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Piano Ue, “Merkel ha accantonato i frugali. Ursula vuole lasciare il segno”

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“L’Europa nella direzione giusta. Ma il Parlamento Europeo aveva chiesto 2000 miliardi di euro e la Commissione ha deciso per 750. L’Italia ha avuto un peso decisivo. Adesso facciamo presto e tutti si diano da fare sui territori italiani contro la crisi”. Daniela Rondinelli, deputata europea M5S interviene senza mezzi termini sulla giornata chiave per il destino del Recovery Fund per salvare l’economia europea.

Tanto tuonò che qualcosa piovve. La Presidente della Commissione Europea ha presentato oggi in Parlamento Europeo la proposta per il Recovery Fund che rivede al ribasso la proposta fatta dallo stesso Parlamento Europeo due settimane fa. E alcuni nodi rimangono da sciogliere intorno alle condizioni. Ma per l’Italia si apre comunque uno spiraglio di speranza per intervenire sulla crisi con risorse significative. Ne parliamo con chi in queste settimane non ha usato parole solo di rito per spiegare quello che stava succedendo in Europa sul Recovery Fund.  

Siamo arrivati al dunque Onorevole Rondinelli. La lunga marcia verso il Recovery Fund è giunta quasi al termine. Oggi in Parlamento Europeo avete affrontato il momento decisivo e vi siete confrontati sulla proposta della Commissione sul merito e il metodo per costruire questa misura di emergenza. Ce ne fa una sintesi con chiarezza perché fuori dai tecnicismi sia evidente a tutti gli italiani?

Dopo attese e rinvii, finalmente è arrivata questa proposta dalla Commissione sul Recovery Fund per consentire il rilancio economico e occupazionale dell’intera UE, con una dotazione complessiva di 750 miliardi ripartiti in 500 miliardi di finanziamenti a fondo perduto e 250 miliardi di prestiti. Dalle indiscrezioni che ci giungono in queste ore, l’Italia dovrebbe essere il primo beneficiario. Questo strumento si aggiungerà ai 1.100 miliardi del bilancio europeo pluriennale  e ai 540 miliardi delle misure già approvate – MES “leggero”, Sure per la disoccupazione e fondi BEI – per un totale di 2.400 miliardi. La proposta è frutto del tentativo di trovare un compromesso tra il gruppetto dei Paesi cosiddetti frugali – Olanda, Svezia, Finlandia e Austria - e tutti gli altri, Italia compresa.  Nel piano sono tra l’altro incluse molte delle richieste del Movimento 5 Stelle e del Governo italiano. Le risorse dovrebbero essere disponibili già dal 2020 e saranno previsti trasferimenti a fondo perduto che fino a poco tempo fa rappresentavano un vero e proprio tabù. È presente l’emissione di titoli di Stato europei a lunga scadenza, ci sono le risorse proprie dell’Unione che non colpiranno le tasche dei cittadini ma i privilegi delle multinazionali e di chi inquina. Si accelera, infine, per una transizione verde e digitale.

Oggi pomeriggio avete anche potuto confrontarvi direttamente con la Presidente della Commissione Europea. Quale è stata la sua posizione e Lei come la valuta?

La Presidente Von der Leyen si è presentata con questo nuovo piano per il futuro dell’Unione che ha battezzato “Next Generation Eu”. Credo che sia la sua scommessa per passare alla Storia.  Restano da chiarire però alcuni passaggi cruciali. Il primo è relativo agli importi complessivi di tutte le misure dal momento che pochi giorni fa come Parlamento europeo avevamo proposto uno stanziamento di circa 2 mila miliardi per far fronte all’emergenza. Potrebbe quindi essere necessario nei mesi che verranno ritoccare al rialzo questo strumento. Un altro aspetto riguarda il metodo che si seguirà per raccogliere questi finanziamenti che serviranno per realizzare il Fondo e da ultimo le modalità di accesso al Fondo stesso e in quali tempi. Quando avremo chiari questi elementi potremo dare un giudizio definitivo, ma visti i progressi fatti mi sento ottimista. Ora la palla passa al Consiglio e lì sarà fondamentale difendere questa impostazione per fronteggiare la crisi.

Nella fase iniziale sembrava che si stesse configurando sul tema dello strumento per finanziare la ripresa economica europea uno scontro tra la Germania e i Paesi del Nord Europa da un lato e quella di Francia e Paesi più mediterranei, tra i quali noi, dall'altro. Nelle ultime settimane abbiamo invece visto il ritorno di una compattezza tra Francia e Germania nel segno di una linea più simile a quella inizialmente sostenuta dall'Italia. Oggi possiamo dire che questa evoluzione ha determinato la vittoria della linea che è passata?

Il nuovo ruolo che Angela Merkel sembra voler giocare - ossia quello di salvatrice dell’Europa e della centralità tedesca nei processi decisionali europei - ha orientato le preferenze tedesche verso gli Stati più popolosi e produttivi, anche se indebitati come il nostro.  Tuttavia, la dinamica che abbiamo vissuto in questi giorni non è in realtà molto diversa da ciò che siamo stati abituati a vedere per tanti anni. Siamo partiti il 15 maggio scorso con una proposta di Recovery Fund del Parlamento europeo molto ambiziosa, si parlava di almeno 2.000 miliardi. La Commissione, pur consapevole di questa proposta votata a larghissima maggioranza, ha suggerito un qualcosa di diverso, l’importante è che nel testo finale scompaiano definitivamente concetti come “prestiti” subordinati a “riforme strutturali” e “riduzione del debito pubblico” da agganciare puntualmente ai bilanci degli Stati più sofferenti. L’unica sensibile differenza rispetto al recente passato, dunque, è rappresentata dalla reattività degli Stati mediterranei – Italia in testa – che si sono dimostrati più veloci e abili nel presentare una proposta e far valere le proprie ragioni in virtù della quale la Commissione è stata obbligata a trovare una formula di compromesso, inserendo anche la parola “trasferimenti” nonostante la fermezza ostentata da falchi e rigoristi. Tutto questo mentre milioni di persone ancora aspettano una risposta chiara ed in tempi brevi. Quindi, incredibile a dirlo, tutto quanto sta avvenendo in questi giorni era largamente prevedibile se non per l’eccezione rappresentata dall’iniziativa italiana che ha creato un fronte nuovo ed alternativo in seno al Consiglio. Altrimenti, sarebbe stato lecito aspettarsi che la Commissione, imbottita com’è di alti funzionari del nord Europa e tedeschi – soprattutto - nei ruoli chiave, non avrebbe avuto grosse difficoltà a riproporre le regole di austerità.

