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Conte tratta in Europa ma sul Mes arriva il fuoco amico di Fico. Il presidente della Camera: non servirà, sufficienti le misure del Recovery fund

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Neanche il tempo di tirare un sospiro di sollievo per l'accordo che si sta delineando sul Recovery fund, che già Giuseppe Conte va a sbattere contro il muro del Mes. È solo ora di pranzo, infatti, quando a mettere nero su bianco le già ben note perplessità del M5s è un carico da novanta del Movimento. «In questo momento vedo che il Recovery fund sta diventando realtà, le misure sono sufficienti e quindi potremmo non ricorrere al Mes», spiega il presidente della Camera Roberto Fico. Che, ben consapevole del suo ruolo istituzionale, evita accuratamente posizioni tranchant. Ma, lette con le lenti della politica, è del tutto evidente che le parole della terza carica dello Stato sono un assist ai tanti che nel M5s sono fortemente critici verso il Meccanismo europeo di stabilità. Su cui, peraltro, Fico ha sempre manifestato dubbi, anche se precisando che «senza condizioni di alcun tipo sarebbe un'altra cosa» e «ci si potrebbe ragionare».

È la conferma, insomma, che sarà questo il prossimo passaggio chiave per il governo, visto che proprio sul Mes è previsto a breve un voto del Parlamento. Un passaggio nel quale non è affatto escluso che emergano le divergenze interne alla maggioranza, considerando peraltro che Forza Italia ha già fatto sapere che voterà a favore (compensando, dunque, eventuali defezioni grilline). Non è un caso che Conte pensi di presentare alle Camere l'intero pacchetto europeo - Recovery fund, Sure, Bei e Mes - così da blindarne l'approvazione. Nonostante il premier continui a far filtrare che sul Meccanismo di stabilità «il governo valuterà», la consapevolezza, infatti, è che sarà molto difficile per l'Italia fare a meno di quei 36 miliardi a tasso quasi nullo. D'altra parte, prima di inizio 2021 gli altri strumenti messi a disposizione dall'Europa rischiano di non essere disponibili se non per qualche miliardo. Di qui, la sensazione che alla fine al Mes si ricorrerà eccome. Circostanza, questa, su cui stanno già battendo le opposizioni. «Finalmente Di Maio ha capito che bisogna cancellare l'Irap, presto si renderà conto che per riuscirci bisogna usare il Mes per finanziare le spese sanitarie, così da liberare risorse per aiutare le imprese», fa notare la vicepresidente della Camera Mara Carfagna. «Di qui alla fine del 2020 l'Italia avrà a disposizione 2 o 3 miliardi, quindi la strada segnata rischia di essere quella del Mes», sottolinea Carlo Fidanza, capo delegazione di FdI al Parlamento Ue. Circostanza, questa, su cui concordano non solo in Fratelli d'Italia - notoriamente scettici sul Mes - ma pure nel Pd o in Forza Italia.

D'altra parte, al di là delle dichiarazioni ufficiali, nessuno pensa davvero che il M5s alzi le barricate in Parlamento. Anche quel voto, come la sfiducia al Guardasigilli Alfonso Bonafede, ha una strada segnata e scontata. E ancora una volta il Movimento troverà il modo per ingoiare l'ennesima retromarcia. Niente di nuovo, film già visti con Tav, Tap e chi più ne ha più ne metta. Ma su questo fronte i grillini hanno le spalle forti. Nessuno ha fatto una piega, per dire, sulla lettera fotocopia inviata da Conte a Corriere della Sera e Fatto quotidiano in cui sostanzialmente delineava una sorta di piano di legislatura. Con alcuni punti piuttosto dolenti per il M5s, come sulla pubblica amministrazione o sulla giustizia. Il premier, per dirne una, auspica che si possa «circoscrivere il reato di abuso d'ufficio» quando solo un anno fa Luigi Di Maio spiegava che «gli amministratori onesti non hanno nulla da temere». E anche questa volta, dal Movimento niente più che qualche malumore.