Caso George Floyd, la maglietta di LeBron James: «Non riesco a respirare». Quando lo sport insorge contro il razzismo

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La morte, lunedì, di George Floyd ha indignato il mondo e l’Nba. Floyd non era uno sportivo, ma un uomo che, a Minneapolis, è stato arrestato ed è morto poco dopo. Il video di un poliziotto, bianco, inginocchiato sul suo collo mentre il malcapitato, di colore, urla che non riesce a respirare, ha fatto il giro del mondo. Floyd era anche un amico fraterno dell’ex Stephen Jackson, ex ala tra gli altri di Golden State e San Antonio. Comprensibilmente sconvolto l’amico, ma anche altre stelle Nba sono «scese in campo» sui social per twittare la propria indignazione contro l’ennesimo episodio di probabili abusi nei confronti della minoranza etnica.

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