all’improvviso, dalla propria vita; un velivolo può risultare così danneggiato da costringere ad un lancio con il paracadute e la speranza di uscirne vivi; la stessa realtà in cui le scene d’orrore cui si è costretti ad assistere mutano nel profondo l’animo di un uomo, rendendolo talvolta disilluso e privo di fiducia nel futuro.
“Ora, dunque, proponetevi di imitarli”
Tokyo Club è una tra Le Storie di Guerra più amare scritte da Garth Ennis e disegnate da Tomas Aira poiché, nonostante lo scenario di base sia pur sempre il secondo conflitto mondiale, è anche vero che chi legge spera sempre di poter giungere al termine della storia con un lieto fine, quantomeno per i protagonisti che ha conosciuto in quelle poche, intense pagine – come accade in altri racconti della stessa serie.
Le illustrazioni di Aira sono adatte a rappresentare uno tra i soggetti principi di questi fumetti a tema bellico – i caccia e i loro scontri tra i cieli, disegnati ad arte per essere quanto più vicini possibile ai loro corrispettivi reali; tuttavia, e questa forse è l’unica nota dolente, spesso i personaggi risultano molto simili tra loro e potrebbe risultare difficoltoso distinguerli, non solo durante i dialoghi e le scene dal ritmo più disteso, ma soprattutto durante i combattimenti, mentre indossano il casco di volo e la maschera d’ossigeno.
Infine, Garth Ennis firma questi racconti bellici lasciando in sordina i toni triviali tipici della sua scrittura, adattando il suo stile ad una sfera tematica che forse richiede più di altre un linguaggio più posato e riflessivo. Per l’autore non vi è neanche la sua consueta necessità di porre scene grottesche o scioccanti di fronte al lettore: basta narrare delle storie basate sugli orribili fatti reali della guerra.
Come accade però spesso nei fumetti scritti da Garth Ennis, in mezzo alla brutalità di vicende fin troppo umanamente realistiche, troviamo un pensiero profondo su cui il lettore non può esimersi dal fare una riflessione che suona più come una presa di coscienza intorno alla cruda realtà. Le parole che l’autore fa pronunciare a Robert Pugh esprimono al meglio tale riflessione:
C’è una frase di Pericle, molto amata da chi fa innalzare lapidi commemorative. Comincia così… “Ora, dunque, proponetevi di imitarli”. Poi parla di felicità, libertà e di indomito coraggio. Ma che ne è degli uomini che dovremmo imitare? Li teniamo in silenzio, quando dedichiamo loro una statua? Che cosa direbbero se potessero parlare?
Mandate una cannoniera
Nel secondo racconto contenuto ne Le Storie di Guerra Vol. 6, tomo conclusivo della serie a fumetti bellica scritta da Garth Ennis, disegnato anche in questo caso da Tomas Aira, i protagonisti sono gli uomini della Royal Navy che compongono l’equipaggio delle motosiluranti e delle motocannoniere operanti nella Manica. Queste imbarcazioni, chiamate anche Barche D, fornirono realmente un grande contributo durante la Seconda Guerra Mondiale, rappresentando una difesa per le acque inglesi e attaccando le loro corrispettive nemiche che facevano incursione nella Manica, le Barche N (E-Boat nella lingua originale, ovvero Enemy Boat).
Le Barche D protagoniste di Mandate una Cannoniera erano leggere e veloci e, per tale ragione, era anche più semplice distruggerle, contando anche il fatto che le motosiluranti erano costrette a lanciare i loro siluri in linea retta mentre si trovavano sotto il fuoco nemico; le motocannoniere avevano perciò il compito di scortarle e difenderle attirando gli attacchi delle imbarcazioni nemiche. Ennis ci mostra così il corrispettivo marino delle forze aeree rappresentate da caccia e bombardieri.
E lo fa raccontandoci uno scorcio delle vite del tenente Buckley e del sottotenente Hitchens, due ufficiali a bordo di una motocannoniera, sui quali il racconto di Ennis e Aira alterna le vicende belliche nelle acque della Manica a quelle personali sulla terraferma, in particolare l’incontro tra Buckley e Daphne, una femme fatale che si rivelerà essere un vero grattacapo per il tenente.
Verso la conclusione
Sebbene alcuni racconti della stessa serie di Garth Ennis, come Il fiore della mia vita o Gli imboscati del D-Day, siano particolarmente coinvolgenti e ricchi di emozione, l’ultima storia narrata dall’autore irlandese risulta in generale un po’ sottotono; tuttavia si fa perdonare grazie alla suspense creata dalla tacita sfida tra il tenente Buckley ed un’imbarcazione tedesca che porta sulla fiancata il simbolo tipico dei pirati, un teschio con due tibie incrociate. Il capitano dell’imbarcazione è stato soprannominato dagli inglesi Hans il Bastardo e Buckley ha con questo nemico in particolare una sorta di conto in sospeso che è quasi un’ossessione.
Gli scontri tra i due risultano particolarmente avvincenti e sembrano rappresentare una sorta di metafora di quella che di lì a poco sarebbe stata la conclusione del conflitto che da qualche anno lacerava il mondo. La lotta tra il tenente e Hans il Bastardo nelle acque della Manica diventa così la guerra in piccolo tra gli Alleati da una parte e l’Asse dall’altra, donando un degno finale ad una serie che narra, attraverso il mezzo del fumetto, gli eventi della Seconda Guerra Mondiale parlando di quelli che sarebbero potuti essere i presunti protagonisti tra le migliaia di soldati che l’hanno combattuta. Anche Tomas Aira sembra essere particolarmente in forma in questo capitolo conclusivo de Le Storie di Guerra, rendendo le sue illustrazioni più dettagliate e caratterizzando maggiormente i protagonisti.
Garth Ennis continua così la sua opera di narrazione nata nel 2001 con le sue storie di guerra, grazie alle sue conoscenze approfondite del tema bellico unite alla tipica capacità di quest’autore di creare personaggi caratterizzati in maniera magistrale e vicende umane dal sapore amaramente realistico.
Il primo volume della serie Le Storie di Guerra di Garth Ennis, edito da SaldaPress. Scopritelo cliccando qui.