Certosa di Trisulti, sovranisti Usa non pagano l’affitto
La Corte dei conti cita in giudizio il braccio destro di Steve Bannon: buco da 200 mila euro per due anni. «L’associazione non possedeva i requisiti richiesti dal bando di gara»
by Ilaria SacchettoniI sovranisti non pagano l’affitto? La Corte dei conti cita in giudizio il braccio destro di Steve Bannon — Benjamin Harnwell — perché paghi 200mila euro di canoni mai versati. Così gli ideologi dell’America first che ispirò la vittoria di Trump alle ultime elezioni hanno perso la battaglia contabile sulla Certosa di Trisulti, monastero benedettino (1200) nel frusinate, concesso con un provvedimento tanto dibattuto quanto lacunoso da un ondivago ministero dei Beni Culturali (che poi, rinsavito, avrebbe invocato lo sfratto nei loro confronti). I magistrati della procura regionale della Corte dei conti avevano approfondito la questione della concessione della Certosa al Dignitatis Humanae Institute di Harnwell le cui carenze sotto il profilo giuridico erano state ricostruite in tv da una puntata di Report.
Dalle verifiche, ora, è emersa una certezza. L’abbazia è stata ceduta non a titolo gratuito, ma dietro pagamento di un canone di 100mila euro annui. Questo si legge «nel contratto di concessione stipulato in data 14 febbraio 2018 dalla predetta associazione con il ministero dei Beni e delle attività culturali e turismo», riepilogano i pm contabili. Ebbene dalla documentazione acquisita nel corso dell’inchiesta sono emerse due circostanze. La prima è che «l’associazione, un’organizzazione nata per formare alla scuola del sovranismo, non possedeva tutti i requisiti richiesti dal bando di gara necessari per poter divenire concessionaria del bene» (e questo è oggetto di un’inchiesta penale del pm Carlo Villani che sta accertando le procedure seguite). Mentre la seconda è che il Dignitatis Humanae «non ha mai pagato il canone concessorio annuale pari a 100mila euro sia per l’anno 2018, sia per il 2019».
Perfettamente moroso dunque. Il vice procuratore contabile Guido Patti (lo stesso dell’affittopoli capitolina) ora chiama lo stesso Harnwell in quanto concessionario di un bene pubblico a ripianare quel buco creato nelle casse statali. E nel farlo bacchetta l’amministrazione pubblica, lenta nel porsi il problema. Annota, infatti, il magistrato: «Nonostante le pressanti richieste dirette a conoscere l’attività da porre in essere per la riacquisizione del bene, nulla è ancora stato fatto dall’amministrazione». In realtà, sia pure in tempi dilatati, l’iniziativa della revoca era stata presa dal ministro Dario Franceschini. Peccato che la decisione abbia subito uno stop dal Tar regionale di Latina che, martedì scorso, ha dato ragione ai sovranisti.