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Bimbo precipitato a scuola, il Pm: «Maestre e bidella provocarono la morte»

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Il bambino, mentre stava andando ai servizi, è salito su una sedia girevole con rotelle, poi è precipitato per 13 metri

Sarebbero state le due maestre e la bidella ad avere «cagionato la morte del bambino» di quasi sei anni precipitato nella tromba delle scale della scuola Pirelli di Milano lo scorso 18 ottobre e morto quattro giorni dopo in ospedale. La loro «colpa» è «consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme», come si legge nell’avviso di conclusione indagini firmato dal Pm Maria Letizia Mocciaro.

L’atto ricostruisce la vicenda: intorno alle 9,30 il bimbo «chiedeva alle insegnanti presenti di potersi recare ai servizi; le insegnanti, nonostante l’assenza della collaboratrice scolastica assegnata al piano (circostanza che non verificavano) e senza accompagnarlo (nonostante fossero in due in classe) gli consentivano di uscire».

L’alunno «si recava da solo ai servizi e nel fare rientro verso la classe (…) si avvicinava al pianerottolo della tromba delle scale dove trovava una sedia girevole con rotelle (abbandonata e incustodita) si arrampicava su detta sedia presumibilmente incuriosito dal vociare» dei bambini di una classe che stava uscendo per andare in palestra. Poi «dalla sedia si sporgeva, perdeva l’equilibrio e cadeva nel vuoto (dalla sommità del parapetto al punto di caduta è stata misurata un’altezza di circa 13,50 metri), procurandosi gravissime lesioni che ne causavano il decesso qualche giorno dopo in ospedale».

In particolare, la maestra di italiano e la docente di sostegno sono incolpate di avere «omesso la dovuta vigilanza sul bambino»: gli hanno permesso di «recarsi ai servizi igienici fuori dall’orario programmato» violando il regolamento dell’istituto. La collaboratrice scolastica invece è accusata di «non avere prestato servizio nella zona di competenza secondo la mansione assegnatale», di «non avere vigilato sulla sicurezza ed incolumità dell’alunno (…) in particolare nello spostamento per recarsi ai servizi, per avere utilizzato il telefono cellulare per scopi personali durante il tempo in cui avrebbe dovuto effettuare la sorveglianza al piano». E, inoltre, di non aver «sorvegliato il corridoio a lei affidato, non collocandosi nella postazione prevista dal piano delle attività del personale Ata», cioè nel gabbiotto da cui avrebbe potuto tenere d’occhio il piccolo, di non avere «controllato il tempo di permanenza ai servizi del bambino» e di non averlo «riaccompagnato in classe». Ma anche di avere «lasciato incustodita una sedia girevole tipo ufficio in prossimità delle scale, determinando il pericolo che poi si è concretizzato, anziché riporla all’interno del gabbiotto».