Recovery Plan, per Conte e l'Italia 172 miliardi e due incognite

Il governo si prepara a una trattativa difficile coi 'frugali' (che però oggi non attaccano). Timore per i tempi. Merkel: "Non ce la facciamo per giugno"

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BRUSSELS, BELGIUM - FEBRUARY 4: Italian Prime Minister Giuseppe Conte (L) meets European Commission President Ursula Von der Leyen (R) in Brussels, Belgium on February 4, 2020. (Photo by Dursun Aydemir/Anadolu Agency via Getty Images)
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Tabella ripartizioni recovery fund

“Ottimo segnale da Bruxelles, va esattamente nella direzione indicata dall’Italia. Siamo stati descritti come visionari perché ci abbiamo creduto dall’inizio. 500 mld a fondo perduto e 250 mld di prestiti sono una cifra adeguata. Ora acceleriamo sul negoziato per liberare le risorse presto. Che le capitali europee lo assecondino”. Giuseppe Conte ‘brinda’ su twitter al piano presentato oggi da Ursula von der Leyen sul recovery fund. L’Italia ha ottenuto tanto in effetti, la quota più rilevante tra tutti gli Stati europei, 80mld di sussidi e 90mld di prestiti. Ma ora sull’orizzonte italiano ci sono due tipi di preoccupazioni: puntare ad un’intesa prima dell’estate e difendere la posizione dal contrattacco probabile, anche se ancora non scatenato, dei paesi ‘frugali’, vale a dire Austria, Olanda, Danimarca e Svezia più gli Stati dell’est, tutti che masticano amaro rispetto alla proposta della Commissione europea.

Basti guardare la tabella in foto qui sopra per capire quanto il recovery fund, inserito nel prossimo bilancio pluriennale dell’Ue 2021-27, sia stato di fatto tagliato per l’Italia e la Spagna, i due paesi più colpiti dalla pandemia. Sembra che sia stato creato apposta per questo scopo: dopo la Francia al terzo posto, gli altri paesi ne beneficeranno molto meno. Un risultato inimmaginabile un mese fa. “E’ il d-day europeo del 21esimo secolo”, esulta il presidente dell’Europarlamento David Sassoli.

Ecco, però per avere la disponibilità di questi soldi (il fondo prevede in totale 500 miliardi di sussidi e 250 miliardi di prestiti), bisognerà aspettare gennaio. E’ l’obiettivo della Commissione europea, ma è anche la tempistica prevista da Angela Merkel, che punta ad un accordo tra i 27 paesi membri entro il semestre di presidenza tedesco dell’Ue, che inizia a luglio e finisce a dicembre. Difficile un accordo a giugno, che era e resta l’obiettivo italiano. “È chiaro che le trattative saranno difficili e non saranno chiuse già al prossimo Consiglio europeo”, dice la Cancelliera. Molto probabilmente sarà necessario un altro consiglio europeo a luglio.

Gli ostacoli sul campo sono tanti. E qui veniamo all’altro motivo di preoccupazione nel governo italiano. I ‘frugali’, chiamati così perché di atteggiamento non generoso col bilancio europeo, non sono contenti della proposta della Commissione. Ma per ora non attaccano a spada tratta. Non lo fanno i premier Mark Rutte per l’Olanda e il cancelliere Sebastian Kurz per l’Austria. Anzi: Rutte scrive un tweet molto positivo sulla chiacchierata telefonica ieri con Conte. “Ho parlato con il primo ministro Giuseppe Conte ieri pomeriggio circa la ripresa e i piani di riforma italiani dopo la devastante epidemia del Covid19. Per un’Unione forte abbiamo bisogno di Stati membri forti. Accolgo pertanto con favore il gesto che ispira fiducia del primo ministro Conte”, si legge.

Ma da L’Aja una fonte del governo olandese avverte che “è difficile immaginare che questa proposta sarà il risultato finale dei negoziati. Le posizioni sono distanti e questo è un settore in cui vale l’unanimità. Per i negoziati ci vorrà tempo”.

Innanzitutto, i nordici vogliono garanzie su come verranno spesi i soldi, soprattutto la parte che riguarda i sussidi a fondo perduto. Per questo, la proposta della Commissione prevede di legare le risorse ad un piano di “investimenti e riforme” che dovrà essere elaborato da ogni Stato membro, presentato a Bruxelles e approvato anche dagli altri Stati membri in Consiglio europeo, in linea con le regole europee (quelle del Patto, ora sospese per l’emergenza) e le raccomandazioni che Palazzo Berlaymont scrive per ogni paese nel quadro del semestre di sorveglianza europeo. Ma non basta.

