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Ragazzi, smettete di fumare: è un grande affare (anche economico)

L'appello di Fondazione Veronesi: aumentare il prezzo delle sigarette sarebbe un deterrente decisivo per scoraggiare il consumo fra i giovani (e non solo)

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«Proteggere i giovani dalla manipolazione dei produttori e prevenire l’uso di tabacco e nicotina». È questo il tema scelto dall’Organizzazione mondiale della sanità per la Giornata mondiale senza tabacco 2020 che, come ogni anno, si celebra il 31 maggio in chiusura di un mese di iniziative globali dedicate alla lotta al fumo. Il tabacco continua a essere la prima causa di morte evitabile in tutto l’Occidente e uccide ogni anno solo in Italia più di 70mila persone, ciononostante 11 milioni di connazionali continuano ad accendersi sigarette ogni giorno. Dagli ultimi rapporti dell’Istituto superiore di sanità emerge che quasi la metà dei giovanissimi fuma o svapa di tanto in tanto e che un minore su 10 è già tabagista abituale. Iniziano alle medie, alcuni alle elementari. Preferiscono le sigarette confezionate, ma cresce il consumo sia di quelle fatte a mano con il più economico tabacco sfuso sia delle e-cig. Per capire meglio la realtà dei teenager tabagisti nel nostro Paese e soprattutto per individuare le migliori strategie di prevenzione e disassuefazione, Fondazione Umberto Veronesi, da sempre impegnata nella lotta al fumo, ha promosso un’indagine e lancia un appello: «Per proteggere le generazioni future (e non solo), bisogna alzare il prezzo del tabacco».

L’indagine: se aumenta il prezzo i tabagisti smettono

L'indagine è stata condotta da AstraRicerche a marzo 2020 su un campione rappresentativo di 654 ragazzi fra i 15 e i 19 anni. «In Italia il numero di teenager che fumano resta alto: il 40% degli interpellati dichiara di fumare, almeno ogni tanto — dice Roberto Boffi, responsabile della Pneumologia e del Centro Antifumo all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e membro del Comitato scientifico di Fondazione Veronesi per la lotta al fumo —. Un dato impressionante, ma che stupisce meno se si considera che oltre la metà degli intervistati ha almeno un genitore che fuma. Due studenti su tre trovano un tabaccaio entro 300 metri dalla scuola. Moltissimi non percepiscono di essere oggetto di strategie di promozione e di marketing (meno della metà avverte la promozione dei prodotti in eventi o luoghi di ritrovo, sui social network come Instagram; solo il 40% la nota nei videogiochi, film, video musicali). Da qui nasce la proposta di Fondazione Veronesi: aumentare il prezzo di sigarette e tabacco è la prima misura efficace per ridurre i consumi, specie fra i giovanissimi, ma anche fra gli adulti». La prova? Se il prezzo di un pacchetto raddoppiasse, il 57% dei ragazzi dichiara che smetterebbe e il 40% cercherebbe di ridurre il numero di sigarette quotidiane.

Ostacolare i ragazzi fumatori è una strategia efficace

Non bastano ma aiutano anche altri ostacoli, come i divieti di fumo all’aperto o, a partire dalla recente esperienza del lockdown per il coronavirus, il divieto da parte dei genitori di fumare in casa. «Fumare da giovani significa non solo danneggiare la salute nell’immediato (tosse, affanno, bronchiti ricorrenti e un calo generale delle prestazioni sessuali e fisiche, soprattutto per chi fa sport), ma anche ipotecare quella futura: basti pensare che sono dovuti al tabacco 8 casi su 10 di cancro al polmone, ancora oggi uno dei tumori più letali, che ogni anno viene diagnosticato a 37mila italiani» spiega Giulia Veronesi, direttrice della Chirurgia Robotica Toracica al San Raffaele di Milano. Altro aspetto fondamentale è nella lotta al fumo è andare nelle scuole, per far comprendere ai bambini (prima che inizino) tutti i danni provocati dal fumo e per smascherare, con i ragazzi, le tante fake news che circolano e spesso fungono da scusante per non smettere. Per questo dal 2008 Fondazione Umberto Veronesi porta avanti il progetto No smoking be happy, con attività educative e campagne di informazione (in scuole e piazze) e sensibilizzazione rivolte a grandi e piccoli, nato proprio per sensibilizzare sulle malattie causate dal tabacco e informare sui benefici prodotti dallo smettere. 

