Coronavirus Lombardia, prima «mappa» di chi ha gli anticorpi: uno su 10 è asintomatico
Indagine epidemiologica del Gruppo Humanitas su 4 mila lavoratori dei poli lombardi. A Milano ha superato il virus il 6-9% dei dipendenti, a Bergamo si arriva al 43%. Mantovani, Humanitas: l’ospedale, se ben protetto, è un luogo sicuro
by Gianni SantucciDieci per cento di malati senza alcun sintomo. Una percentuale che sale oltre il venti se si considera anche chi ha avuto soltanto un sintomo (non grave). Tradotto: due persone su dieci hanno avuto il coronavirus quasi senza rendersene conto. La prima indagine epidemiologica sul Covid-19 in Lombardia certifica un tema che è stato dibattuto a lungo durante i mesi dell’epidemia, e cioè quanti fossero gli infetti che diffondevano il virus senza rendersene conto. Individuare gli asintomatici sarà decisivo anche nei mesi della «Fase 2».
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Coronavirus, chi ha sviluppato gli anticorpi in Lombardia: le percentuali zona per zona
Il primo studio epidemiologico italiano di grandi dimensioni è stato condotto dal gruppo «Humanitas» su 4mila professionisti delle strutture lombarde del gruppo, che hanno sede in diverse zone della Regione, e si basa sui test sierologici che, in caso di IgG positive (sviluppo degli anticorpi), sono stati seguiti dai tamponi. «Abbiamo testato e misurato la presenza di anticorpi IgG contro Sars-CoV-2, che rappresentano la traccia del contatto con il virus e potrebbero avere un ruolo protettivo — spiega Maria Rescigno, ricercatrice di Humanitas e docente di Humanitas University — in 3.985 persone. Tutti professionisti di ospedali e centri medici Humanitas in Lombardia» (non solo medici, anche impiegati). Obiettivo: capire dove e come il virus sia circolato e se i dipendenti degli ospedali siano stati più esposti. La risposta a quest’ultimo punto è che i lavoratori in ambito sanitario hanno avuto un’esposizione al virus tutto sommato in linea col resto della popolazione (probabilmente perché le strutture del gruppo hanno seguito protocolli di protezione adeguati e dunque l’ambiente ospedaliero non è stato un moltiplicatore del contagio).
Lo studio può contribuire a rivelare quale livello di «immunità di gregge»potrebbe essere stato raggiunto nelle diverse aree della Lombardia. Rispetto a una media del 15 per cento, si va dal 3 per cento di Humanitas medical care di Varese, al 43 per cento di Humanitas a Bergamo. Nelle strutture intorno a Milano la percentuale di chi ha avuto il coronavirus (sintomatico o no) si aggira tra il 6 e il 9 per cento, un dato di fatto in linea con tutte le altre indagini e le stime fatte fino ad oggi dagli epidemiologi, che fissano quella quota intorno al 10 per cento. «Lo studio — spiega Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e professore emerito di Humanitas University — mira a contribuire allo sviluppo delle conoscenze sulla risposta anticorpale e sulla correlazione tra questa e la protezione dal virus. Un lavoro che si distingue per dimensioni e perché dedicato a una popolazione specifica. Emerge che l’ospedale, se ben protetto, può essere un luogo sicuro per i pazienti e per chi ci lavora. I dati evidenziano inoltre come la diffusione del virus tra il personale sia in linea con la situazione del territorio di appartenenza».
Il tema chiave, oltre al ruolo degli asintomatici, sarà la comprensione di quanto chi ha avuto già un contatto con il virus sia protetto: perché più la percentuale di popolazione che non può più ammalarsi si alza, più l’epidemia avrà una minor possibilità di diffondersi. «Il progetto non ha l’obiettivo di fornire la cosiddetta “patente immunitaria” — conclude Mantovani — perché allo stato attuale delle conoscenze nessuno può assicurare che una persona non si ammalerà, o riammalerà, di Covid-19 sulla base della presenza di anticorpi. In futuro sarà però possibile chiarire la relazione esistente fra i diversi livelli di anticorpi e la resistenza al virus, aiutandoci a definire la quantità di anticorpi necessaria per avere una protezione efficace. Inoltre, permetterà di capire quanto durano la risposta e la memoria immunologica e, quindi, l’eventuale protezione».