Simeoni: ‘armstrong mi ha chiesto scusa ma ora voglio la verit
“ARMSTRONG MI HA CHIESTO SCUSA MA ORA VOGLIO LA VERITÀ SUL GIRO 2009” – IL GRANDE EMARGINATO DEL CICLISMO FILIPPO SIMEONI, ACCUSATORE NUMERO 1 DEL TEXANO, RIVELA IL LORO INCONTRO A ROMA NEL 2013 E LA CONFESSIONE FATTA A GIANNI MURA (CHE MANTENNE IL SEGRETO) – LA REPLICA DI IVAN BASSO A LANCE CHE NEL DOCUMENTARIO DICE: “IL CICLISTA ITALIANO HA FATTO COSE SIMILI ALLE MIE EPPURE…” - VIDEO
Cosimo Cito per “la Repubblica”
"La cosa è stata sotto gli occhi di tutti". Il racconto di Filippo Simeoni, in diretta tv, alla fine della terz'ultima tappa del Tour 2004. Armstrong era andato a prenderlo in maglia gialla, gli aveva chiesto di rinunciare alla fuga, l'aveva minacciato. Mesi prima Simeoni aveva testimoniato contro Michele Ferrari, il dottor Mito regista occulto dei successi del texano, e Armstrong l'aveva punito e l'aveva fatto vedere a tutti, mimando il gesto di chiudersi la bocca. Nella prima puntata di LANCE, il documentario della Espn in onda in questi giorni (il secondo e ultimo episodio nella notte tra domenica e lunedì), Armstrong è tornato su quell'episodio: "Sono stato un fottuto stronzo. Quello che pensavo fosse stato brutto, era stato orribile".
Nel 2013 Filippo Simeoni e Lance Armstrong si sono incontrati a Roma, ne hanno riparlato, si sono confrontati e il texano si è scusato. Lo ha raccontato, Simeoni, in un'intervista per il Giornale. Ora aggiunge dei dettagli importanti.
Perché, per anni, non ha mai raccontato quell'episodio?
"Volevo capire se il suo pentimento fosse sincero. Lo era".
Come fa a dirlo?
"Lo guardai negli occhi. Gli raccontai quello che mi aveva fatto passare, lui non mi conosceva a fondo e io non conoscevo lui. Ne presi atto ma ho impiegato anni per metabolizzarlo. Poi ho avuto occasione di parlarne con Gianni Mura".
Mura la intervistò per il Venerdì, nell'ottobre del 2015. Come andò?
"Mura venne da me qui a Sezze, nel mio bar. Parlammo del film The Program ed ebbi modo di raccontargli l'incontro con Lance. Ma gli chiesi di non scriverne, perché avevo bisogno di tempo. Gianni si rivelò un gran signore, non ne scrisse mai, ma mi disse: "Filippo, quello di Armstrong è un gesto importante, se lo raccontassi gli renderesti giustizia. Ha avuto il coraggio di chiederti scusa. Non è da tutti". Quando Gianni è scomparso, mi sono venute in mente quelle parole. Mi sono convinto solo ora perché ho capito che parlarne mi avrebbe liberato".
Armstrong avrebbe voluto rendere pubbliche quelle scuse?
"Sì. Quell'anno era venuto in Europa a incontrare anche altri ex corridori che aveva danneggiato con il suo comportamento. Quando mi chiamò accettai senza remore. E ora posso dire di averlo perdonato e che non ho più risentimento nei suoi confronti".
Cosa pensa di Armstrong e di tutto quel che gli è poi successo?
"Si è realizzata una sorta di giustizia divina, ma la sua caduta, le sue vicissitudini giudiziarie, le sue difficoltà finanziarie, beh, tutto questo mi dispiace. Ma c'è un insegnamento".
Qual è?
"Ha commesso degli errori e dei soprusi, ma ha perso tutto in un attimo. Ha pagato tutto, ogni centesimo di gloria, in sofferenza. Mi fa pena, ma è una storia terribilmente umana. E i giovani devono conoscerla, per non ripetere gli stessi errori. Bisogna essere solidi, avere principi. E non parlo solo dei giovani ciclisti".
Vi siete più cercati da allora?
"Ci siamo scritti qualche mail, gli ho augurato di uscire presto da tutte le vicende giudiziarie. Posso dire di averne subito il fascino. È un personaggio enorme. E ha tutta la vita davanti ancora".
C'è qualcosa che vorrebbe sapere o chiedergli, ancora?
"Sì, una cosa che quel giorno non siamo riusciti a mettere a fuoco, qualcosa che io ho provato a sapere e lui ha evitato di dirmi in modo chiaro. Parlo del Giro 2009".
Armstrong, al rientro dopo il primo ritiro, viene invitato con tutti gli onori al Giro e lei, campione italiano in carica, e la sua Ceramica Flaminia, no.