Le nuove scelte di marketing delle aziende

Da anni comunità scientifica e istituzioni sanitarie sostengono l’appello ad alzare il prezzo di tutti i prodotti da tabacco. «Le misure economiche sono fra le più efficaci — sottolinea Roberta Pacifici, direttore dell’Osservatorio Fumo dell’Istituto superiore di sanità —. Come ricorda l’Oms in occasione della Giornata mondiale senza tabacco 2020, aziende e lobby del tabacco hanno deliberatamente impiegato, per decenni, strategie di marketing per attirare i giovani verso il fumo e di recente finanziato numerose ricerche con l’obbiettivo di avvicinare le nuove generazioni al consumo di sigarette (elettroniche, tradizionali o “riscaldate”) e sostituire i ragazzi con il vecchio target di riferimento, ovvero milioni di adulti che ogni anno muoiono a causa delle malattie fumo-correlate a partire da tumori, malattie cardiovascolari e respiratorie». In che modo le industrie del tabacco e della nicotina manipolano i giovani? «Le strategie sono moltissime — risponde Pacifici —. Dall’uso di aromi nei prodotti del tabacco e della nicotina (come ciliegia, gomma da masticare, menta) che sono più gradevoli e spingono a sottovalutare i rischi per la salute al design elegante e prodotti alla moda; dalle partnership con celebrità o influencer e concorsi sponsorizzati da noti brand alla pubblicità indiretta nei film o nei programmi TV. Solo per fare degli esempi».

Accise più alte per finanziare la ricerca

Aumentare le tasse sui prodotti di tabacco avrebbe per lo Stato un duplice vantaggio: ridurre i costi della sanità per tutte le malattie provocate dal fumo e, tramite le accise, raccogliere fondi da destinare a ricerca e prevenzione per promuovere una società libera dalle sigarette. «In Francia ci sono già arrivati e un pacchetto oggi costa in media 10 euro, mentre in Italia non raggiunge i 6 — spiega Silvano Gallus, responsabile del Laboratorio di Epidemiologia degli Stili di Vita all’Istituto Mario Negri, anche lui membro membro del Comitato fumo di Fondazione Veronesi  —. In base alle evidenze attuali, un’accisa che porti il costo medio di un pacchetto a 10 euro farebbe ridurre di oltre 800 milioni i pacchetti venduti e aumentare le entrate fiscali di ben 5,4 miliardi di euro. Senza contare che le sigarette a tabacco riscaldato godono in Italia di importanti vantaggi fiscali: essendo state considerate prodotti a minor rischio di salute hanno accise pari a un quarto rispetto a quelle tradizionali. Ma se è vero che paiono provocare meno danni, il punto è che bisogna combattere ogni sorta di fumo e non creare pericolosi alibi che spostano i tabagisti da un prodotto a un altro». 

La dipendenza da fumo

«La dipendenza è la necessità di assunzione in maniera ossessiva e compulsiva di una sostanza (droga), dannosa, ma in grado di innescare un meccanismo di gratificazione e piacere — dice Licia Siracusano, referente del Centro Antifumo dell’Istituto Clinico Humanitas di Milano e membro del Comitato scientifico di Fondazione Veronesi per la lotta al fumo —. La mancata assunzione di droga può comportare uno stato di malessere, una sindrome d’astinenza. Il tabagismo è una dipendenza, non un vizio e la droga è la nicotina (principio attivo del tabacco), in grado di indurre dipendenza fisica e psicologica. Ecco perché sono utili i Centri antifumo, ambulatori dedicati alla cura di una malattia: la dipendenza da tabacco. È stato scientificamente dimostrato che le probabilità di riuscire smettere sono maggiori se ci si rivolge a un Centro antifumo, dove si sceglie l’aiuto migliore per ogni persona: sono a disposizione farmaci per controllare le crisi di astinenza e un sostegno per combattere la dipendenza psicologica». 

Diagnosi precoce del tumore ai polmoni con la Tac spirale

Tra le patologie causate da fumo, il tumore ai polmoni è la più letale e rappresenta ancora la prima causa di morte per cancro. «Il problema maggiore è che quando il cancro si manifesta con i primi sintomi, è già in stadio spesso avanzato e non operabile — conclude Giulia Veronesi —.  Grazie allo screening con TC a bassa dose di radiazioni e senza contrasto, un esame che dura sei secondi e non è nocivo, è possibile intercettare i tumori in fase molto iniziale di malattia con elevate possibilità di guarigione (all’incirca l’80-90% dei pazienti). Tutta la comunità scientifica e ormai anche i governatori italiani ed europei sono consapevoli che implementare lo screening su larga scala per forti fumatori o ex-forti fumatori esposti al fumo per più di 20 anni rappresenti una priorità dell’agenda di sanità pubblica. Una politica che avrà un grade impatto nel ridurre la mortalità del carcinoma polmonare e che sarà l’occasione per invitare i forti fumatori a occuparsi della salute di cuore e polmoni e smettere di fumare con l’ausilio dei centri specializzati».