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È morto Larry Kramer, l’uomo che costrinse l’America ad affrontare l’epidemia di Aids

Sceneggiatore e attivista, aveva 84 anni. A lungo «nemico» dell’infettivologo Fauci, era poi diventato suo amico . La sua storia, «The Normal Heart» è diventata un film

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«Vuoi che dica ai gay di smettere di fare sesso? Ti rendi conto che stai parlando di milioni di uomini che hanno fatto della promiscuità sessuale la loro principale missione politica?» chiede alla dottoressa che lo sta visitando il protagonista di The Normal Heart, dramma teatrale del 1985 sui primi anni dell’epidemia di Aids a New York. Il suo autore, il drammaturgo Larry Kramer, è morto mercoledì scorso a 84 anni. Per tutta la sua vita ha fatto esattamente quello, e molto di più: ha costretto il mondo a prendere sul serio la misteriosa malattia di cui allora nessuno si interessava perché uccideva (così si pensava negli anni 80) «solo i gay». E di cui nemmeno loro volevano sentir parlare, perché li costringeva a rinunciare alla libertà sessuale che avevano faticosamente conquistato dopo secoli di una repressione di cui sentivano ancora gli effetti (anche sotto forma di un residuo odio di sé). «Per molto ragazzi non è facile incontrarsi in un altro modo. È un modo per trovare una connessione. Che poi diventa una dipendenza» spiega ancora il protagonista di The Normal Heart (il dramma nel 2014 è diventato un film, per la regia di Ryan Murphy).

Kramer, scrittore e sceneggiatore candidato all’Oscar per «Donne in amore» (1969), non aveva paura di dire le verità più scomode. E lo aveva fatto anche a proposito dell’Aids, di cui aveva iniziato a occuparsi nel 1981 dopo aver letto un articolo su più casi mortali tra i giovani gay di un cancro normalmente molto raro, il sarcoma di Kaposi. La settimana successiva aveva organizzato un incontro con un’ottantina di persone in cui venne fondata la Gay Men’s Health Crisis, la prima associazione gay che si occupava di Aids. Nel 1983 scrisse su The New York Native «1.112 e il conteggio continua», l’articolo che costrinse i gay di New York a smettere di ignorare l’epidemia: «È in gioco la continuazione della nostra esistenza come uomini gay sulla faccia della terra. Se non lottiamo per la nostra vita, moriremo. In tutta la storia dell’omosessualità non siamo mai stati così vicini alla morte e all’estinzione. Molti di noi stanno morendo o sono già morti» diceva.

Provocatorio, iconoclasta e teatrale, per anni Kramer si è scontrato con tutte le istituzioni, dal sindaco di New York al presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan (che fino al 1985 si rifiutò di pronunciare la parola Aids), fondando nel 1987 Act Up (Aids Coalition to Unleash Power) per alzare il livello della protesta: il gruppo, famoso per le sue azioni spettacolari, nel 1991 ricoprì con un enorme preservativo giallo la casa di un senatore conservatore che si opponeva alle politiche di prevenzione dell’Hiv. La furia di Kramer divenne leggendaria. «Ero conosciuto come l’uomo più arrabbiato del mondo, perché ho scoperto che la rabbia ti portava più lontano della gentilezza. E quando abbiamo iniziato a sfondare nei media, facevo una televisione migliore di quelli che erano gentili».

Tra i suoi peggior nemici di allora c’era un uomo che in queste settimane è tornato al centro della cronaca per la pandemia di Covid-19: il dottor Anthony S. Fauci, il direttore dell’Istituto Nazionale americano per le Allergie e le Malattie Infettive. «Come ho conosciuto Larry? Mi ha definito un assassino e un idiota incompetente sulla prima pagina del San Francisco Examiner» lo ha ricordato adesso in un’intervista al New York Times. I due poi — e questo dice molto anche dei meriti di Fauci — sono diventati amici, perché hanno capito che stavano dalla stessa parte: volevano evitare che gli americani si ammalassero di Aids. Kramer, ha raccontato il medico, lo ha aiutato a capire come la burocrazia federale stesse effettivamente rallentando la ricerca sull’Aids e ha avuto un ruolo «essenziale» nello sviluppo dell’elaborato mix di farmaci che ha permesso di prolungare la vita delle persone sieropositive (anche Kramer lo era) e nel far approvare in tempi brevi le nuove cure. Fauci invece lo ha aiutato a ottenere il trapianto di fegato che gli ha permesso di sopravvivere a un’epatite che lo avrebbe ucciso a 66 anni. «È stata una relazione straordinaria durata 33 anni — dice Fauci —. Ci volevamo bene. Andavamo a cena insieme. Io andavo a trovarlo nel West Village, lui veniva a Washington».

Chi ha conosciuto Kramer dice che la sua grandissima rabbia era solo l’altra faccia di un cuore altrettanto grande. «Era un vero eroe: un sacco di persone oggi gli devono la vita» ha detto Julia Roberts, che ha recitato in The Normal Heart. «Larry Kramer ha insegnato a tutti noi il valore della responsabilità dell’essere umano. Riposa in Potenza», ha scritto Tom Hanks commentando la notizia della sua scomparsa. Kramer, che è morto di polmonite e lascia il marito David Webster, stava lavorando a una nuova opera, sulle «persone gay che sono dovute sopravvivere a tre piaghe», l’Hiv-Aids, il Covid-19 e il declino del corpo per la vecchiaia. Avrebbe avuto molto da dire su come si affronta un’epidemia.