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Giulia, la prof col camper che fa lezione on the road ai suoi studenti

Insegnante di laboratorio linguistico in una media di Faenza ha sperimentato questa formula di didattica di vicinanza per «agganciare» i suoi studenti e farli recuperare. E funziona

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Giulia Zaffagnini non è solo una giovane prof che lavora nella scuola media Bendand di Faenza come insegnante di laboratorio linguistico. E’ anche una gran viaggiatrice che nel 2015, di ritorno dall’Erasmus, si era comprata un camper «vintage» del 1987 che ha risistemato per le sue estati. «Ma d’inverno è fermo, quando lavoro». Non quest’anno. Un po’ preoccupata per i suoi studenti, Kaltra, Modou, Sharif e Battista, quattro ragazzi tra gli 11 i 14 anni, stranieri, che con la didattica a distanza faticavano parecchio anche perché ancora non conoscono bene la lingua italiana, ha deciso che era venuto il momento di sperimentare la didattica on the road: un paio di volte alla settimana arriva sotto casa dei suoi studenti per una lezione personale: parcheggia il suo Volkswagen Vestfalia, tira fuori un tavolino e una vecchia lavagna in ardesia, che un amico le ha regalato. E si comincia: «Disinfetto tutto prima e dopo, mantengo la distanza, con guanti e mascherina, all’aperto».

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L’idea

«L’idea mi è venuta pensando alla mia situazione personale - spiega Giulia- quindi vorrei fare un appello a tutti gli insegnanti: magari tante volte non ce ne rendiamo conto, ma un’idea creativa può essere dietro l’angolo e possiamo semplicemente provare a metterla in pratica. Dobbiamo renderci conto che a volte anche una piccola idea può cambiare tanto ai ragazzi». Giulia si è così inventata il progetto «Scuola senza frontiere», alternando didattica online a quella in presenza: «I riscontri sono stati positivi, i ragazzi mi hanno detto di essere un po’ stanchi di restare tante ore al computer». «Al sopraggiungere dell’emergenza - dice la preside Marisa Tronconi - mentre tutti si sono organizzati per portare avanti la didattica a distanza, Giulia ha avuto un’idea geniale: non si tratta di una scuola alternativa, ma dettata dall’emergenza, possibile per disponibilità personale, perché gli alunni da seguire sono pochi, quindi fattibile. Rientra nei tentativi di comunicazione, di creare quell’empatia che dietro a un personal computer è pressoché impossibile. Con le scuole dell’infanzia stiamo tentando con un ristretto numero di bambini per volta anche lezioni al parco».