"Avrei voluto sapere qual era stato il suo ruolo in quella decisione, se avesse espresso lui un veto sulla mia presenza. Non riuscii più a trovare motivazioni e volontà per ripartire dopo quella che io considerai un'ingiustizia. È tutto passato, ma questo dettaglio vorrei ancora chiarirlo, se sarà mai possibile".
Lei oggi ha un bar a Sezze, in provincia di Latina, e segue una piccola squadra di ciclismo con ragazzini della sua zona.
"Abbiamo riaperto lunedì, tanta gente è venuta a prendersi il primo caffè dopo tanta paura. Dei cinque dipendenti che avevo, ora ne ho solo due. Proviamo a ripartire. E poi faccio da sponsor a questa piccola squadra di ragazzini, ne ho una sessantina, di tutto il circondario: Sezze, Veroli, Priverno, Atina. Ho poco tempo, ma metto a disposizione la mia esperienza".
Il ciclismo di oggi è un mondo migliore di quello che lei ha lasciato, oltre dieci anni fa?
"Gli anni in cui ho corso io sono stati terribili. Ho sempre pensato che ci sarebbero voluti decenni per sradicare il doping. È stato fatto tanto e sono convinto che il ciclismo sia molto più pulito. Ma puoi essere smentito da un momento all'altro. Questo vale ora, come allora".
«CARO LANCE, MI DISPIACE
Pier Augusto Stagi per “il Giornale”
Il bulletto fa l' ultimo balletto, anche se temiamo continuerà ad agitarsi ancora un po', perché fermo non è mai stato capace di stare, e di questi tempi anche di lingua va veloce. Dance Armstrong parla e danza, nel documentario Lance, in onda da lunedì negli Usa su Espn e firmato da Marina Zenovich. Due puntate sul sopravvissuto al cancro che seppe successivamente vincere 7 Tour de France. Una storia pazzesca, conclusa nel peggiore dei modi.
La sua storia è magnifica, fino ad un certo punto, però. Poi c' è l' inganno. Il Grande Inganno. Il più grande di tutti, con la complicità dell' organizzazione mondiale del ciclismo (Uci, ndr) che l' ha protetto al pari della più importante corsa ciclistica del mondo: il Tour de France. Alla fine sarà sbugiardato (da livestrong, a liestrong) dalla giustizia ordinaria americana, non da quella sportiva. Quella ha sempre chiuso entrambi gli occhi, non ha mai visto nulla, fin quando è stata costretta ad aprirli, ma ormai era tardi. Maledettamente tardi.
Su Lance Armstrong sono usciti libri e film (The Program), ora anche questo documentario, che aggiunge ben poco alla narrazione di uno degli sportivi più arroganti e bari che lo sport abbia mai conosciuto. Un «dopato precoce», che conosce il dottor Mito, Michele Ferrari, grazie a Eddy Merckx, che glielo presenta. Parla di Ullrich e di Pantani, di Filippo Simeoni - che con il Giornale nei giorni scorsi si è aperto («È venuto in Italia per chiedermi scusa, ora sarei anche d' accordo per una sua riabilitazione», ha detto) - e di Ivan Basso, con il quale non è stato certamente carino. In pratica del campione varesino il texano ha detto che a lui offrono lavoro e lo invitano in tivù, «eppure Ivan ha fatto cose simili alle mie».
Ivan, cosa ha pensato nel sentirsi chiamare in causa da Lance Armstrong?
«Francamente non ho visto il documentario e non so se si sia espresso in quel modo. Da parte mia posso solo dire che a Lance sono e sarò sempre grato, perché con me si è sempre comportato non solo bene, ma benissimo.
Quando mia mamma Nives si ammalò di cancro, lui si fece in quattro per darci una mano. Stessa cosa quando il problema toccò a me nel 2015. Cosa posso dirle, con me è stato davvero generoso e disponibile».
Però l' ha chiamata in causa.
«Io nel ciclismo ho fatto tante cose belle e meno belle. Nel 2006 sono stato coinvolto nell' Operacion Puerto, e per questo sono stato messo spalle al muro: ho confessato le mie colpe (frequentazione di un medico Eufemiano Fuentes inibito per questioni di doping) e ho pagato con due anni di squalifica. Dal paradiso sono finito all' inferno, adesso da oltre quindici anni lavoro con impegno nel mondo del ciclismo. Con Alberto Contador gestiamo una squadra di ragazzi, e nel mondo del ciclismo abbiamo tanti altri interessi. Cerchiamo di dare il nostro contributo per far si che questo sport possa essere migliore».
Lance era il migliore?
«Ho letto l' intervista del Giornale a Filippo Simeoni: l' ho apprezzata molto. Ha detto cose giustissime. Quello era un ciclismo molto particolare, però Lance era una forza della natura, avrebbe vinto sempre e comunque».
Meglio lui o Pantani?
«Marco era il genio assoluto. Il talento. Nessuno come lui. Nessuno».
Sa che Marco non ha mai amato Armstrong, del quale ha sempre dubitato: pensava non solo che potesse ricorrere a cure esclusive, ma fosse anche protetto...
«Lo so».