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Cordoba: "Inter, le prime vittorie avevano un sapore diverso. L'ultima prima del ritiro? Volevo battere il Milan"

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"Pupi, il derby sarà la mia ultima partita, poi mi ritiro. Non diciamo niente a nessuno, concentriamoci sulla partita. L'importante sarà salutare il pubblico al termine del match". Questa la confidenza che Ivan Cordoba fece ad Javier Zanetti qualche giorno prima del derby di Milano andato in scena il 6 maggio 2012, il match che questa sera viene proposto sul canale Youtube del club milanese per la rubrica 'Inter Classics'. Prima delle immagini di quel 4-2 pirotecnico, è proprio il colombiano a prendere la parola per riportare le lancette dell'orologio indietro di otto anni: "E' stato un momento bello, tutti i miei compagni parteciparono al riscaldamento e fu una sorpresa. Per me era una cosa strana, non sapevo nulla di tutto questo. Tutti indossavano la mia maglia, è stato bellissimo: non ho parole per descrivere quel momento".

Era una partita particolare, col Milan che cullava una piccola speranza di vincere lo scudetto.
"Faccio una premessa: sapendo che era la mia ultima gara, avevo detto ad Javier che la cosa più importante era il risultato. Così da avere la possibilità di salutare i tifosi e ringraziare tutti. Poi sarei sceso in campo solo se il mister l'avesse voluto. Ma non volevo venisse preparato niente, volevo vincere. E' stato bello concludere la carriera con un derby, è stata una sorpresa. Quella sera fu fantastica, tutti avrebbero voluto viverla".

Sei entrato per dare una mano.
"Eravamo sul 3-2, la gara era aperta. Non era una passeggiata, ed è stato ancora più bello perché dovevo essere il Cordoba vero, non quello che si stava ritirando. E' un sapore speciale, poi è arrivato quel gol fantastico di Maicon".

455 partite con l'Inter, quale è la più bella?
"Difficile sceglierne una... Ma la prima a San Siro è stata come un sogno, mi sembrava una cosa irrealizzabile in quel momento. Dop aver fatto gli scalini per entrare in campo, mi sono chiesto se fosse tutto vero. C'era lo stadio pieno, ma poi sono dovuto tornare al mondo reale per giocare. Lì ho capito di essere veramente all'Inter, da lì in poi dipendeva solo da me".

La Coppa Italia alzata da capitano il primo trofeo dopo anni non facili.
"Il sapore di quelle prime vittorie all'Inter è diverso da altre situazioni. Siamo passati da momenti difficili e abbiamo goduto di più; quando arrivano i bei momenti li senti più tuoi perché hai lottato per ottenerli assieme alla tua gente. Penso ai miei compagni Marco e Javier (Materazzi e Zanetti ndr), con i quali ho riflettuto anche su cose pesanti vissute all'inizio, ma pensavamo che sarebbe cambiato tutto. E così è stato e abbiamo cominciato a vincere".

Hai fatto 18 gol all'Inter, quale è il tuo più bello?
"A Reggio Calabria è stato un gol molto sentito, ci siamo tolti un peso dalle spalle. In quel momento c'erano molte critiche, sembrava una sconfitta annunciata per una squadra che non riusciva a superare il momento di difficoltà; ho stoppato la palla e ho calciato velocissimo a rete. Non ci credevo neanche io, non fu facile contenere l'emozione. Ma il mio gol preferito è difficile da scegliere, non saperei dire. Me ne piacciono tanti che ho fatti di testa, mi piaceva proprio segnare così. Era una soddisfazione vincere i duelli aerei con gente più alta; il gol col Newcastle è stato l'unico in Champions, lì ho dimostrato la mia qualità più importante, lo stacco. Poi ne ricordo un altro di mancino, al volo, contro il Napoli. Esultai con una capriola e quasi mi spaccai la schiena. Avevo appena recuperato da un infortunio al ginocchio, e infatti non ci credevo di aver segnato con il sinistro: fu una benedizione, capii che ero guarito". 

Tornando a Inter-Milan 4-2, in quella sfida Milito ebbe la meglio su Ibrahimovic con una tripletta. 
"Sono due giocatori molto diversi, ma entrambi fantastici. Milito è il giocatore più insidioso, che ti poteva fare male in qualsiasi momento: è micidiale, non ti lasciava riposare neanche in partitella. Ibra ti dà più punti di riferimento, è una figura importante e riesci a controllarlo di più, il che non vuol dire sia più facile da marcare. Diego si muove su tutto il fronte ed è furbo, tanto che legge le debolezze dell'avversario. Ibra fa più gioco, a volta diventa un dieci: è un uomo-assist incredibile. Rispetto a Milito gioca anche lontano dalla porta".