E in questa vittoria quanto possiamo attribuire al ruolo del Presidente Conte e al lavoro di voi parlamentari europei al fianco del Governo in questa direzione contro la posizione dei Paesi del Nord Europa rimasta intransigente?

L'Italia è stata in prima fila nel chiedere il Recovery Fund. Le richieste dell’Italia all’Europa hanno rappresentato lo starter politico per una riflessione su temi che sembravano sopiti da tempo e ha risvegliato un sentire comune europeo. Davanti alla proposta avanzata dai paesi dell’area mediterranea, il blocco del Nord ha vacillato e non è riuscito a contrapporre nessuna proposta alternativa altrettanto valida. Uno strumento del genere era impensabile fino a poche settimane fa eppure la visione del Governo italiano ha contribuito in maniera determinante ad aprire la strada verso questo risultato.  Ora è necessario accelerare nel negoziato per liberare le risorse al più presto come richiesto dalla gravità della crisi che stiamo attraversando. Solo così si potrà avviare una ripresa dell’Unione nel suo insieme, senza che nessuno resti isolato o indietro. Nel corso di queste settimane di trattativa, anche il Parlamento europeo, sicuramente l’istituzione più “europeista” in un’accezione alta del termine, ha fatto una proposta ambiziosa, come del resto avviene sempre, che sarebbe però rimasta sostanzialmente inascoltata senza una breccia in Consiglio. Il Parlamento sicuramente sosterrà questo processo, ma non sarà cosa affatto facile. Le ragioni sono insite nei trattati su cui si fonda l’UE, che a loro volta sono incardinati sul diritto di veto, il cui uso tattico consente ad un quartetto di paesi, che insieme contano appena il 9% della popolazione europea e superano a stento il PIL italiano – di tenere in ostaggio il resto dell’UE.

E a proposito di parlamentari europei Lei può farci con oggettività un quadro di come si sono posizionati i parlamentari dei diversi partiti italiani in Parlamento Europeo rispetto alle scelte definite sul Fondo che dovrebbe dare un contributo decisivo alla salvezza dell'economia italiana?

Fin dai primi giorni in cui l’epidemia si è manifestata in Europa con le sue drammatiche conseguenze, il Movimento 5 Stelle è stato tra i primi a chiedere misure e strumenti realmente solidali per rafforzare l’Unione e superare le difficoltà a cui si stava andando incontro. La sospensione del Patto di Stabilità, arrivata a seguito di una nostra interrogazione parlamentare ampiamente sostenuta, ha rappresentato una prima vittoria del buon senso e un vantaggio per tutti in quello che sarebbe poi stato l’andamento delle settimane successive.

Le altre parti politiche hanno avuto un atteggiamento piuttosto ambiguo dividendosi tra coloro che sostanzialmente tendevano ad accontentarsi di ciò che veniva concesso, come una maggiore flessibilità sui conti, - e altre più nazionaliste si sono aprioristicamente rifiutate di condividere qualsiasi processo potesse portare ad un’Europa più forte, come nel caso del voto sui recovery bond. Ora mi sembra che in tanti si siano allineati sulle nostre posizioni comprendendo la portata storica del problema e delle misure, ma anche sul fronte parlamentare vedremo le reali intenzioni di ciascuno gruppo politico al momento di sostenere concretamente questi strumenti al momento del voto.

Infine Onorevole Rondinelli, Lei non pensa che in un momento così difficile e in cui serve l'aiuto di tutti voi parlamentari europei possiate svolgere nei prossimi mesi e anni un ruolo di stimolo, sintesi e proposta a favore dei territori che rappresentate in Italia per aiutare a costruire progetti e soluzioni concreti per la difesa prima e la ricostruzione poi del lavoro e dell'economia durante e dopo la battaglia contro la pandemia? Ognuno di voi per il suo territorio in squadra con le altre istituzioni e gli altri eletti in Regioni e Comuni e in Parlamento. Dei Recovery Team che partono da voi parlamentari europei come il Recovery Fund nasce in Europa per arrivare sui territori.  

Assolutamente sì. Credo che tutte queste risorse che arriveranno dall’Europa dovranno andare a ricostruire il tessuto produttivo e sociale ai livelli locali per migliorare le condizioni di vita e il benessere dei cittadini e per sostenere l’economia reale e lo sviluppo delle imprese. Per far questo, penso che sia strategico per il nostro Paese creare dialogo, sinergie e uno stretto raccordo tra la politica – a tutti i livelli, le organizzazioni della società civile e i cittadini per costruire insieme una progettualità che favorisca la rinascita del territorio coinvolgendo tutti i settori, con le loro specificità ed eccellenze. Ciò richiederà anni per realizzarsi ma tutti dobbiamo impegnarci sin da subito.