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Massimiliano Verdino

Festa e agonismo, quella gara che può cambiare la vita ai giovani keniani

Dal 1991 a Eldoret la prova sulla terra rossa organizzata dall’allenatore Gabriele Rosa per selezionare i talenti. Da tutto il Paese arrivano scuola bus carichi di ragazzi pieni di speranza ed entusiasmo

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Questo reportage foto-testuale è il resoconto di un viaggio, l’ultimo, dei tanti, in ordine di tempo, fatto in Kenya a inizio 2020. Ho colto la possibilità che generosamente mi è stata offerta dal dottor Rosa e dalla sua organizzazione; su Gabriele Rosa bisognerebbe scrivere un capitolo a parte soprattutto per l’impatto umano che la sua opera ha prodotto sulla popolazione keniana della Rift Valley durante gli ultimi trent’anni. A proposito dei fatti agonistici, i racconti delle imprese degli atleti e delle atlete da lui allenate, sono il pane quotidiano dei cronisti di tutto il mondo. Fotografare i durissimi allenamenti in altura nella favolosa cornice della Rift Valley e frequentare i training camp, organizzatissimi e pieni di dignità, che Rosa Associati mette loro a disposizione mi ha dato la possibilità di dare vita a un preziosissimo incontro antropologico. Il confronto con questi gruppi di umilissimi atleti, tra i quali spesso ho trovato i vincitori delle più importanti maratone mondiali e olimpiche, mi ha fatto volare con la fantasia. In una sensazione di libertà e leggerezza, in questi paesaggi vergati dai segni lasciati sin da tempi remotissimi, nelle espressioni gioviali di questa gente sta il senso di questa ricerca estetica: partire per trovare delle risposte e tornare con altrettante domande suggerite dalle immagini che sono riuscito a catturare. La risposta che cercavo, forse, è in quella fotografia che ritrae un atleta che, leggerissimo, percorre la meravigliosa Rift Valley.

Discovery Kenya

L’immagine armoniosa generata da due gambe che si succedono una dietro l’altra, creando quel passo che, all’aumento di velocità si trasforma in corsa, mi ha spinto fino in Kenya. Le fotografie di questo lavoro sono il risultato di una ricerca estetica, dai presupposti antropologici, che mi ha portato, nell’arco di un ventennio, a catturare lo sportivo in azione. Nella Rift Valley due gambe nere come l’ebano, che corrono illuminate dal sole e dal sudore, appartengono il più delle volte ai grandi campioni della disciplina sportiva più antica del mondo, la corsa.

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Sudore e speranze, la corsa dei futuri campioni keniani
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Sudore e speranze, la corsa dei futuri campioni keniani
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Sudore e speranze, la corsa dei futuri campioni keniani
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Sudore e speranze, la corsa dei futuri campioni keniani
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Sudore e speranze, la corsa dei futuri campioni keniani
Sudore e speranze, la corsa dei futuri campioni keniani

Come nell’origine dell’uomo, così anche nella corsa, la Rift keniana è la linea di partenza di questa ricerca. Ciò che è nota come Rift Valley è in realtà uno sprofondamento della crosta terrestre (fossa tettonica afro-araba) che parte dal Mar Morto in Medio Oriente e attraversa il Mar Rosso, l’Etiopia, il Kenya e la Tanzania, fino ad arrivare in Mozambico, 9.600 km. L’aspetto geografico e climatico è uno dei motivi che giustificano i grandi risultati ottenuti dagli atleti keniani nelle varie discipline della corsa. Infatti le caratteristiche altimetriche, oltre 2.500 metri, insieme alla temperatura mite, favoriscono l’ossigenazione del sangue durante l’allenamento, con una notevole riduzione della fatica.

L’altro fondamentale motivo è l’aspetto sociologico: fin da piccoli i keniani della Rift africana, per spostarsi da un villaggio all’altro, sono costretti a percorrere lunghe distanze a piedi, vista anche la scarsità di strade asfaltate e sopratutto dei mezzi di trasporto. Varie sono le etnie che partoriscono questi campioni: Tugen, Kalenji, Pokoto, e come molti altri atleti keniani che usano la corsa come mezzo di locomozione, ogni anno partecipano alla gara di Cross Country più famosa del Kenya, organizzata a partire dal 1991 dal dottor Gabriele Rosa, ricercatore e allenatore di indimenticabili campioni come Moses Tanui, Margareth Okajo, Paul Tergat, Martin Lel, Samuel Wanjiru, Stanley Biwott, Brigid Kosgei e tanti altri. È una giornata di sport che si svolge nel Centro Sportivo di Eldoret che ha la funzione di reclutare giovani corridori provenienti da tutta la Rift Keniana, una bellissima occasione che i genitori dei ragazzini, vestiti a festa, colgono per presentarli al dottor Rosa e ai suoi collaboratori.

Qui il clima è quello della festa. Una festa popolare nella quale non mancano però i contenuti agonistici. Spesso da questa giornata sono emersi i campioni del running mondiale; e per un senso di riconoscenza sono presenti anche quando sono ormai ex atleti. La loro funzione è quella di portare un messaggio, alle bambine e ai bambini e ai giovani atleti; la loro presenza legittima il prestigio di questo evento. Ma si nutrono anche di pura energia, l’energia aspirazionale che sprigionano i corpi ancora acerbi ma forgiati dalle difficoltà del territorio africano e delle loro condizioni di vita. Corpi che si slanciano fino a perdere il fiato, per fare il tempo migliore dell’anno, con la speranza che la loro ampia falcata venga notata dai tecnici e dagli osservatori, soprattutto europei, che vengono a caccia di talenti: a caccia di quel diamante puro da sgrezzare e farlo diventare una stella, un campione esemplare.

È bellissimo il caleidoscopio di immagini che, fin dal mattino presto, la comunità del podismo africana riesce a proiettare sul campo di atletica leggera di Eldoret. Gli scuola bus che arrivano delle più lontane località del Kenya, liberano questa moltitudine di atleti che ricordano le mandrie delle grandi migrazioni degli gnu africani. Ma con una caratteristica: tutti sono vestiti a festa, per onorare questa grande occasione, eleganti come solo gli africani sanno essere. E con la consapevolezza che questa mattina può cambiargli la vita. Il quadro che ne risulta è un affresco colorato, festoso, ma pieno di dignità, che si staglia sullo sfondo della potente vegetazione equatoriale africana e di una terra che più rossa non si può. È Africa vera, non quella dei resort e dei parchi esclusivi: quella di una civiltà millenaria, che ha molto da trasmettere soprattutto a chi viene da lontano a cercare l’oro... È un’Africa che trasmette e offre, da sempre, una promessa di umanità di cui tutti abbiamo tanto bisogno (1 - Continua)