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Csm, riforma presto in Cdm: maggioranza d'accordo su "intervento tempestivo"

Una riforma "che non può più attendere", che non è nata sull’onda emotiva del momento buio che stiamo vivendo" e non è "punitiva contro la magistratura". E' il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, a mettere un punto fermo sul progetto di riforma del Consiglio superiore della magistratura, parlando al Question Time alla Camera, prima del vertice di maggioranza per riprendere il confronto sul testo, già messo a punto nei mesi scorsi, prima dell'emergenza coronavirus, e sul quale c'era una sostanziale convergenza delle forze di maggioranza. Sintonia confermata stasera dopo tre ore di riunione, al termine della quale, per dirla con le parole del ministro "siamo tutti perfettamente d’accordo sul fatto che bisogna intervenire con tempestività".

Una risposta che va data subito al "vero e proprio terremoto" che ha travolto la magistratura italiana, ormai da un anno, con lo scandalo sulle nomine, e poi nelle ultime settimane per effetto delle nuove conversazioni nelle chat di Luca Palamara, emerse dagli atti dell'inchiesta di Perugia. "Una pagina dolorosa che ha fatto emergere dinamiche, nell’assegnazione di ruoli e incarichi, che possiamo definire inaccettabili", ha detto in aula Bonafede.

Il ministro ha illustrato "tre pilastri" su cui si fonda il progetto: "L’introduzione di oggettivi criteri meritocratici nell’assegnazione degli incarichi da parte del Csm; un meccanismo elettivo che sfugga alle logiche correntizie; il blocco, definitivo, delle cosiddette porte girevoli fra politica e magistratura: chi sceglie di entrare in politica deve essere consapevole che non potrà tornare a fare il magistrato". L'obiettivo è arrivare la prossima settimana in Consiglio dei ministri.

Dunque, norme stringenti che, sostanzialmente, impediscono al magistrato di tornare in ruolo dopo aver ricoperto cariche politiche elettive o di governo, anche a livello territoriale. Nuove regole anche per i magistrati fuori ruolo, quelli che ricoprono incarichi presso i ministeri e altre istituzioni, per evitare che quella esperienza diventi per loro un'occasione di carriera: non potranno fare domanda per accedere a incarichi direttivi per un determinato periodo di tempo successivo alla cessazione dell’incarico. Questo vale anche per i componenti del Consiglio superiore della magistratura.

Nessun intento punitivo, ma al contrario, assicura il ministro, una "tutela" per la "stragrande maggioranza" dei magistrati, che "non merita di essere trascinata, come sta avvenendo, nelle squallide paludi delle polemiche". Sono quei magistrati "che meritano e pretendono di operare in un contesto normativo e strutturale che deve assicurarne l’autonomia e l’indipendenza, garantendo trasparenza in ogni aspetto che attiene alla loro vita professionale", perché "l’autorevolezza e il prestigio che merita alla magistratura italiana è un obiettivo imprescindibile per la salvaguardia dello stato di diritto e la pienezza delle tutele di tutti i cittadini".