Anche la questione delle ‘risorse proprie’ farà discutere. La Commissione azzarda delle ipotesi, per rimpinguare le finanze del bilancio europeo: ‘carbon border tax’ sui prodotti inquinanti dei paesi extra-Ue, digital tax. Quest’ultimo è argomento sensibile nei rapporti con gli Usa: andrebbe a toccare i giganti della Silicon Valley. E di fronte alla minaccia di Donald Trump di sanzioni per i paesi europei che decidano di adottare questo tipo di imposta, ogni Stato dell’Ue si è regolato come ha potuto. La Francia, per esempio, ha preso tempo, e anche l’Italia, la Gran Bretagna è andata avanti.

Come se non bastasse, il capitolo ‘risorse proprie’ dovrà essere approvato dai Parlamenti nazionali. Ancora più complicato. L’alternativa però è peggiore, ai fini della riuscita della trattativa. Se non si aumenta il tetto delle risorse proprie dell’Ue (nuove tasse), si dovranno aumentare i contributi degli Stati membri al bilancio: ma i paesi del nord sono contrari e lo sono anche i paesi del sud più colpiti dalla crisi.

E poi c’è la questione dei cosiddetti ‘rebates’, gli sconti sui contributi nazionali al bilancio dell’Ue accordati ad alcuni Stati che usano meno risorse europee, come Germania, Olanda. E’ un vecchio ‘privilegio’ concesso alla Gran Bretagna dell’allora premier Margaret Thatcher. La Commissione europea rimanda la questione, ma questo è un punto sul quale l’Italia, la Francia, la Spagna e gli altri paesi più deboli vogliono insistere. “Il capitolo ‘rebates’ non è definitivamente tramontato, ne discuteremo nelle prossime settimane”, dice Sassoli.

Ciò non toglie che questa sia una giornata storica per l’Ue. “L’Europa c’è, la proposta della Commissione è forte”, sottolinea il ministro agli Affari europei Enzo Amendola. “La proposta della Commissione Ue è all’altezza della sfida e della necessità di sostenere il rilancio dell’economia con strumenti e risorse comuni. È un passo avanti storico, ora lavoriamo per adottarla rapidamente. Well done!”, è il commento del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.

Presentato in maniera solenne da von der Leyen al Parlamento europeo, il piano della Commissione europea accoglie richieste del ‘sud Europa’ che sembravano impossibili un mese fa. Per esempio, quella di poter contare su un fondo costituito per la maggior parte da sussidi a fondo perduto piuttosto che prestiti. Anche se non c’è una vera mutualizzazione del debito. Lo spiega la stessa presidente della Commissione, rispondendo alle riserve dei ‘frugali’. “I frugali chiedono un bilancio moderno e il 60% di questa proposta va verso politiche nuove, chiedono anticipi e li abbiamo, chiedono di legare le sovvenzioni alle riforme del Semestre Ue, e lo abbiamo previsto, e chiedono che non porti a una mutualizzazione del debito. E così sarà, perché il meccanismo, che usa garanzie degli Stati, è legato al bilancio Ue e alla sua ripartizione, che ha regole chiare”, dice.

Si apre una pagina nuova? Può darsi. Il negoziato si presenta difficile, ma con margini da sfruttare. Si guardi per esempio al commento a caldo della Danimarca, per niente battagliero. Il governo di Copenhagen si riserva di esaminare il pacchetto in modo approfondito e “spera che si possa raggiungere presto un accordo sul Recovery e sul Bilancio pluriennale”, recita un tweet della rappresentanza danese a Bruxelles. “Il ripristino della crescita economica è nell’interesse di tutti e richiede una strategia comune”.

“Sono colpito dal silenzio di alcuni governi, evidentemente stanno riflettendo”, dice Sassoli che con l’Europarlamento tiene il fiato sul collo della Commissione e del Consiglio: “Noi approveremo solo una proposta che esca dal Consiglio europeo non peggiorata rispetto a quella della Commissione. Ci faremo sentire, com’è d’abitudine”. A metà maggio, a larghissima maggioranza, l’Eurocamera ha votato una risoluzione che prevede un fondo di ripresa europeo di 2mila miliardi di euro, costituito prevalentemente da sussidi invece che prestiti e alimentato anche da risorse proprie dell’Ue.

Almeno è passato il principio che, di fronte a questa crisi, “nessuno può fare da solo”, per usare le parole di von der Leyen. Il resto è nei dettagli di una trattativa tutt’altro che semplice.