Dago a 'la stampa' per i 20 anni di dagospia: sognavo il compleanno dell'allegria, invece...
“È UN COMPLEANNO MALINCONICO, LA PAURA DEL COVID CI HA MANGIATO L'ANIMA” – DAGO A “LA STAMPA”: "IN VENT'ANNI DI DAGOSPIA, NON HO MAI SCRITTO UN EDITORIALE. IO CONSEGNO LA PORTATA, IL MONDO DI INTERNET FORMA IL SUO GIUDIZIO. CON UN COLPO DI MOUSE, E' STATA RESETTATA LA PASSIVITA' DEL LETTORE DELL'EPOCA ANALOGICA" - “MI SONO ACCORTO DI ESSERE ENTRATO NELLA STANZA DEI BOTTONI GRAZIE AL VATICANO..."
Michela Tamburrino per “la Stampa”
Dovrebbe essere felice Roberto d' Agostino. Invece non lo è. Perché i vent' anni del sito Dagospia se li era immaginati «stracafonal» , fatti di baci, abbracci, sudori scambiati e tanta allegria. «La paura del Covid ci ha mangiato l' anima. Sognavo il ventennale dell' allegria, invece si rinuncia a vivere. Perciò è un compleanno malinconico, come per tutti».
Grazie a quell' invenzione straordinaria che è il web, il portale Dagospia ha spopolato negli anni e ora ha raddoppiato il traffico causa virus.
«Perché io non alterno porno, politica e feste come dicono certi. Vent' anni fa sono partito nella pura follia. L' ho fatto per curarmi, colpito come ero da una depressione forte, era il demone dell' età. Avevo 52 anni, ero stanco dei giornali, di proposte che non andavano in porto, di ordini altrui. Serviva il colpo di reni: allora faccio l' autarchico, me la suono e me la canto per arrivare a scoprire che ad avere più bisogno della cura erano gli altri, stupiti di avere finalmente accesso ai fatti. Da giornalista di costume mi sono trovato nell' eterogenesi dei fini».
E ricorda: «Nel 2000 non sapevo chi fosse Cuccia, il padrone dell' Italia, perché nessuno ne parlava. Mi hanno aiutato gli amici Palombelli e Proietti, l' arrivo di Cossiga e mi sono trovato a non parlare più di look. Dagospia è una tavola da surf e per inseguire l' onda mi dovevo tenere lontano dall' ideologia forte dell' analogico. Era il digitale a tenermi in sella. Non ho mai scritto un editoriale, io consegno la portata, il mondo di Internet forma il suo giudizio. Avevo in mano la consapevolezza che il linguaggio buono per il giornale fosse sbagliato sul web».
Poco dopo quel 22 maggio 2000, di botto, Dago scopre d' essere entrato nelle stanze dei bottoni: «E' successo grazie al Vaticano. Avevo agganciato un sacerdote che mi faceva da report interno.
Tempo due settimane e il poverino veniva trasferito chissà dove. Mi dissi, allora il Papa mi legge». Certo il Papa ma anche il gotha del potere non prescinde da questo collettore di indiscrezioni e scoop, pur negandolo.
Oggi lui ringrazia la santa pazienza della moglie e gli amici speciali: «Ho avuto la fortuna di incontrare persone di grande intelligenza che mi hanno illuminato. Le cene con Moravia, Arbasino, Scola, da quel campo di battaglia tornavo a casa tutto sudato».
E Maria Angiolillo che metteva a tavola economia e politica. «Raccontavo la stanza di compensazione che era il suo salotto. Lei mi detestava perché non ha mai scoperto chi fosse il mio informatore».