La bambina nata con il cuore fuori dal corpo: «Così l’abbiamo salvata»
Al Regina Margherita hanno operato cinque équipe e quaranta persone
by Lorenza CastagneriAccanto a lei, una maxi équipe di quaranta persone. Ginecologi, ostetriche, anestesisti, chirurghi pediatrici, infermieri. Una sala parto inconsueta, all’ospedale Regina Margherita, per garantirle la massima assistenza. La nascita con il taglio cesareo e un primissimo intervento, subito dopo, su un lettino chirurgico vicino a quello della sua mamma. Così Alice — il nome è di fantasia — è venuta al mondo soltanto una settimana fa. E a guardarla adesso, ancora sedata, in una culla della Rianimazione del Regina, sorge spontaneo pensare che questa bimba abbia già vissuto due o tre vite.
È affetta da una sindrome congenita quasi sconosciuta, l’Ectopia cordis, che colpisce un neonato ogni milione di nati vivi. Il suo cuore e parte del suo fegato si trovavano fuori dal torace. Non solo. La piccola aveva una grossa massa sul pavimento della bocca ed era senza sterno. Tre anomalie mai viste tutte insieme in un solo corpicino. In India, dove la sua mamma piemontese si era trasferita e viveva con il papà, i medici non le avevano dato speranza di poter curare la sua piccola. Ci ha pensato Torino.
«Abbiamo conosciuto la storia di questa bimba due mesi e mezzo fa, grazie ai nostri colleghi della Diagnostica prenatale del Sant’Anna, con cui spesso lavoriamo», racconta il dottor Fabrizio Gennari, direttore della struttura complessa di Chirurgia del Regina Margherita. E subito i medici hanno capito che andava organizzato un parto con la «exit procedure» alla trentottesima settimana. Alla Città della Salute capita una, massimo due volte all’anno, quando il bambino, una volta nato, non è in grado di respirare da solo. Come Alice per colpa di quella grossa massa sotto la bocca. «Lo sforzo organizzativo — confida Gennari — è non indifferente. In sostanza, l’utero non si deve accorgere che estraiamo la testa del bambino per poterlo intubare, in modo che continui a ricevere ossigeno dalla placenta». Quando il piccolo è in respirazione assistita, il parto cesareo può proseguire, con l’estrazione del resto del corpo. «In questo caso, subito dopo, la neonata è stata trasferita di pochissimi metri, nella sala operatoria a fianco, dove abbiamo suturato la pelle per poter ricoprire la porzione di fegato e il cuore esposti».
Tutto è avvenuto nel tempo record di 40 minuti. «Normale — minimizza Gennari —. In fondo non ci siamo inventati nulla. L’exit già esisteva». E non è finita. Dopo due giorni, Alice è tornata in sala operatoria col dottor Gennari e il collega Ernesto Pepe, responsabile della Chirurgia plastica pediatrica, per l’asportazione della massa alla bocca, che le ha già consentito di migliorare molto il respiro. La piccola potrebbe essere operata di nuovo già la prossima settimana. «Andiamo con ordine. Prima pensiamo alla respirazione, poi all’alimentazione, inf ine ragioneremo sulla creazione dello sterno e sul riposizionamento del cuore, che ora possono aspettare». Dire se Alice avrà una vita normale è presto. I medici preferiscono parlare di una vita «il più normale possibile», consci che quando la situazione è difficile anche le eventuali complicanze possono essere più severe. Lo sanno anche i genitori di questa neonata così speciale. Che però sperano che la loro storia possa aiutare altre mamme e papà in difficoltà a non arrendersi