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Trump vs. Twitter: ora le sue vendette spaventano anche i conservatori

Stanchi delle boutades del presidente, sempre più repubblicani si esprimono contro di lui. In campo anche il Wall Street Journal e il New York Post, dell’amico Murdoch

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NEW YORK
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Da tempo si discute della necessità di regolamentare le aziende dell’economia digitale che, anno dopo anno, sono diventate gigantesche e hanno conquistato un potere immenso creando situazioni di quasi monopolio.Ora Donald Trump minaccia di intervenire, ma a modo suo. Non è una buona notizia per il mondo della tecnologia, per la democrazia americana e anche per gli stessi conservatori, i sostenitori del presidente, sempre più allarmati per le sue intemperanze verbali e per scelte politiche che rischiano di costare a Trump la Casa Bianca e ai repubblicani il controllo del Senato (la Camera l’hanno persa due anni fa).

La minaccia di «regolare strettamente o di chiudere» le piattaforme dei social non viene lanciata da Trump sulla base delle indagini condotte dal Congresso soprattutto su alcuni abusi di posizione dominante: è solo una vendetta per il trattamento da parte di Twitter che, nel pubblicare i suoi post contenenti affermazioni palesemente false, per la prima volta ha cominciato a inserire note che qualificano queste informazioni come problematiche e rinviano ad altre fonti giornalistiche.

Il caso Twitter è solo l’ultimo di una serie di affermazioni estreme del presidente: dalle accuse a Biden e Obama di aver commesso crimini alla Casa Bianca all’affermazione che il voto per posta (assai usato negli Usa anche alle presidenziali) è «sostanzialmente fraudolento», passando per le ripetute accuse a un conduttore televisivo della rete Msnbc, molto critico nei suoi confronti, di essere un assassino: una sua assistente morì vent’anni fa in Florida (mentre lui, Joe Scarborough, era a Washington). Per l’autopsia, disposta allora dalla magistratura, si trattò di un problema cardiaco.

La novità è che il malessere per le prese di posizione estreme del presidente, convinto che questa linea sia gradita ai suoi elettori, si sta diffondendo anche a destra e tra i suoi amici: al Senato Lindsey Graham, un alleato, ha respinto la richiesta di Trump di convocare Obama, per metterlo sotto accusa, mentre anche Marco Rubio, che ora guida la Commissione sui servizi segreti, ha fatto sapere di non credere a un Obamagate e di non voler usare indagini sugli affari all’estero di Hunter Biden per accusare il padre Joe, candidato democratico alla Casa Bianca.

E mentre l’ultrà di destra Ann Coulter dà al presidente dell’idiota per le vendette come quella contro l’ex ministro della Giustizia Sessions che faranno perdere ai repubblicani seggi-chiave del Senato, dall’Alabama al Colorado, scendono in campo le intere direzioni del Wall Street Journal e del New York Post, i due quotidiani di Rupert Murdoch, grande alleato di Trump, che scongiurano il presidente di smettere sostenendo che sta facendo del male all’America e alla causa repubblicana. Ma il Journal, sconsolato, non si illude: «Pensa che tutto questo lo aiuti politicamente. Ma come?».